Videocassette, pastasciutta, Corvaglia e Canalis: l’infanzia perfetta. Guardando i canali in questione, mi sono sentito trasportato in un mondo alternativo, lovecraftiano, dove una strana comunità di uomini ibridati alla plastica venera il Moplen, trasfigurato in un Dagon di Poliuretano
. Qualche giorno fa, ho riacceso la TV sui canali del defunto Cavaliere e ho percepito un tono funereo, accademico, e ho osservato programmi pieni di comunisti o presunti tali. Tra me e me, ho pensato che se Mediaset diventa come la BBC, è tutto finito, perché come canta Fabyo Pezzi in “Secondo Polso”: “Osservo la tv che viene uccisa da YouTube / Mi ricordo il 2004 ma soltanto la tv” .
Non c’è più speranza per nulla e non mi resta che fare come Mishima o Majakovskij.
Pietrangelo Buttafuoco nella sua ultima opera, “Beato Lui. Panegirico dell’arcitaliano Silvio Berlusconi”, ha testimoniato come l’ex premier è stato pura fantasia al potere, ben oltre il ’68. Il Presidente ha incarnato l’immaginazione, in netto contrasto con il grigiore che la sinistra nostrana, incapace di sognare, ha assunto dopo il Craxismo, con le discoteche di De Michelis e le piramidi di Panseca, un’epoca che purtroppo Renzi, strana sintesi tra Bettino e Silvio, non è riuscito a eguagliare. Oltretutto, Il Cav. ha minato la sicurezza della presunta superiorità intellettuale dei suoi rivali politici, anche attraverso progetti editoriali e culturali, come nel caso dell’acquisizione di Mondadori, o più semplicemente ingaggiandoli, soprattutto se commie marxisti e quindi figli del materialismo
.
Berlusconi è riuscito a costruire da zero un liberalismo artefatto nel quale ognuno avrebbe potuto arricchirsi, senza eccessive preoccupazioni o sconvolgimenti sociali. Per constatare questo sostegno trasversale, basta osservare le foto della folla presente alle sue esequie. C’è stato letteralmente chiunque fra il pubblico del “funerale vaporwave”
, ben descritto in un altro articolo di Blast:
Dopo aver scritto queste cose, Berlusconi mi ha passato dal Paradiso gli occhiali da sole del film “Essi Vivono”, solo che al posto di spottare alieni reaganiani capitalisti, mi fanno vedere post-comunisti ovunque
. I ROSSI SONO DAPPERTUTTO! SI TROVANO NELLE UNIVERSITÀ, AL LAVORO, DENTRO A BLAST; ANCHE LA MIA RAGAZZA LO È, MA PROVA A NASCONDERLO! SI STANNO IMPOSSESSANDO ANCHE DI ME!
FERMI TUTTI! VITTORIO SGARBI MI STAVA CONTROLLANDO CON I SUOI POTERI TELECINETICI. Cos’è successo? Berlusconi? Mhmm… La prima cosa che mi viene in mente, stranamente, è un film.
Si intitola “Belluscone. Una storia siciliana”, uscito nelle sale nel 2014 e diretto da Franco Maresco.
Va bene, ma chi è costui? Maresco nasce a Palermo nel 1958, si forma politicamente nella sinistra contestatrice del P.C.I., ma pensa lo stesso che l’uomo sia una merda. Gestisce una videoteca, sempre nella città di Santa Rosalia, nella quale guarda e noleggia VHS, passando dal sacro al profano, per esempio da classici o capolavori, come “Boudu salvato dalle acque” di Jean Renoir, ai film porno, come “Sandy l’insaziabile”, dove Rocco Siffredi scopa Sandy Balestra mentre lei ha la testa nel cesso e lui tira lo sciacquone. Successivamente, Maresco diventa regista iniziando a realizzare cortometraggi con il sodale Daniele Ciprì. Il loro approccio si è distinto come la più genuina e convincente forma di resistenza al panorama televisivo berlusconiano. Con una fotografia “sporcata” di bianco e nero, hanno deliberatamente omesso donne e bambini, simboli di futuro e ottimismo, per focalizzarsi esclusivamente su figure maschili rigorosamente palermitane, esteticamente respingenti, a volte accompagnate anche da animali.
Il radicalismo dei primi lavori del duo si è attenuato già all’inizio degli anni Duemila, come dimostra il film “Il ritorno di Cagliostro” del 2003, fino alla loro separazione artistica nel 2008.
