un uomo di 71 anni si è avvicinato e gli ha sparato addosso 5 colpi con arma da fuoco .
L’attentatore, stando a quanto dicono le autorità, è Juraj Cintula, classe ’53, ex guardia giurata con la passione per la poesia e cofondatore del circolo letterario Duha ah, ma allora i poeti armati che fanno sul serio esistono ancora! Meno male, perché in Italia siamo abituati ai piagnistei di Antonio Scurati e Alessandro D’Avenia.
Juraj Cintula sembra il classico insospettabile: fedina penale pulita, una normalissima vita, un pensionato slovacco dalla condotta civile, almeno fino a ieri. Politicamente si è sempre definito ‘di sinistra’, contro la violenza e convinto europeista. Questo ciò che è emerso nelle 24 ore di infodemia post attentato, questo è quanto accaduto in Slovacchia.
È interessante osservare come la stampa nostrana abbia riportato la notizia, la stessa stampa che ha già tentato di demolire Robert Fico lo scorso anno quando fu democraticamente eletto.
Al di là delle idee politiche del premier slovacco, ciò che allora fece realmente imbestialire di più la stampa occidentale è la posizione di Fico sulla guerra in Ucraina:
basta sanzioni, basta armi a Kiev, l’Unione Europea utilizzi la diplomazia.
Un bel problema questo per la Duma degli Stati Uniti: oltre a Orban adesso c’è anche la Slovacchia di Fico a fare ostruzionismo agli interessi americani in Europa.
L’attentato a Fico ha messo nuovamente gli ideologi dell’atlantismo e dell’europeismo in una posizione scomoda, una posizione analoga a quella in cui si erano già trovati qualche mese fa dopo il plebiscito in favore di Putin.
Infatti accade che l’«illiberale» Robert Fico, democraticamente eletto (insisto molto su questa formula perché piace troppo ai custodi dell’atlantismo), subisca un attentato da un cittadino di idee europeiste e liberal-progressiste.
Europeismo terrorista contro democrazia «illiberale».
Mediaticamente come si potrebbe gestire una situazione del genere? Con una strategia prevedibile in largo anticipo: romanticizzazione dell’attentatore e demolizione mediatica di Robert Fico. È quella riconfigurazione dei fatti che la propaganda trasforma in realismo atlantista.
Demolizione mediatica di Fico: nell’eventualità…un filorusso in meno.
Nel tardo pomeriggio del 15 maggio, le autorità slovacche sostenevano che Fico si trovava tra la vita e la morte e che le sue condizioni erano estremamente critiche (attualmente pare sia anche cosciente ma dopo una serie di urgenti operazioni).
Nella giornata del 15 maggio l’idea che Fico potesse passare a miglior vita era molto più che un’ipotesi. E mentre Fico si trovava tra la vita e la morte, i megafoni del realismo atlantista hanno attuato una demolizione del personaggio politico, lasciando intendere nel sottotesto (il vero messaggio, l’essenza del messaggio) che, in fondo, Fico se l’è cercata. Come disse il marito della Meloni nella sua trasmissione: se esci in minigonna
«prima o poi il lupo lo trovi».
Il quotidiano di Molinari, Repubblica, già nel primo pomeriggio pubblicava una ‘profilo’ di Fico, firmato Tonia Mastrobuoni, facendo intende che alle brutte avremmo avuto un «filorusso» in meno:
«Lo chiamano ‘Red Bullo’ ed è stato protagonista di uno dei terremoti politici dell’ultimo anno in Europa» e trasformatosi «da progressista a xenofobo, no vax e amico di Putin».
Ma poiché l’articolo era troppo morbido, nell’arco di un paio di ore è stato sostituito da righe più pepate: «Chi è Robert Fico, il premier slovacco accusato di ‘Ndrangheta tra l’amicizia con Putin e la guerra ai giornalisti» e continua «il primo leader rossobruno ad aver agguantato lo scettro da premier in Europa. In sostanza, è il primo ex comunista ad aver (ri)conquistato il potere scippando le bandiere della destra, diventando ferocemente nazionalista, xenofobo, complottista, omofobo e no vax».
Il Corriere della sera non smentisce il suo doppleganger di Repubblica a livello di contenuti, e sulla stessa scia Huffington Post che titola «Da vecchio comunista a nuovo populista filoputiniano: chi è Robert Fico, il premier slovacco ferito a pistolettate» per poi continuare nell’occhiello «Nemico dell’Ucraina […] il premier è sempre stato ostile all’UE e alla Nato» (scusate, ma non era un fervente europeista e progressista prima di passare al nemico?)
