
Sarà capitato un po’ a tutti, nel trasporto galleggiante del flusso di questa epoca storica, interrogarsi sul futuro.
Nel vissuto di questa pandemia sembrano essere cambiate molte cose, la situazione di ognuno ha subito un ribaltamento repentino, fuori dalla portata del nostro controllo, la libertà si è investita con panni sacri.
Tutto ha subito uno shock così forte da lasciarsi brandire docilmente e riscrivere senza accorgersene, una pagina bianca dimentica del prima, solo presente.
Anche noi.
Costretti nei confini delle nostre case, assoggettati a costrette veglie vegetativo-claustrofobiche, ci siamo questionati, messi in dubbio, abbiamo scavato fino al motore centrale del nostro Es.
Conoscendo, in questo viaggio limbico la meccanica caduca, fugace e mortale del nostro mondo fluttuante.
Un po’ come ci ha raccontato Orwell, di quel trastullo abitudinario di un’epoca d’oro allo sconvolgimento radicale del proprio mondo che si credeva permanente, ma attraverso le sue osservazioni, ci sta offrendo un viatico per affrontare questo contemporaneo viaggio metamorfico.
Tutto quello che ti serve è sapere cosa succederà
L’idea di un futuro già scritto non suona per nulla intrigante. È l’ignoto che ci spaventa e affascina allo stesso tempo, che stuzzica maliziosamente la nostra curiosità, che ci tenta con il desiderio di conoscenza.
Nel campo gravitazionale di questa attrazione, valutiamo fin dove spingersi, dopotutto sappiamo che in questo gioco seducente, il margine su cui sostiamo di più intrattenendoci piacevolmente con la fantasia, rimane il mistero
Gli interrogativi, nel mentre, montano come panna dal seno della Biennale che con il suo “Il Latte dei sogni” offre la base per la farcitura perfetta.
Il titolo di un libro di favole dell’artista Leonora Carrington, dove un mondo immaginifico la vita può diventare altro al di fuori di sé, strizza l’occhio a un match perfetto per questa esposizione
che vuole scrutare con occhio d’artista, cosa si sta muovendo in noi e si offre come portale verso universi possibili, tra giochi di ibridazione umano-animale-vegetale e tecnologico.
Fantasia, arte e realtà ci prendono per mano accompagnandoci, come in un racconto di Dickens ma privo dei soliti moralismi, tra scenari più vari, in un viaggio rivelazione sul postumano.
«Come sta cambiando la definizione di umano? Quali sono le differenze che separano il vegetale, l’animale, l’umano e il non-umano? Quali sono le responsabilità nei confronti dei nostri simili, delle altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza noi?
Il trampolino di lancio
Dalle riunioni in remoto, sotto la lente di questa indagine, uomo- tutto, si è agitato un interrogativo comune. Nella ricerca degli artisti, che si sono trovati confinati, lontani dal mondo, in un confronto solo con loro stessi, l’immaginario di una condizione postumana .
Un’indagine materiale, che scardina la figura dell’uomo per come si conosce, che abbandona l’egotismo, la visione di sé stesso come misura del tutto, indaga il suo rapporto con le cose , del suo impatto nella relazione e interazione con gli altri mondi: vegetale, animale e tecnologico.
Un viaggio nell’introspezione più pura dell’artista che attraverso il file rouge di una connessione ormai affievolita e anche nostra. Spogliati dei nostri abiti aristocratici, trasmigriamo nudi in ambienti surreali di corpi trasformati.
Possibili scenari di mondi nel quale l’uomo crea alleanze e si mescola con altre specie, generando esseri disobbedienti alle forme convenzionali, metamorfici e plurimi. Esattamente come nelle favole della Carrington.
«Se gli eventi degli ultimi mesi hanno dato forma a un mondo lacerato e diviso, la mostra Il latte dei sogni prova a immaginare altre forme di coesistenza e trasformazione. Per questo, a dispetto del clima in cui è nata, Il latte dei sogni aspira a essere una mostra ottimista, che celebra l’arte e la sua capacità di creare cosmologie alternative e nuove condizioni di esistenza.»
Una Biennale che sperimenta, tra empirismo e astrazione, che vuole portare l’osservatore ad esplorare l’arcano del proprio mondo offrendoci universi alternativi utopici? distopici?
Un confine che una volta superato varrà come il punto di partenza di una conoscenza immersiva di noi, un punto di connessione al tutto, dove la struttura classica delle convenzioni non esiste e il mondo è un blocco di argilla di infinite forme possibili