Comode per chi fa lavoro d’ufficio, per chi passa 8 (e più) ore davanti a un PC a fare bilanci, usare Excel, Word, Powerpoint e masterare il pacchetto Office. Ma a noi, che cazzo ce ne frega? Noi che memiamo, che masteriamo il pacchetto Adobe, le newsletter ci fanno una pippa, anzi, sono l’ennesimo spreco di spazio sui già risicati 15 GB che Google ci mette a disposizione sul Drive.
Chi vi scrive questi GB li ha già finiti, e ogni settimana riesce ad andare avanti solo grazie ad una pronta pulizia della sua casella di posta elettronica, per togliere la merda accumulata con lo spam settimanale.
Esattamente: SPAM.
Questa è l’essenza delle newsletter. Spam legalizzato dallo Stato, agghindato bene, con fiocchetti e lucine, ma la merda rimane tale anche quando è d’artista.
Il proliferare delle newsletter ha una causa molto precisa: l’invecchiamento della popolazione. Sì, tutti quei ragazzi che nel 2008 si sono iscritti a Facebook (i primi in Italia! 👏 Bravi 👏) e all’epoca erano liceali ora sono tutti trentenni o sulla soglia.
E infatti lavorano, la maggior parte in smart working o dietro una scrivania col computer, a batter tasti per far comparire lettere magiche sullo schermetto, bella questa rivoluzione tecnologica vero? Fatto sta che, visto il ritmo della vita e il venir sempre meno le forze per seguire un ideale, un sogno, o anche solo per esplorare nuovi territori internettiani mettiamoci al seguito di una masnada brancaleonica, non ci sono più.
E allora, ecco che ti arriva a casa il pacchetto (la newsletter), che comprime tutte le informazioni che hai bisogno. Letteralmente l’omogeneizzato con cui la mamma imbocca il bambino, o meglio, il cibo che viene dato attraverso un tubo (la fibra ottica), al nonno in ospedale perché non riesce più a mangiare. E va bene così.
Che questo sia il target di popolazione più rumoroso su internet Italia è chiaro, e questo è ciò che ha fatto andare le newsletter di moda. Perché tanto gli zòstili che stanno solo su instagram figurati se sanno cos’è un’email, mentre le ragazze indie i cui idoli, che alla fine sono quelle che anticipano, seguono e rovinano le mode, i cui idoli vicini alla terza età del web inaugurano questo nuovo modo tutte a fiondarsi a iscriversi per sembrare più chic, perché omg baby sto leggendo un muro di testo, con qualche colore, che è trendy e mi aggiorna su politica/spettacolo/tv/cazzate varie
.
E vabbè, per questo faccio lo screen e lo metto su insta (come sono intellettuale 🤓)
Per i poracci che invece se le leggono da telefono (forse la maggior parte, me incluso) che sono iscritti
- per poserare
- perché gli amichetti l’hanno fatta e se non mi iscrivono è brutto.
Si troveranno un papiro enorme, scritto piccolo, un wall of text che manco i meme di sinistra, pieno di retorica, per dire uno o due concetti (e sto esagerando!).
Sicuramente esiste un girone dell’inferno in cui sei costretto a leggere tutte le newsletter dall’inizio alla fine. Sì, ovviamente nessuno legge mai tutta tutta la newsletter, sono delle palle mortali, come cazzo si fa a stare incollati al cellulare a leggere un testo del genere?
Mannaja a voi.
Che poi uno arriva alla fine e si trova il loghetto sponsorizzato della scimmietta di Mailchimp o qualche altro scimpanzè che sorride beffardo, perché regge il sistema che ti ruba minuti preziosi di vita.
Di newsletter ce ne sono vari tipi, iniziamo da quello più generale.
La newsletter obbligatoria del dipartimento universitario. Quella che ti avvisa dell’uscita dell’ultimo numero della rivista scientifica specializzata
che tanto nessuno leggerà o delle conferenze alle quali nessuno andrà, che vogliono essere spammate tramite questo mezzo pervasivo e intrusivo, riuscendo solo a generare più astio nei confronti dell’istituzione.
Se già fai cose sfigate, le spammi tramite EMAIL, un mezzo che dire obsoleto è dire poco, ripeto EMAIL a tuoi studenti che sono obbligati perché c’è l’email universitaria, sei veramente crudele. Io quelle le ho lette due volte, poi ho iniziato a eliminarle senza manco aprirle. Se quando giro nei corridoi vedo il manifesto stampato della conferenza bene, altrimenti non era destino che partecipassi.
