Soggetto
Due trentenni iniziano una tresca.
Trama
Ai piedi di un grande condominio, l’architetto Alessio ammira per la prima volta, affacciarsi da una terrazza, una ragazza dalla bellezza unica di cui si infatua come per nessuna prima di quel momento. L’occasione di una festa farà il ragazzo osservatore ed arriverà a conoscerla. Tra i due nasce un’attrazione magnetica, irresistibile ed inarrestabile. Tra i due nasce una tresca. Una storia.
Arrivato nel parcheggio del centro commerciale e sceso dalla macchina ad Alessio arrivò un’autentica madeleine proustiana, l’annuale ed inconfondibile piacevolezza che dota quel breve momento in cui il tepore del clima ci fa capire sia arrivata la primavera, con l’estate che corre verso di noi come qualcuno a cui siamo mancati. Niente freddo su per il naso e di tutti i sensi, al contrario della madeleine che sfrutta il gusto, è il più bello ad essere soddisfatto.
Il tatto.
Pensateci se non è così, pensate a quando sfiorate, toccate qualcosa con le mani, quando già è bello vedere quella cosa ma ancor di più toccarla.
Esatto, è meglio vedere qualcosa di bello o addirittura toccarlo, lo facciamo tra noi, coi nostri animali e gli oggetti che più amiamo.
La pelle della ragazza dei nostri sogni, la tela di un Caravaggio e le candele magiche a cui affianchiamo la mano perché le scintille ci cadano sopra.
Di tutte le cose il tatto è la pura essenza del senso e in quel momento era il bel viso di Alessio a farne gioiose spese. Infatti si prese cinque secondi per assaporarlo visto mancava un anno al prossimo appuntamento.
Una volta dentro spingeva il carrello per la routinaria spesa del mercoledì, da poco aveva lasciato il lavoro in un ufficio, la società lo aveva preparato al grande passo e si era messo in proprio come architetto, questo significava che il mercoledì non era più quella giornata di mezzo che non dava più il weekend per disperso, ma pronto a tornare, era solo una giornata qualsiasi.
Quando ho detto il bel viso di Alessio non ero ironico, come sempre si accorgeva degli sguardi che lo notavano, le ragazze a uno come lui dedicavano anche un paio di secondi, i quali sono eterni tra due sconosciuti al banco degli affettati vegani. Ora no, nemmeno domani. Troppe cose a cui pensare, tra cui il trasloco, da poco finito ma con qualche scatolone ancora per casa.
C’era una villetta che lo aveva conquistato per la semplicità, l’affitto era buono, ma cosa apprezzava di più era la zona. Un piccolo quartiere in una città di quasi 50 mila abitanti, che si distaccava dal resto per stile architettonico e quiete. Parchi per i bimbi e perfino i condomini non erano brutti, anzi, tra questi spiccava uno dall’interessante forma, almeno per Ale, che in quel momento, di zero libido, vedeva un palazzo assumere forme più piacevoli della ragazza coi leggins neri, pronta per la palestra, che lo squadrava nel corridoio dei detergenti.
Giardini, scivoli, villette a schiera, balconi e fioriere, finestre arabeggianti, dondoli, siepi, ortensie, tende, pergole, cortili, rimesse, dependance, colori e persone cominciavano a vivere e rivivere la stagione bella che impazzava, quella dello smanicato o giacca a vento.
La sera verso le nove e mezza Ale si concedeva un giro nel quartiere perché era camminando nelle sue vie che si gustava davvero la meravigliosa atmosfera di calma che gli regalava.
Le televisioni accese e le finestre aperte, i gatti che passavano da una ringhiera ad un’altra e qualche ragazzino a godersi un po’ di libertà erano sottili reminder d’aver fatto la scelta giusta. Come conclusione, ogni sera, il magico e tiepido momento in cui si trovava di fronte al condominio dal fascino artistico con le balconate a petalo, ma quella sera mentre lo scrutava ormai al buio e riflessi dei lampioni, scorse all’entrata vicino alla lunga lista di citofoni una piastrella in ceramica che ne rivelava il nome:
Condominio Trifoglio.
Ha senso, cavolo…
Pensò tra sé Alessio. Sempre umile e dolce nei modi, era un ragazzo raro dal fisico slanciato e asciutto, allenato ma non troppo e dal viso puro contornato da lineamenti morbidi, la cui pochissima barba contrastava il giusto.
Il weekend passò in fretta e la casa si era arricchita di spazio e pulizia.
C’era qualcosa però che non lasciava in pace Ale, la noia. Alcuni amici avevano impegni, altri erano con le famiglie nuove di zecca e un po’ di solitudine tornava a fargli visita senza il peso del freddo invernale. Cosa lo attirava di più del quartiere non era solo la trasparente e placida atmosfera che regnava, ma una piccola e misteriosa parentesi nel susseguirsi di case, ovvero l’ultimo piano del Condominio Trifoglio.
