Ho rivisto Avincola una sera tra i deliri di Morgan. Avevo già notato i suoi baffi a Sanremo 2021, look alla Super Mario bros.
Canzone semplice, scontata direi, Goal! si chiamava.
Allora pensai: proprio scontata questa canzone d'amore
.
Io non amo molto le canzoni d’amore, ce ne sono troppe. Mi dico sempre: non ascoltare canzoni d’amore. Allora non approfondii molto, lasciai sfilare il pezzo. Il mondo è semplice, e bisogna prenderlo a piccoli pezzi, per capirci qualche cosa, forse.
Avincola ha questa filosofia, riesce a dire cose profondissime, con quattro pennellate trascritte in musica
, tra visione e suoni. Gli basta un elenco di oggetti per fare musica e creare atmosfere scanzonate e dolci.
La sera di StraMorgan, programma di Raidue condotto dall’istrionico cantante, mi trovai di fronte ad un’esecuzione stupenda di Ecco i Negozi,
tratto dal disco bianco ed occulto di Lucio Battisti La sposa occidentale
.
Rimasi impressionato. Battisti, che di banalità profonde ne sapeva qualcosa, aveva ripreso vita in Avincola, e i testi di Pasquale Panella volavano, erano tornati a sciogliersi in aria come piace a me, a disegnare oggetti di uso comune.
La passione del duo Morgan-Avincola, aveva rigenerato qualcosa di emozionante in me, in quelle sere che passi alla tv, magari mentre stai crollando a dormire.
Ma con Avincola, si sogna bene,
crea un paesaggio en plein air
di musica e parole nella tua testa,
un prato sonoro, e ci apparecchia questo pic-nic naive di oggetti musicali,
che ti liberano e mandano a fanculo tutti i tuoi pensieri.
Avincola è pure amico di Alessandro Gori, lo scrittore comico Sgargabonzi, a cui anni fa riuscii a commissionare un articolo gratis per una rivista online da me diretta. Ma siamo qui per intervistare Avincola, che il 9 giugno esce col suo nuovo album, il cui primo singolo è già in giro, e che si intitola Barrì
. L’autore è Pasquale Panella, poeta e paroliere eccezionale e stralunato. Questa volta il paroliere di Battisti si è messo al servizio di Avincola.
Questa intervista cercherà di essere scontatella:
finalmente un’intervista insulsa e banale.
Ci voleva proprio in questo marasma di profondità.
Si possono ancora fare canzoni impegnate? Nel pezzo Un Rider
hai trattato in maniera spensierata un’ingiustizia palese sul lavoro parlando d’amore. Sei una spia dei padroni?
Ti rispondo girando la domanda: ci si può ancora impegnare a scrivere canzoni? Ecco.
Quando Dylan cominciò a scrivere canzoni d’amore – successivamente a quelle di protesta – venne fortemente criticato. Lui rispose: io scrivo sempre canzoni impegnate. Tutte le volte che parlo d’amore sto protestando
.
Come nasce un tuo pezzo, da cosa viene fuori, da una parola, da un oggetto, da un suono? Insomma, come avviene il tuo processo creativo?
Freak Antoni, Morgan, Pasquale Panella, questo è il livello degli artisti che ti hanno apprezzato e con cui hai collaborato. Chi ti ha dato di più, cosa hai imparato da loro che ritroviamo nella tua musica?
Beh, tutti mi hanno dato moltissimo. Freak Antoni era un caro amico
, un poeta metropolitano sensibilissimo. Marco e Pasquale sono artisti meravigliosi che mi hanno regalato atti di stima che mai avevo avuto il piacere di sfiorare
E Alessandro Gori?
Alessandro è uno scrittore incredibile. Io sono un suo fan a prescindere dall’amicizia che ci lega. Trasformare il suo monologo Letti
in canzone, é stata una profonda emozione. Riesce a fotografare le scene quotidiane in un modo assolutamente personale. Entrambi subiamo il fascino per le cose, gli oggetti che ci circondano. Anche per questo sono rimasto folgorato da quel suo scritto
Barrì è il singolo con Pasquale Panella, è musica in parole senza un senso compiuto, ricorda molto certa poesia futurista. Io lo trovo stupendo, sa di estate, almeno nella melodia, anche se non credo abbia un significato estivo: mi sembrano le istruzioni di montaggio dell’estate. Tu che ne dici? Che interpretazione ne dai?