Ci sono cose che è meglio non sapere, cose che non saprò mai e cose che non desidero sapere. Le newsletter universitarie riescono a intercettare tutte e tre.
ELIMINA OGNI EMAIL ISTITUZIONALE DELLA TUA UNIVERSITA’
DISTRUGGI L’INFODEMIA DALL’INTERNO
E ora, direi che è il momento di lasciare da parte l’universale ed entrare nel particolare. Nell’italiosfera ci sono centinaia di newsletter, a molte delle quali sono iscritti per essere cool. Quelle che vanno dai racconti, a quelle di recap settimanali commentati (sì, signor Bengala, grazie per averci citato ti vogliamo bene), fino a quelle informative (dei vari giornaloni che, appunto, tanto non si legge nessuno) a quelle goliardiche.
Ora, sono costretto a correggermi. Non tutte sono spam. Quasi tutte lo sono. Quelle non spam, le uniche che si salvano, sono le newsletter a pagamento. Sì, è così. La newsletter è l’equivalente del volantino che il negrosso ti mette nella busta delle lettere, spesso senza il tuo consenso, o del catalogo Ikea che ti appioppano quando passi al negozio (con un bel pop-up odioso sul sito)
Invece le newsletter a pagamento sono delle agende moleskine, che ti ricordano tutto, con contenuti più di valore e pensati. Sì, mi riferisco a gli amici di Rivista Contrasti e Rapteratura.
Perché pagare per ricevere spam? Perché a noi la qualità ha rotto il cazzo. Se devo supportare le riviste o i progetti che mi piacciono, sicuro non mi iscrivo alla newsletter, ma lo faccio come forma di donazione similabbondamento
Ma quelli che mi piacciono, non sono degli scemi, sono seri. E per ringraziarmi del supporto mi offrono dei contenuti esclusivi, che arrivano tramite email, però ci sono anche altri benefit, e sicuramente ho una newsletter molto curata, con contenuti veramente esclusivi e che mi ricorda che anche coloro che stimo pensano a me.
Grazie brosky per le vostre perle rare, non ironicamente servono.
Anche perché, anziché la reclam del supermercato, nella mia cassetta delle lettere vorrei il catalogo di una mostra e, pure se l’ambito non è quello, l’idea della newsletter rimane tale. Se riesce o meno agli abbonati l’ardua sentenza.
Ma ora analizziamo per bene due newsletter: PREFERIREI DI NO e TEMPOLINEA.
Due casi emblematici che ricevo (e non leggo) ogni settimana, che mostrano chiaramente perché non abbonarsi.
Sì, giochiamo in casa. La newsletter della casa editrice Gog che esce ogni settimana il lunedì (o il giovedì, visto che sanno che è puro poseraggio sta newsletter e sono abbastanza onesti da ammettere che non gli va di fare un cazzo)
Abbiamo scelto questa perché ci sembrava il bersaglio più degno, vi diciamo la verità, smontare il Dispaccio di Dissipatio è sparare sulla croce rossa e invece il Panottico di Pangea (che da un paio di settimane, come se non bastasse, contiene pure una pdf con una rivista con l’INEDITO PAN per appesantire) tanto se la leggono solo i professori di lettere delle varie accademie, quindi fregacazzi.
Vediamo come si presenta: (screenshot rigorosamente dal telefono, non l’ho mai letta sul PC)
Mi rendo conto scrivendo questo articolo che siamo arrivati al numero 20, duri a morire. Sinceramente io l’ho letta solo le prime tre volte, poi mi sono scocciato.
Ecco qua, con il logo colorato di un colore diverso (tanti grazie agli esanumerici ci saranno infiniti colori) dove si dice che essendo usciti dall’editoria ci si può informare con questa. Fair. Ma già l’invita un amico etc.
Vi prego. Già è uno sforzo immenso per me leggere questa cosa, devo fracassare le scatole ad un mio amico ignaro? Piuttosto invitate a fare uno scherzo, una burla, ad un amico (o un nemico), che mentre sta tranquillamente su Whatsapp gli arriva un’email – sarà forse un phising? Penserà – e invece è pure peggio, perché è stato iscritto a sorpresa ad una newsletter.
Ed ecco quindi subito l’inizio del grande viaggio. Della lettura di questa shit. Il tema della nuovalettera scritto grosso, come piace a noi e c’è addirittura un indice per quanto è lunga, mica voglio ricevere un libro in HTML ogni settimana, ci vuole veramente tutto quel testo per aggiornarci sulle vostre attività? Ci conosciamo, siete degli amabili cazzoni, va bene anche sta memata.
