Possessione, Azione E Massificazione
L’occulto più pungente
Voli secchi e tesi
Segnalano il mio ingresso
Nel tuo corpo.
Da dove inizio? Cribbio, non saprei neanche da dove cominciare con questa recensione.
Beh, credo partirò da un evento assai legato a tale gioco. Un evento… Recente, a dire il vero.
Un po’ mi dovrei vergognare a raccontarlo, ma…
Cronofagia
Mangiare.
Il tempo.
Divorare il tempo, masticarlo, masticarlo tra le mandibole come una Goleador, di quelle alla liquirizia, di quelle dell’infanzia, di quando eravamo innocenti bambini, pagate 10 centesimi l’una… Altri tempi.
Infanzia
Questa società te la divora. Come il tempo.
A o B?
B o A?
COME CAZZO
SFRUTTARE
IL POCO
TEMPO A
DISPOSIZIONE?
Qui arrivo al punto clou della storia.
Lo sbrocco
Lo sclero. La pazzia. Il delirium, e non i Delirium (OOOOH, OSANNA! JERUSALEM!). Insomma, ho dato di matto in silenzio, nella mia stanza da letto.
Non so che mi sia preso, ma è stato un gioco… Quel gioco. Quel gioco su citato, legato di brutto alla mia infanzia, eppure…
L’avevo aperto sul MAME, una sera, quella fottuta sera, e dopo cinque minuti avevo mollato.
Perché?!
Perché sentivo di star perdendo tempo che avrei potuto usare in altro, come altre volte con altri videogiochi.
Una sensazione avuta fin troppe volte.
I videogiochi sono una perdita di tempo.
O scrivi, o non sfrutterai bene la tua vita.
Un periodo in cui stavo oltretutto vivendo male quell’interesse, quella passione che era la scrittura. Non avevo idee, eppure volevo scrivere… Senza successo. Cosa fare col poco tempo a disposizione?
Conflitti che infine, ovviamente, dopo troppe volte, mi hanno fatto perdere la testa.
Pianto in silenzio
Mentre fuori piove
Lacrime per un io bambino
Morente
Non so che sia successo, forse qualcosa di metafisico, ma… Quella sera mi sono reso conto di star uccidendo il mio io bambino con certi miei atteggiamenti fiscali, severi, derivati anche da un certo passato… Ideologico.
E alla fine? Mi sono calmato, ho preso il joystick e… Ho giocato.
Non è andata proprio al massimo come giocata, ma mi sono certo sentito meglio, e… Più vivo, più… Me stesso? È stato strano, a dire il vero.
E qui finisce la storia. Questa strana epopea d’infanzia perduta e cronofagia, avvenuta alcuni mesi fa. Non ironicamente è stato anche ciò a farmi iniziare a scrivere saltuarie recensioni e a ritrovare quella passione un po’ perduta che è (specialmente) il retrogaming.
Qualcuno di voi adesso certo penserà che razza di fenotipo possa avere il tipo dietro a tale articolo.
Probabilmente un po’ in carne, barba incolta, occhiali a montatura grossa e mascella abnormalmente slogata, ma chiedetevi (e comunque sbagliereste a pensare a tale fenotipo): Non vorreste avere più tempo per voi stessi, per le vostre passioni e i vostri svaghi? Non vorreste pretendere, aspetta avviso prima, perché qualcuno potrebbe… Offendersi…
Lavorare meno, lavorare tutti?
Non penso ci sia nulla di male ad avere più tempo da dedicare a sé stessi, al proprio io bambino.
Non è bello ucciderlo, credetemi, e questa società mette davvero un grosso peso su tale spirito.
Non serve nemmeno scomodare certe teorie marxiste o xenoleft, basta anche solo citare G.K. Chesterton.
Non era proprio questa, ma dopotutto il lavoro salariato e il tempo dedicato a ciò non erano forse visti come schiavismo anche nel distributismo? Non è quell’ideologia che vede il capitalismo come capitale nelle mani di pochi, quando dovrebbe invece essere nelle mani di tutti? Non serve scomodare teorie bakuniane per parlare di certe cose. Non serve Nick Land.
