Nella grande metropoli dei bisogni, sempre più nuovi e spesso inventati, coatte tecnologie si erigono a deus ex machina del contemporaneo sogno progressista che avanza.
Nel mentre malinconici cristi si trascinano per le strade trascinanti croci moderne di insicuro-triste-vuoto generazionale. La testa china sullo schermo ipnotico di un universo alternativo altamente oppiaceo. Iper connessi, ogni giorno, lobotomizzati dalla marea infodemica giornaliera.
Catatonizzanti jingle status symbol, FastAdipe andevermore Food Advertising, coadiuvanti integratori motivazionali alla Herbalife, viaggi nelle terre selvagge del solo metaverso, e così via, in un circolo vizioso di anestetiche cure a corto raggio.
L’INCIAMPO NELLA CITTA’ DEL 15
In una società che mira soprattutto all’utile materiale, nasce e cresce un certo desiderio di istantaneità. Tutto è destinato al divenire, muta ma non si dissolve, l’azione e reazione si legano, opposte o affini che siano, tutto confluisce annidandosi nel substrato delle nostre menti brainstormizzate al risparmio energetico.
Si sviluppa un prototipo urbano di intento comunitario, la città del quarto d’ora di Carlos Moreno che da teoria cede il passo quasi da subito alla pratica, tutto l’utile e il dilettevole a non più di quindici minuti da te, easy no?
Però il movimento inizia a scalciare, come un bimbo capriccioso scalpita, nella velocità di un mutamento umano devoluzionario. Verso la più comoda utilità materiale del quick commerce,
i quindici minuti permangono, muta l’intento, ora sono solo alla consegna.
Eh, già!
Neanche ti muovi più, lo fanno altri per te.
Disseminati per la città, anonimi
bianconigli
attendono con dualità emotiva un click per sentirsi già in ritardo, come tutti.
Ri-la-ssa-ti!
Il timer scatta, con il sole, la pioggia a scrosci o la neve, per due euro, in frenetici saltelli di giungla urbana, dallo store fino alla porta di casa tua. Il timer si ferma, quindici minuti, non un secondo di più.
Chiusi nelle briglie della vita online, moltitudine o solitudine?
Considerate questo 4.0. Sembra apparire con le sembianze di un belzebù filocapitalista, allegro-danzante su anime confuse di ignari consumatori Zombie–geek, e pare spingerci a quella desiderosa alienazione, quel sogno di vita rurale. Vestiti di sacchi riciclati, con lume di candele alla cera di soia, a meditare sul nostro ritiro Sturm-und-Dranghiano no wi-fi.
Facciamo voto di pubblica rinuncia battendoci il petto, con smorfie contrite, bandiamo la modernità per paura. Paura, della sua stessa evoluzione. Evoluzione però, che è naturale riflesso della nostra.
Allora frena! Forse c’è un’altra soluzione, meno quacchera e più reattiva. Alla portata di tutti, non molto in voga, esattamente come il Padel un tempo, ma guardalo ora, è ovunque, come un faro, ad indicarci che c’è sempre speranza.
IL TAO DEL WEB
Bisogna comprendere le difficoltà di questa epoca, è per farlo bisogna valutarle sotto un punto di vista organologico.
L’uomo è visto non solo come organismo vivente ma come essere
eso-somatizzante, cioè aumentato della artificialità di cui si serve.
B. Stiegler
In questo grande giogo del libero mercato, anche a noi tocca essere materia utile. Click dopo click, frammentano in una serie di informazioni, sintetiche scansioni individuali di età, sesso, interessi veri o presunti, piccoli RNA messaggeri, richiamati al Grand Archivio come novelli booster di questa data economy.
Viviamo dopati dall’artificio-come indocti offuscati da questa Algocrazia-
in equilibrio precario tra passato e futuro, mancando il presente.
Così sull’onda disorientata di una folla spinta troppo a largo, in preda a deliri abiuranti, Stiegler cavalca ancora in grande stile, offrendo a tutti un caduceo salvagente.
Se non si è iniziato un percorso ascetico, il ritiro dal mondo non è più necessario, ci viene offerta la possibilità di un risveglio cerebro emozionale, il Pharmakon.
L’Antropocene è tarato a 250 anni di distanza, l’era geologica che tiene conto dell’impatto dell’uomo sui processi geologici sembrerebbe -per Stiegler e altri studiosi- partire con l’avvento dell’industrializzazione, dove l’uomo ha iniziato a privarsi del sapere affidandolo alle macchine e strumenti.
Attraverso un ritorno della conoscenza, bistrattato patrimonio di inestimabile valore, ci invita a scoprire l’antico sapere degli speziali, il bilanciamento perfetto tra cura e veleno, il digitale può essere usato esattamente come un farmaco. Sviluppando un altro tipo di approccio, un web deliberativo, slegato da manipolazioni o dipendenze.
Are you lost in the world like me?
Moby docet
È stato tolto quel velo,
sulle esperienze della vita.
Ecce puer,
sii curioso,
stupisciti ancora come un bambino.