Dopo 100000 caratteri una foto (brutta) e il ricordo di rompere le scatole ai nostri amici. NO! NON LA VOGLIO CONDIVEDERE, sono geloso del mio sapere
(gli estratti dei libri suddetti non ve li ho messi altrimenti vi appallavo)
La poesia a buffo idem, non siamo su Pangea, non la nomino neppure.
BASTA NEWSLETTER!
E poi la frase di Davila. Questa ci piace. Unico problema è: ma perché così lunga? Solitamente è breve, ce ne sono a bizze di aforismi brevi e taglienti. Datevi un massimo di caratteri, che è sto muro, dopo già un’email lunga come tutti i rotoli del Mar Morto messi assieme. Vabbè, siete giustificati dalla basatezza.
Il finale in inglese? Ziopera… sono sicuro che potete scriverlo in latino o altra lingua più comprensibile.
Ora immaginate questa roba ogni settimana. Risultato? PREFERIREI DI NON LEGGERLA.
Vediamo ora la newsletter di Iconografie XXI. Prima di procedere all’analisi un saluto ad Alessandro Colombini di Nuoto Newsletter, visto che siete amici. Non ho mai letto la tua newsletter, ma ho vari amici a cui piace molto, poi le chicche storiche del Novecento ci piacciono sempre, ma attento che prima o poi finiscono… Buono lavoro e l’elemosina/donazione la facciamo di persona 😊
Vabbè, un’altra cosa lodevole è la totale randomicità della scadenza. Sembra settimanale, ma a volte cambia, non si capisce niente, tutto va bene.
Vediamo anche qui come si presenta:
Almeno qua non c’è il tasto spam per burlarci dei nostri amici. Ma c’è un tasto ancora più inutile: clicca qui per vedere la mail nel browser.
Ora, oltre al fatto che in italiano corretto è email, sorvoliamo la convenzione linguistica, già ho fatto un favore ad iscrivermi mo’ la devo pure vedere nel browser? So che c’è un sito dove raccogli la roba, ma che cazzo mi sono iscritto a fare se no alla newsletter? Questa è l’autoconfutazione. Ah no ti porta solo a visualizzare l’email dal browser, un’altra risata beffarda per Mailchimp.
Poi c’è papa Francesco col Moncler, basato. Questo ci piace, la vera tempolinea corretta.
(sappiamo che è fake, come voi che con una newsletter azzerate la vostra street credibility)
E poi iniziano subito a mentire 50% riflessione teorica e 50% commento sul presente. [Procederà uno schizorant lungo dove non si capiscono i confini delle due cose e risulterà la morte celebrare del lettore]
Poi abbiamo la presentazione del tema. Il titolo (ok), il nome dello scrittore/giornalista (ok) e il giorno (ok)
E poi il riassuntino che spiega. Ecco, solitamente leggo fino a qua, perché, si capisce subito che si tratterà di cazzate strampalate e seghe mentali il 50% delle volte, l’altro 50% saranno estratti o traduzioni o interviste inedite che ci guadagnavano a rimanere tali. Per esempio: leggiamo negli ultimi anni ogni discorso politica sia diventato un discorso di simboli – allora, questo discorso forse l’avevamo già fatto. Always has been, dall’antica grecia la politica è tutta simbolica, speriamo che con un titolo così ci sia qualche chicca nerd sui cosplay.
papa Francesco col Moncler
L’articolo lungo, anche qua, ve lo risparmiamo. Segnaliamo a metà una bella iconografia (non sempre c’è, avete il 50% di possibilità)
E poi la tesi è espressa bene nell’ultimo paragrafo, nel finale insomma, E come sembra si capisce poco o niente. O è una tesi maoista. Ai vostri ordini generale Maoia Salvia. Tu lo leggi e ti compare un grande punto interrogativo in testa E quindi?
Vai su telegram a NON discutere (perché è la classica ecochamber del canale), supporta con pecunia e, alla fine, mentre Gog era in inglese Undermedia lo ha in italiano tranne una frase, così, per essere un po’ sboroni. Anche questa potrebbe essere una chicca iconografica.
Insomma, direi che è arrivata il momento di prendersi una pausa tutti. Tanto gli zombie che leggono ‘ste newsletter tanto le AI che le scrivono. Perché, alla fine, serve veramente una nuova lettera?
Assolutamente no. Per questo Blast, come controproposta, vi dice: torniamo alle vecchie missive!