Fatelo bene!
Lord Byron
Il poeta inglese George Gordon Byron aderì all’associazione londinese filoellenica a sostegno della guerra d’indipendenza greca contro l’Impero ottomano.
Lo stesso Byron partecipò attivamente agli scontri armati tra patrioti greci e invasori turchi. La guerra di indipendenza greca rappresenta non solo il moto libertario dei valorosi patrioti ellenici, ma anche e soprattutto la rivalsa della Civiltà dei marmi e dei filosofi rispetto all’oppressore kebabbaro.
Il poeta ribelle si trasformò dunque nel suo stesso eroe byroniano
, morendo in terra straniera combattendo per una Causa
che oggi mi sembra l’unica Causa giusta per cui morire: la supremazia del mondo classico.
Una guerra contro il mondo che è la guerra eterna che il poeta ha il dovere di combattere fino al sangue. Non morì in battaglia – come auspicherebbe chi oggi volesse imitarne le gloriose gesta – ma per le febbri che lo colsero a Missolungi.(dove è letteralmente sepolto il suo cuore, separato dal resto del corpo, tumulato in Inghilterra) Ma il sacrificio byroniano, consumato sul sacro suolo ellenico lo inserisce di diritto nel computo della Bella Morte, alla maniera dei grandi eroi dei poemi omerici. Quella Culla, l’Ellade, dove tutto ebbe inizio, fu per Byron la tomba.
Basato
- Percy Shelley
Sei un poeta, ma non muori dalla voglia di sporcarti le mani in trincea?
Male!
Ma non disperare: abbiamo qualcosa anche per te. Il golfo dei poeti, a Lerici, è così chiamato perché ispirò tanti poeti di tutto il mondo, tra cui il sopra citato Lord Byron. Tra i poeti che poterono ammirare le fragorose onde del Tirreno infrangersi sugli scogli liguri ci fu anche chi, dopo quelle onde, non vide che il buio. Percy Shelley, altro monumentale poeta albionico, affondò a bordo della Ariel in una tempesta proprio nel golfo dei poeti. Un ritorno al mare, all’inattingibilità dei fondali marini, delle profondità più arcane. L’ambizione massima di un poeta.
Come Ungaretti esplorò il suo Porto Sepolto per poi riemergere brandendo il segreto della vita, ignoto al mondo e noto unicamente al poeta, così anche Shelley esplora il nero fondo del mare, cogliendo l'essenza della vita, senza però riemergere mai.
Basato
- Pietro Aretino
Tra i più grandi intellettuali del Rinascimento, Pietro Aretino si guadagnò l’appellativo di Divino, attraverso una innegabile maestria letteraria e, soprattutto, grazie alla sua spregiudicatezza e infinita ferocia.
Se colpiti dalla penna dell’Aretino, si poteva uscire soltanto con le ossa rotte.
Calunniatore, maldicente, penna eccelsa, divina. L’Aretino non fu solo un genio, ma il più grande perculatore del suo tempo.
Mi dicono ch’io sia figlio di cortigiana; ciò non mi torna male; ma tuttavia ho l’anima di un re. Io vivo libero, mi diverto, e perciò posso chiamarmi felice.
Aretino
E, in effetti, l’Aretino figlio di puttana lo era in senso letterale.
Leggenda vuole che l'Aretino, vissuta una vita di offese e sfilettate, di divertimenti e di donne, sia letteralmente morto dalle risate, dopo aver visto una bertuccia infilarsi i suoi stivali e camminarci dentro cadendo in continuazione.
Questa scena risale in realtà alle ottave del poema epico di Luigi Pulci, Morgante, nelle quali viene narrata la morte di Margutte, avvenuta secondo le stesse modalità dell’Aretino, morto 78 anni dopo la pubblicazione del Morgante.
Noi, però, ci sentiamo di prenderci la licenza di credere che tali siano state le dinamiche della morte del Divino Aretino.
Basato
- Federico Barbarossa
Come molti sanno, l’imperatore del Sacro Romano Impero (lo stesso che, ci teniamo a ricordare, rase al suolo Milano: e già questo fa di lui un basato) morì annegato nel fiume Saleph mentre conduceva un imponente esercito in Terra Santa durante la Terza Crociata.
Si racconta che l’acqua del fiume gli arrivasse a malapena ai fianchi. Si racconta che, nello stesso fiume, anche Alessandro Magno avesse rischiato di morire per le temperature gelide.
Ci sentiamo di annoverare anche questa tra le morti basate in quanto il Barbarossa, da buon cristiano, si arrese alla volontà di Dio. E per fortuna la Crociata non terminò col suo decesso.
Quindi…
Basato
- Raffaello Sanzio
Nella mano di Raffaello, non ci sono dubbi, c'è certamente Dio.
Raffaello, considerato dalla gente del suo tempo una vera e propria reincarnazione di Cristo, morì giovanissimo, a soli 37 anni, nella notte del Venerdì Santo. Morì di sesso.
Il maggiore biografo degli artisti, Giorgio Vasari, racconta, infatti, che la morte lo colse dopo quindici giorni di malattia, causata dai suoi eccessi amorosi
.
Morire per Snu Snu. Morire di troppo amore. Si può dire?
Basato