L’attico per esattezza, il quale possedeva la stessa metratura dei piani inferiori, con il solo e sarcastico particolare che per ognuno di essi ci fossero 6 appartamenti l’uno. Doveva essere grande, immensamente, ma non si osservava che un piccolo scorcio delle pareti vicino alle ringhiere a rendere comunicanti le terrazze, quest’ultime erano così ampie da lasciare la casa isolata al centro dotandolo di una privacy invidiabile.
È inutile, pur essendo del mestiere non poteva comprendere appieno le sue particolarità e ancor di più chi vi abitasse, spesso incrociava con la macchina al mattino o in altre ore entrare e uscire gente, ma poteva essere chiunque il fortunato inquilino.
L’occasione di entrare? Nemmeno chiamando Houston gli avrebbero risolto il problema. Pazienza, certe cose rimangono dense di fascino per il loro mistero, o almeno questo si raccontò Ale; e mentre quella serie di granitiche e monumentali cavolate veniva sciorinata ogni qual volta gli camminasse davanti, durante il principio di un tramonto per una passeggiata anticipata, si mise a scambiare due chiacchiere con Luca, giovane del quartiere che mentre faceva jogging due settimane prima, lo aveva visto con gli scatoloni in macchina e lo aveva subito aiutato nel trasporto dei pacchi, da lì si era sviluppato il classico rapporto di buon vicinato che non guasta mai.
Mentre le due parole erano diventate duemila e i discorsi si apprestavano a diventare come le chance di riavere la Corsica, esaurite, un’ombra si mosse sopra di loro.
Entrambi con la coda dell’occhio si accorsero che chi stava sopra si era appena affacciata da una delle mega terrazze. Alessio alzò il viso e mentre concepiva di poter scoprire l’inquilino dell’attico si fermò come gli sembrò fermarsi il tempo. La madeleine della primavera doveva prendere carta e penna perché stavolta Ale non sentiva nemmeno più l’aria sulla faccia, non sapeva se era notte o giorno e in che mese fosse nato. La mano della ragazza, da appoggiata sul muretto, fece un cenno di saluto e Luca rispose Ciao Marti!
Una ragazza castana dagli occhi scuri grandi come fragole e dalla pelle abbronzata avevano appena dato un cazzotto ad Ale che stentava a tornare in sé.
Non aveva mai visto una ragazza così bella, né immaginata, né sognata.
Sapeva solo che quel timido conquistatore, acceso amante e delicato amico, forse, poteva tornare.
La ragazza osservò il cielo, diede un’occhiata al nostro prossimo corteggiatore e poi si ritirò presto.
Ale guardò in faccia l’amico che già sorrideva perché in quel momento l’incredulità sul volto dell’architetto sembrava avergliela progettata Piano, e disse.
L’hai vista anche tu?
Eh già.. – Rispose consolandolo Luca
Dimmi che succede a tutti.
Proprio a tutti. Gay esclusi.
Eh già.
Voleva fare almeno una ventina di domande Ale, ma il comprensivo vicino stava già procedendo senza bisogno che ce ne fosse.
Vieni, facciamo due passi. – disse Luca quasi come dovesse spiegare a uno come aveva perso tutti i soldi in banca – Si chiama Martina, ha 30 anni.
Aspetta! – lo interruppe Alessio – Dimmi subito s’è off limits – chiese imbarazzandosi da solo per quanto remoto che una di trent’anni vivesse da sola in una casa che su per giù valeva due milioni di euro.
Beh se ti aspetti che una di trent’anni viva in quella casa da sola fai male.
Ok, ma parliamo di famiglia o marito – cercò di salvarsi in corner Ale, domandandosi se Luca avesse doti di telepate.
La risposta la sai già. – Sentenziò Luca.
Sì, la so – lo seguì Ale.
A volte penso faccia apposta a uscire così sulle terrazze, perché non è solo il quartiere, ma tutta la città a essere innamorata di lei.
Chissà perché la cosa non mi stupisce. – ironizzò Ale mentre assaporava il gusto dell’essere l’ultimo arrivato.
La verità è che si sente sola, oppure è annoiata e si gode la vista. Lui è più grande, un architetto che va forte nel suo settore, l’ha progettato lui l’Attico Trifoglio, cioè tutto il palazzo a dire il vero. Una volta abbiamo parlato parecchio di architettura e gli ho chiesto se potevo proporgli dei progetti, anch’io sono architetto.
Sembra che ci siamo dati l’appuntamento. – Disse Ale che in quel momento realizzava di non aver mai parlato della sua professione, né aver chiesto quella di Luca.
Perché anche tu?
Eh già.
Sai l’attico è incredibile! Se ci stai una volta anche cinque minuti diventano scolpiti nella tua memoria. Se c’è anche lei, diventano storia. – disse ridendo Luca.
Infatti la struttura mi interessava, ma tutto a un tratto è passata in secondo piano, se non terzo, forse non ha nemmeno più un piano.