Anche Chicco Mentana, dall’alto del suo Tg La7, ci regala un bel ritratto di Robert Fico (condannando comunque l’attentato ad opera dell’«artista» Cintula):
«il più filorusso dei leader europei…contrario ai migranti e contro le comunità Lgbt…» per poi chiudere con «insomma, il classico rossobruno».
Insomma, se sei un «filorusso» nell’Europa democratica (che significa, il più delle volte, essere semplicemente contro l’invio di armi in Ucraina) queste cose te le dovresti aspettare.
Romanticizzazione dell’attentatore
Se Robert Fico, mentre combatteva per restare in vita, veniva stroncato senza pietà dai nostri organi di informazione più liberali, nei confronti del suo attentatore c’è stato un atteggiamento diverso. A regalare gioie, c’è il Corriere della sera (un giornale a caso) che paragona il ‘poeta’ Cintula a un certo Majakovskij:
Girava armato, come Majakovskij: come Majakovskij scriveva poesie e manifesti politici.
E se il cantore russo della rivoluzione d’ottobre si tolse la vita a trentasei anni, il poeta slovacco Juraj Cintula ha dato ieri, settantunenne, una svolta finale alla propria nel segno del sangue, con cinque colpi di pistola contro il premier Robert Fico». Non male.
Segue l’Huffington Post : «Ha sparato perché “non d’accordo con le politiche di questo governo”. La polizia slovacca ha fermato e identificato il presunto attentatore che ieri ha ferito a colpi di pistola il premier Robert Fico: si chiama Juraj Cintula, ha 71 anni ed è uno scrittore e autore di numerose poesie, fondatore del club letterario Duha (che vuol dire “arcobaleno”) e membro dell’associazione ufficiale degli scrittori slovacchi».
Che vuol dire arcobaleno.
Fabio Tonacci su Repubblica: «L’uomo qualunque ha sparato al premier slovacco. Da qualsiasi lato lo si prenda, infatti, il profilo personale del pensionato 71enne Juraj Cintula, ex guardia giurata di professione e poeta per passione, è quello di un cittadino al di sopra di ogni sospetto…». Ottimo materiale per un romanzo.
Nessuna testata, nell’universo del mainstream, ha mai definito Juraj Cintula un terrorista. Molto strano, perché è l’epiteto che generalmente viene utilizzato quando si assiste a un ‘attacco alla democrazia’.
A meno che tu non sia un politico «filorusso», anche se democraticamente eletto, come l’ucraino Viktor Janukovic, buttato giù da un colpo di stato di matrice neonazista spacciato per rivoluzione colorata.
Attenzione: noi di Blast amiamo i poeti pistoleri del novecento, guardiamo con demoniaca curiosità ai Ted Kacynski, romanticizziamo le belle idee per cui si muore e per le quali muoiono o morivano altri.
Quindi non siamo contro la romanticizzazione della violenza o di un attentatore, che si chiami Gaetano Bresci o Juraj Cintula. Da noi non avrete mai del moralismo a buon mercato.
Ciò che troviamo ridicolo e snervante è chi e perché costruisce mediaticamente questa romanticizzazione, ovvero quelle testate che, per molto meno e in pieno stile retorico-liberale, urlano al fascismo e al pericolo putiniano per la democrazia da oltre due anni, se non di più.
Infatti il reale motivo per cui Robert Fico è stato così brutalmente stroncato mentre era in fin di vita non riguarda affatto il suo ‘populismo’, i problemi giudiziari di corruzione, le posizioni ‘no vax’, la contrarietà alla ‘propaganda Lgbtq’ e le sue politiche sull’immigrazione.
Un altro populista, xenofobo, razzista e anti-immigrazione era Aleksej Navalnij (aggiungiamo anche imperialista), ma siccome Navalnijj era un nemico di Putin la nostra stampa gli ha riservato un ritratto straordinariamente positivo, al punto tale da trasformarlo in paladino della libera informazione e difensore della democrazia.
Calenda e alti esponenti del Partito Democratico hanno persino organizzato marce e fiaccolate in suo ricordo. E dunque la differenza che corre tra un alfiere della democrazia e ‘uno di cui non sentiremo la mancanza’ si gioca tutto sul campo della fedeltà all’atlantismo, e nient’altro (Battaglione Azov docet).
Noi lo sappiamo, lo abbiamo imparato, ce lo avete insegnato voi. Motivo per cui non ci caschiamo più nei trucchetti mediatico-propagandistici del realismo atlantista. Ormai siamo studiati, sempre grazie a voi.
Noi ci possiamo permettere di romanticizzare un Cintula-Majakovskij, voi no.