Poggiare la musica sulle parole di Pasquale è stato un esperimento che ho scelto di fare con estrema delicatezza.
Il senso esatto del testo – ammesso che sia poi importante capirlo – dovresti chiederlo a lui. Io percepisco un desiderio
che si spinge verso uno scambio di ruoli (la dalia che barrisce e il liofante che al posto delle orecchie ha i petali). Ecco, quello che ci accade tutti i giorni. E finisce che certe volte non sappiamo più chi siamo. E mai lo sapremo, comunque.
Tu abiti al Pigneto, a Roma, ma sei cresciuto alla Garbatella. Come è cambiata la città? Sei passato da un quartiere veramente popolare, ai post-hipster del Pigneto… Senti di essere sempre stato un artistoide-musicista? O cerchi sempre di mantenere una fiammella popolare dentro di te e nella tua musica?
Certo, Roma cambia e i quartieri popolari vengono abitati dai radical chic. Ma in fondo non cambia mai. Io amo il fascino della decadenza romana. Il mondo gira, qui invece tutto resta com'è e pian piano sprofonda, senza morire mai.
Dentro di me non so se vivono fiammelle, certe volte non so nemmeno se ci vivo io, quindi...
Il tuo cantautorato è, un cantautorato intelligente, non impegnato, ma intelligente. Pensi che in questa versione pop possa avere un discreto successo? Insomma, il mercato può accogliere Avincola? Anche perché dici di non essere ricco di famiglia…
Al mercato discografico preferisco quello delle piazze. Almeno lì compri per mangiare e non vieni mangiato dopo essere stato comprato.
Se dovessi consigliare il tuo album più riuscito fino ad adesso ? Non vale dire quello in uscita, eh!!!
Lo so, lo so, sembra una banalità ma ti rispondo sinceramente: il mio preferito è davvero quest’ultimo. C’è molta dolcezza, venature tristi, morbidezza, e qualche goccia di surreale. Di cos’altro abbiamo bisogno in fondo?
A livello produttivo mi piacciono molto i tuoi pezzi, hanno un suono pulito e pop che si fonde bene con le parole. È una cosa voluta? Cioè pensi prima le parole e poi la musica? O viceversa?
Sì, è tutto voluto quello che faccio. Mi piace occuparmi anche delle produzioni e degli arrangiamenti. Quest’ultimo album l’ho suonato quasi tutto io. Di solito nasce tutto assieme. Mi piace che musica e parole possano camminare a fianco, scambiarsi energia e dinamica continuamente.
Ti piacerebbe diventare una rock star? Visto che sembri un po’ il cantante della porta accanto, o ormai questa cosa dei VIP sta cominciando a non avere più il senso di una volta, dato che oggi i cantanti più seguiti stanno sui social, proprio come tutti, e che quindi l’idea di essere raggiungibili ha fatto un po’ cadere la vera essenza VIP…
Assolutamente sì. Io impazzisco per Vasco, figurati se non vorrei diventare una rockstar. Spesso vado in giro col mio cappellino solo per essere fermato per strada. E non sono ironico, dico sul serio.
Ci sono colleghi che dicono che la cosa li imbarazza, a me per niente. Anzi! Mi si gonfia l’ego!
Vedo una certa vena comica nel tuo stile, cioè sembri un po’ tra Mario Bros e Charlie Chaplin, o un personaggio di Maurizio Nichetti. Oggi l’immagine è importante per un cantante, è una scelta quella di essere così scanzonato?
Non lo faccio apposta, io sono così. La mattina mi metto la colla addosso e mi butto nell’armadio. Quello che esce fuori lo indosso. I baffi ce li avevo prima di Mannarino, giuro.
Come ti sei trovato a Sanremo? Per te è stato utile partecipare?
Fammi una domanda tu adesso.
Sei cosciente di aver intervistato uno dei più grandi cantautori contemporanei?