Ognuno deve avere il proprio campo
Ognuno deve avere
il proprio macchinario
E costruire
Nel piccolo
Non ingranaggi,
ma demiurghi.
Spiriti
liberi.
Spiriti…
Uno spirito, proprio come in Avenging Spirit. Uno spirito digitale, riportato dall’aldilà tramite strani marchingegni occulti. Uno spirito con un solo obiettivo: La salvezza della propria amata e la distruzione dell’organizzazione che l’ha rapita.
Il tempo è limitato e l’energia spirituale anche meno, ma come fare a salvarla? Come può uno spirito, uno spettro, essere etereo incapace d’interagire col piano dei vivi, completare la sua missione?
Qui entra in gioco la meccanica principale di Avenging Spirit: La possessione, presto vista fin dal tutorial.
Con chi vuoi iniziare? Quale nemico vuoi possedere? La tomboy amazzone, o il mitragliere? Il ninja o la maghetta?
Scegli, e da lì cominci. E Avenging Spirit ti catapulta subito nell’azione, senza se e senza ma.
Quando inizio scelgo sempre lei
L’amazzone.
Mi dà quel senso di lotta… Digitale.
Sopravvivere è d’obbligo, muoversi in fretta anche. Corri, salta, uccidi e raggiungi la fine, dove ti attenderà il boss di fine livello, per sei livelli. Un classico dei platform, ben strutturato e funzionale, come lo è questo gioco, ma con la differenza di non essere limitato a un solo personaggio.
Scegliere con saggezza è d’obbligo. Alcuni nemici sono più potenti, ma più goffi, lenti. Altri, più veloci e agili, sono meno forti e meno resistenti. Potenza, agilità o bilanciato? Sta a te decidere, per poi combattere.
Il roster da possedere, in questo senso, è molto variegato e pure bizzarro.
Un’organizzazione segreta che si rispetti ha sempre a disposizione duri mercenari forgiati dalla guerra, forti soldati dall’aspetto ramboide, a loro volta accompagnati da membri dall’aspetto di gangsters anni ’30, armati di pistola o mitragliatore. Membri minori, eppur letali.
Anche i ninja sono d’obbligo, nel violento mondo di Avenging Spirit.
Come insegna ogni buon vecchio film d’azione degli anni ’90, ogni cattivo che si rispetti ha i ninja!
Meno mi spiego questo:
Draghi? Vampiri in mutande? Donne che lanciano palle di neve?
Esoterismo velato, forse? Occultismo, evocazioni, da parte dell’organizzazione, di esseri elementali sotto forma di donnine dai capelli bianchi e di strani maghi con le orecchie da gatto (Mi fa quasi ridere solo a dirlo)? Chissà, forse quei mattacchioni della Jaleco si erano fumati qualcosa di strano mentre leggevano desueti trattati sull’esoterismo, per mettere giù certe idee.
Il rosso rappresenta la casta guerriera
Il bianco i capelli di un essere simile a una matrioska
E il nero? L’operaio… Lo spettro che deve riprendersi il suo destino.
La morte è dietro l’angolo, sia come posseduto che come fantasma. Troppi colpi ti uccideranno, costringendoti a tornare etereo, e una volta fuori consumerai energia spirituale. A zero è automaticamente Continue?, e l’inserimento o no di un nuovo gettone.
Vuoi mollare, o erigerti sopra le cataste di cadaveri? Vuoi essere lo spettro tra le rovine, l’anarca etereo, e salvare ciò che ti è più caro?
In questo senso, Avenging Spirit si attesta su una difficoltà medio-alta. Non troppo mangiasoldi, ma nemmeno così bassa da farti finire Avenging Spirit con un solo gettone.
Una difficoltà un po’ sbilanciata sotto alcuni punti, con nemici… Carni (bastarde) da possedere… Sì, mi piace come termine, non proprio performanti, specialmente contro i boss, e l’impossibilità di “uscire” quando si vuole. Solo al raggiungimento della morte corporea si potrà migrare verso nuovi lidi.