Vacci piano Ale! – esclamò ridendo il vicino – sicuramente è un tipo giù alla buona, ma quella non la puoi avere, ha tutto. Non ha tentazioni ed è incorruttibile.
Farebbe comodo una così in politica, non che avessi progetti di conquista a proposito.
Certo, certo come no! – proferì sibillino Luca.
No, sul serio l’ho capito subito che era inarrivabile. – Tentò il salvabile Ale.
Senti facciamo così, ogni tanto capita, di rado, ma ogni tanto danno delle feste, se riesco ti faccio invitare. Non garantisco.
Sai ogni tanto bacio un uomo per mostrargli tutta la mia gratitudine.
Un grazie basta! – Scoppiò a ridere Luca.
Una volta a casa Ale cominciò a domandarsi che voce avesse, se una che salutava dalla terrazza e si facesse chiamare per diminutivo fosse veramente giù alla buona. Come fosse da vicino e che carattere avesse. Mentre si faceva queste domande passarono due mesi e la primavera diventò estate.
La Festa
Notifiche?
Recitava il messaggio di Luca sullo schermo di Ale.
Beh, sì, ormai eravamo agli scambi di messaggi, caffè, amici degli amici presentati e roba varia.
Mentre Ale scriveva Quali notifi... sentì il suono di un foglio che striscia sotto la porta e gli venne confermato girando la testa di scatto.
Si chiese com’era possibile visto il cancelletto fuori, così invece di fare come nei film che non aprono mai per vedere chi l’ha mandata, andò a vedere e una ragazza corriere, col berretto si girò scusandosi perché aveva trovato socchiuso e ne aveva approfittato.
Trovando un po' invadente la modalità recente di avere il volantino degli sconti del supermercato si diresse nuovamente in casa a raccogliere la busta per nutrire il bidone della carta, non fosse che per l'appunto era una busta e non il solito dépliant informativo su quanto convenisse quella bottiglia di prosecco al costo di produzione di una Sprite.
Colore Avorio, carta ruvida a guscio d'uovo e sigillo in cera gli avevano fatto inizialmente pensare al nome dello zio in America che gli aveva lasciato un patrimonio miliardario pur non sapendo della sua esistenza. Ma che cavolo ... Si disse Alessio tra sé, considerando pochi secondi più tardi che per ereditare soldi si sarebbe accontentato di uno zio a Rapallo.
Una volta aperta, la brutta notizia era che nessuno studio notarile informava il giovane d'aver diritto alla quota di maggioranza della Ford, ma una calligrafia che sembrava vergata a calamaio lo invitava formalmente e con piacere alla festa che si sarebbe tenuta l'indomani nell'Attico Trifoglio.
Wow.. Sarà meglio ripassare il francese e andare a ritirare quella giacca sciancrata in lavanderia o mi prenderanno per il lavavetri che ha fatto lo straordinario.
Lì per lì al ragazzo non venne altro in mente cosa mettere, se andare o trovare una scusa, ed esattamente come si faceva queste piccole domande si fermò immobile dopo quei quattro passi fatti ponendosele non appena gli tornò in mente la cosa più importante. La ragazza.
Oh cavolo ... Non devo chiedermi se ci sarà. E' la proprietaria! Magari ci paga pure il mutuo su quell'attico di lusso. Ale amava l'ironia e l'autoironia che sdrammatizza tutto e sprona ad affrontare meglio le cose, ma per un attimo ebbe davvero la preoccupazione di invaghirsi ed occupare i suoi pensieri con una creatura che per quanto piacevole e agli occhi di tutti di fiabesca bellezza e mistico fascino era sposata.
Col cavolo che me la posso giocare. A che servirebbe? Ma quante volte uso la parola cavolo?
Sei già alla festa, se ci stai andando ci troviamo lì sotto. Domandò fingendo di non essere sparito nel messaggio inviato a Luca, il quale rispose telegrafico Sali.
Una volta sotto si avvertiva un vociare da una delle terrazze e citofonato non gli venne aperto, ma al secondo tentativo sentì aprirsi il cancelletto, mentre percorreva il vialetto già ben ornato di ortensie che sfumavano l'ingresso di blu e rosa, entrato nell'androne prenotò l'ascensore e percorse i 5 piani guardandosi allo specchio giudicandosi come decente per l'aspetto, ma arrivato nell'atrio di modesta dimensione quasi ad accentuare la probabile grandezza della dimora che stava per scoprire ogni sua già traballante certezza svanì nell'assaporare l'imminente incontro con la misteriosa presenza femminile al suo interno, senza la quale sarebbe rimasto davanti la tele, quella sera.
Da quello spazietto bianco da sala d'aspetto e led bianchi Ale se ne voleva andare e la musica chill-out che proveniva da dietro la porta era invitante come un'oasi nel deserto e non appena suonato il campanello la maniglia si abbassò aprendogli la porta e mostrandogli finalmente la casa e la festa.
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