Richard nasce nella patria di Ozzy Osbourne, con il quale condivide un’identità oscura e mai del tutto rivelata.
Se conosciamo luogo e data di nascita dell’artista, permane un alone di mistero sulla sua nazionalità e su come Benson sia giunto in Italia. Si sprecano i parallelismi con il padrino dell’heavy metal – dagli oggetti lanciati sul palco alla convinzione di esser più volte morti – di cui simbolicamente Benson potrebbe essere il corrispettivo romano in quanto seppe spaventare e far calare il mistero sulla propria figura.
Di sicuro Richard Benson seppe costruirsi un personaggio e avere fiuto per gli affari. Inizialmente un valido critico musicale, con l’ascesa di Internet capì di doversi reinventare e divenne una vera e propria icona della televisione, con la propria inimitabile verve e la sua volgarità. Incarnando l’essenza del metallaro – ruolo interpretato dal Nostro in un programma di Renzo Arbore:
Ad oggi una parabola come quella del chitarrista romano sarebbe impensabile stante il clima moralistico e censorio che si respira in Italia: ex post Benson è da bollare come machista, sessista, diseducativo e via discorrendo. Richard Benson fu uno dei primi e più fulgidi esempi di controcultura nell’epoca del conformismo televisivo, si scagliò contro il buoncostume in maniera diversa e con ben maggiore audacia rispetto a quanta ne possano avere oggi facendo lo stesso un Damiano dei Naziskin o un Achille Lauro – recentemente definito squallido dallo stesso Richard – i quali si limitano a ripetere atti suppostamente trasgressivi ed in realtà da tempo normalizzati, sterilizzati in quanto già sdoganati da decenni da altri gruppi storici.
Benson ha osato, nel bene e nel male.
Egli disse di avere sfidato la morte per ben undici volte, certamente non si può negare il suo deciso sì alla vita evidenziato dalle numerose e travagliate storie d’amore nelle quali si vide coinvolto, dai continui spostamenti e cambi di domicilio, dalla capacità di sfruttare fino in fondo il proprio fare istrionico, creandosi dal nulla un proprio personaggio e sapendosi dannunzianamente
fare pubblicità.
Viviamo in un’epoca nella quale la sola cifra del vivere dell’uomo moderno è la paura che quest’ultimo ha di morire.
Si è giunti al punto di sanzionare con l’esclusione dalla vita sociale chiunque osi ancora correre un qualche minimo rischio e non chini il capo di fronte al regno del terrore della morte
– ogni riferimento a fatti recenti è puramente voluto – e di fronte a questo squallore non posso che volgere il mio plauso a chi, come Richard Benson
, è stato capace di vedere la morte come invincibile motivatrice
e si è perciò dimostrato in grado di creare per sé un personaggio, ritagliarsi spazi contro-culturali
nonostante le avversità dettate da un pubblico ostile e da una salute cagionevole. Richard Benson sarà ricordato per tutto ciò che era: un cliché, ma anche un artista ardito
e a tutto tondo.
Richard Benson debutta come musicista nel 1966, con il gruppo The Horse. L’anno seguente formerà gli Atomi e gli Artificial Paradise. Nel 1968 è la volta del gruppo The Light, con cui suona in edifici scolastici occupati a Roma. Il salto di qualità avviene nel 1970, quando Benson entra nel panorama progressive con il gruppo Il Buon Vecchio Charlie. Dal 1984 i suoi lavori da solista sono influenzati dalla musica elettronica. Il suo penultimo lavoro in studio, Madre tortura, risale al 1999. Dal 2000 in poi, a causa anche di problemi di salute, la qualità e la quantità delle produzioni di Richard Benson è in calando. Nonostante ciò, nel 2015 esce L’inferno dei vivi. Un’ultima pubblicazione è stata annunciata prima della morte del cantante. Richard Benson vanta diverse apparizioni cinematografiche, la più nota in Maledetto il giorno che t’ho incontrato di Carlo Verdone. Egli fu inoltre volto noto della televisione come personaggio di varietà.