Meccaniche e bilanciamenti fallati, presto sistemati nella versione per Gameboy. Quest’ultima più popolare della controparte arcade.
È certo più efficace uscire quando si vuole per possedere qualcosa di più forte, piuttosto che aspettare di morire e rischiare di trovare solo carne debole. È certo meglio che un nemico come il battitore possa battere anche palle, colpi in distanza, piuttosto che avere solo attacchi corpo a corpo con la mazza.
Si può dire che il baseball è esoterico e legato a robe occulte?
In questi sensi la versione per Gameboy è migliore, ma non parliamo di questa. Concentriamoci sull’arcade.
Un’esperienza di gioco piacevole non può certo mancare di essere bella anche nel comparto audiovisivo, vetusto forse, ma certo apprezzabile.
Per il 1991, il gioco presenta una grafica più vecchia rispetto alla norma del periodo, con ambientazioni e sprites curati, ma non all’ultimo grido, e animazioni un poco scattose. Siamo lontani dalla fluidità e dettagli di Final Fight, per citare un esempio di due anni prima, ma il risultato rimane comunque piacevole all’occhio.
Punti in più vanno sull’audio, dall’ottima resa. Note elettroniche dalle più variegate tinte accompagneranno la nostra avventura con grande capacità, abbellite da pomposi suoni di armi da fuoco ed esplosioni.
Motivi in più, almeno per me, per preferire la versione arcade. Versione che sfortunatamente passò in sordina sul mercato, ma io… Beh, la grafica, la musica, i suoni, tutto!
Mi sono rimasti molto più impressi del cuginetto popolare a tinte verde/nero su console portatile.
Tale atteggiamento
filisteo
potrebbe
anche
essere
un qualcosa
legato
all’infanzia,
sapete?
E come, almeno per me, Metal Slug 4. Stroncato dalla critica, io ho finito per adorarlo una volta giocato in emulazione, perché da piccolo giocavo spesso al cabinato in un posto che frequentavo molto volentieri all’epoca (mi chiedo se il cabinato sia ancora là).
Avenging Spirit.
Credo di aver detto tutto.
Abbiamo davanti un ottimo gioco, certo non perfetto, ma
ingiustamente dimenticato
. Avenging Spirit avrebbe certo meritato molta più fama, e qualche conversione in più.
Un gioco anche struggente, a dire il vero, con una trama che cozza con lo stile grafico molto chibi. Una trama, già tetra di suo, che si sposa bene con i due successivi finali.
Bad ending e good ending, a seconda di certe azioni. Una rarità il finale multiplo per l’epoca.
Due finali dal sapore dolce-amaro, specialmente il secondo. Un finale abbellito da un brano dalle tinte malinconiche e capace di tenerti attaccato allo schermo fino alla fine, dove ti spetterà il momento di segnare il tuo nome nell’highscore.
Highscore
La sera successiva a quel tragico fatto, ripresi il gioco. Mi misi lì, senza pensieri, senza l’idea di perdere tempo, e giocai.
Lo giocai… E lo finii, stavolta per davvero.
Quando ero piccolo beccavo sempre la bad ending, perché mancavano due oggetti su tre, importanti per lo sviluppo del finale vero e proprio.
Questo mi aveva fatto desistere a rigiocarlo per tantissimo tempo, ma quella sera trovai tutto, salvai la ragazza, e con essa saccagnai di colpi l’ultimo boss.
E infine? Il finale vero, quello tanto agognato… E me lo godetti in tutto l’insieme, accasciandomi sulla sedia e lasciandomi andare alle note di quella melodia malinconica.
Ci avevo smenato 11 gettoni.
Da UomoMacchina-6581 è tutto, cari miei proletari dell’occulto delle palle di neve!
Eppure provai un’estasi indescrivibile in quel momento.
L’estasi della vittoria
L’estasi del finale
L’estasi, stavolta non la rabbia,
della congiunzione col mio io bambino