Ma torniamo al film “Belluscone”. Perché dovreste guardarlo? La risposta sta nel fatto che questo film non si allinea agli altri su/contro l’ex premier, che sono permeati dalla narrazione dei girotondi o da quella giustizialista; tuttavia, evita di adottare la bieca retorica forzista o del garantista, proponendo invece una prospettiva completamente diversa
.
La pellicola descrive il regista stesso che, deciso a realizzare un documentario su Berlusconi e il suo legame con la Sicilia, abbandona il progetto dopo aver visionato il materiale delle prime riprese e scompare. Franco Maresco non sa più non solo come continuare il film, ma non sa proprio più chi è. Decide quindi di ripartire dai quartieri popolari di Palermo, in particolare il Brancaccio, per soffermarsi sulla figura di Ciccio Mira, impresario nel campo dello spettacolo, simpatizzante della mafia “di una volta”, quella che ormai non c’è più, ma, soprattutto, elettore berlusconiano. L’obiettivo è inquadrare il sottobosco dei cantanti neomelodici cittadini e delle emittenti locali, per capire davvero il legame tra il Berlusca e l’isola più grande d’Italia. La cinepresa del regista siciliano scolpisce un’umanità localizzata nelle periferie della periferia, autentica e non distorta somaticamente e corporalmente dalla mondializzazione, lontanissima esteticamente dal berlusconismo televisivo al quale però ambisce vigorosamente. Del resto, in molti casi, le emittenti nazionali, e soprattutto quelle private, hanno puntato sulla “mostrificazione” strapaesana, prevalentemente comica o moralistica, contraria all’etica egualitaria di Maresco. Si viene a creare così un bizzarro e vorticoso eterno ritorno composto da situazioni surreali e tragicomiche, mescolate a eventi drammatici
.
Nonostante l’interesse registico per Mira, il progetto non si concretizza e “Belluscone” rimane, paradossalmente, un film incompiuto. Questo forse accade perché
, come asserisce il critico Tatti Sanguineti nel film, Maresco ripone eccessiva fiducia nei sottoproletari, dimenticando che il marxismo insegna a essere diffidenti nei loro confronti.
Non voglio spoilerare troppo, perché il documentario è pieno di chicche, come le molte conversazioni tra il regista e il protagonista, i quali discutono anche del successo di Forza Italia nel Brancaccio:
F.M.: Volevo dirle una cosa: lei sa che in questo quartiere Berlusconi è molto amato?
C. M.: Belluscone, vedi che in questo quartiere ha preso… insomma, dei voti… delle cose, insomma… Si può dire che so… che insomma che è salito per questo quartiere.
F. M.: Ma lei come se lo spiega?
C. M.: Me lo spiego. Capirai, un amico vale l’altro, eh…
F.M.: Sempre gli amici?
C. M.: Eh, Sempre gli amici, non è che eh…
F. M.: Gli amici?
C. M.: Si vogliono bene, perciò capirai. Noi vogliamo bene a loro, loro vogliono bene a noi. Ci accontentiamo da una parte e dall’altra. Tutto qua”.
Ma anche l’intervista tragicomica a Marcello Dell’Utri, grande amico siciliano di Berlusconi, che risponde alle domande mentre è seduto su un trono, in una parodia sul sensazionalismo del giornalismo televisivo.
Oppure la canzone “Vorrei conoscere Berlusconi”, composta da Erik, al tempo promessa musicale siciliana e prodotta con la supervisione di Ciccio Mira.
Recentemente, Ciccio Mira è diventato virale su TikTok – così come Enzo Castagna, altro noto protagonista di alcuni film di Ciprì e Maresco – attraverso brevi clip in cui, intervistato nel film, condivide i suoi pensieri sulla mafia. Esiste anche un sequel di “Belluscone”, intitolato “La mafia non è più quella di una volta”, in cui il personaggio principale tenta di redimersi organizzando un concerto in memoria di Falcone e Borsellino. Il suo pentimento è sincero? Guardate entrambi i film e giudicate voi stessi.
Ebbene, siamo giunti alla fine di quest’articolo e manco so più chi sono, proprio come Maresco.
FORSE SONO BIPOLARE, COME KANYE WEST, PER METÀ BERLUSCONIANO E PER METÀ “MARESCHIANO”. COME DICEVA QUALCUNO CHE NON RICORDO, FORSE ERA UN’ALLUCINAZIONE: “VORREI VIVERE IN UN BUNKER ALBANESE DELL’ERA DI ENVER HOXHA, NEL QUALE NON PRENDEREBBE INTERNET COME NESSUN’ALTRA LINEA. ADDIO.