Si dice che la terra soffra.
Io quando ho sofferto,
ho sempre sofferto con gioia,
si soffre sempre con gioia.
Sono stato male invece quando ho peccato.
Sono stato male quando non sono stato.
Se devo immaginarla la terra,
vedo una grande nube nera
dove numeri bianchi appaiono e scompaiono come lampi.
Il mondo è un macabro conto alla rovescia.
I laghi e i fiumi spariranno
Il mare sarà presto avvelenato.
Il sole verrà oscurato.
La violenza straripa e sommerge ogni rapporto.
Siamo nati in mezzo a tutto questo.
Siamo nella zona dell’odio.
L’uomo non aiuta l’uomo.
Sento in me un’enorme diffidenza.
Il mondo è un luogo spaventoso.
Odo una grande sete,
vedo voci levarsi dalle profondità,
ma inascoltate.
All’appello bisognerebbe rispondere presente
e con coraggio inoltrarsi a rischio della vita.
Il mio regno, il mio regno per una catastrofe.
Il guardiano della soglia non invita ad entrare,
al contrario dissuade e spaventa.
Vorrei sentire più spesso il rimbombo dei cuori, che mi appaiono invece solo di rado,
di nascosto,
in momenti inaspettati.
Se il cuore si annerisce
è perché troppe sono le colpe e troppi i peccati.
Abbiamo colto la mela, dominato la terra,
ma la felicità non è venuta.
In verità vi dico
che sulla terra non siamo mai stati in pace.
Il cuore della terra si sta annerendo.
Noi
orfani errabondi
giunti sul promontorio dei secoli,
ci domandiamo se davvero nostro
sia l’infausto privilegio della fine.
Manie di protagonismo o protagonisti nostro malgrado?
Bisognerebbe pregare, giungere le mani e mettersi in ginocchio
e domandare
quale appello giunge a noi oggi?
Quale soglia ci si staglia davanti?
Che farò senza Euridice?
Dove andrò senza il mio bene?
Che farò?
Dove andrò?