Il Denaro non ti renderà più giovane

Il Denaro non ti renderà più giovane
Lettura boomer
Sovente il denaro funge da magnificatore delle caratteristiche individuali, per una ragione tutto sommato banale: esse si manifestano attraverso l’azione, e la ricchezza non è che un estensore delle possibilità di azione. 

Pertanto, se Uomo X – persona buona o generosa, supponiamo – accrescesse le sue ricchezze, finirebbe probabilmente a condurre, col loro ausilio, la sua bontà e la sua generosità ad altezze nuove. Se Uomo Y – persona infìda, malvagia, oppure, più semplicemente, un coglione – accrescesse le sue ricchezze, da lui non potremmo aspettarci, a meno di svolte particolari, che una moltiplicazione della malvagità, una crescita sconfinata della coglionaggine. 

Una vicenda umana particolare sia esempio del teorema: il magnate Bryan Johnson (plurimilionario? plurimiliardario? Siamo seri, che ce ne fotte? Non siamo mica Il Sole 24 Ore) investe grosse proporzioni delle sue risorse economiche, ma pure spirituali, in un programma anti-aging di severità direttamente proporzionale alla ridicolaggine (e inversamente proporzionale a molto altro: virilità, godimento normale della vita, serietà della persona, serietà dell’impresa scientifica eccetera). 

Per coloro i quali, colpevolmente, non avessero ancora goduto della proliferazione memetica a suo carico, un veloce riassunto: Bryan, ultraricco e annoiato siliconvalleiano di mezz’età, sogna di arrestare il suo invecchiamento (che originale) o addirittura di invertirlo; siccome è un Johnson e non un Berdjaev, un Camus, un Dostoevskij, non trova altro modo di fare i conti con l’idea del suo trapasso se non quello della cattiva fantascienza, del completo fraintendimento delle possibilità della tecnologia e dello statuto delle scienze. 

Eccolo allora sottoporsi a estenuanti e ripetuti tracciamenti dei parametri vitali (peso, massa grassa, temperatura, glicemia, indice di massa corporea, capacità polmonari, battiti, pressione, qualità del sonno, persino ricorrenza delle erezioni); eccolo sottostare ad un regime dietetico dei più odiosi, meticolosamente misurato pure questo e fondato sull’ingurgitazione sistematica di: spirulina, curcuma, zenzero, creatina, flavanoli del cacao, licopene, metformina, peptidi, ferro, vitamine varie, litio, zinco  eccetera nella forma di bicchieroni incommensurabili stracolmi di pillole variopinte (gnam); eccolo donarsi felice – macché: in evidente sofferenza – alle elettrostimolazioni agli impulsi alle cure delle macchine di ogni foggia che popolano minacciose la sua abitazione, rendendola per giunta inestetico-disturbante ed aggiungendo tragedia alla tragedia (già le ville dei magnati californiani non spiccano per gusto architettonico, facciamone laboratori ed è la fine); eccolo iniettarsi dosi di sangue del figlio adolescente, chissà con quale speranza; eccolo programmare con minuzia scopate e relative stasi eiaculatorie.

Tutto sotto piantonamento coordinato e continuativo della cricca di mediconi-secondini (una trentina, pare) che egli stesso ha assunti e che completano il paesaggio domestico della sua agognata autoreclusione. 

A detta loro (chiedere all’oste se il vino è buono) il paziente/pollo-da-spennare manifesta, dopo due anni di trattamento, caratteristiche polmonari da diciottenne, cardiache da trentasettenne, cutanee da ventottenne, col resto degli organi che paiono “ringiovaniti di almeno cinque anni” (e in culo al rigore del giudizio scientifico). 

A onor del vero, tutti questi sforzi verso una nuova giovinezza pagano e molto: Bryan ha un corpo invidiabile, percentuali di grasso corporeo da boxeur micromosca e una pelle bianchissima, liscissima e lucidissima. Ha ben quarantasei anni, il che è stupefacente, visto che non gliene avrei dati più di quarantacinque.

Bryan è tanto attaccato all’idea della vita da rendere la sua esistenza materiale un incubo scandito da routine asfissianti che sopporta, tuttavia, con la posa ieratica del pioniere, del sacerdote immolato alla causa inaudita e filantropica nel lungo periodo, dalla cui involontaria comicità cerca di schermarsi con lo scudo di autorevolezza della ricerca medica di frontiera. 

A ben guardare, però, l’esito della lunga vita che va idiotamente cercando nelle macchine, nelle pillole, nelle elettrostimolazioni e nei monitoraggi genitali, è approdo tipico di un bacino persino vasto di vecchietti amabilissimi di Sardegna, di Giappone, di Grecia, di Costa Rica che hanno fatto l’abitudine a campare cento e più anni pur facendo a meno di tanto sperpero e di simili ridicolaggini, addirittura ricorrendo alla scopata fuori orario e alla dieta onnivora moderata. 

Bryan finirà i suoi giorni, com’è probabile, alla stessa età del Povero Cristo quadratico medio (o comunque del riccastro medio non invasato: è provato che le maggiori disponibilità finanziarie, tendenzialmente, valgono a ritardare l’ingresso nella fossa) il quale Povero Cristo però, a differenza del nostro, il suo tempo l’ha riempito di gioie diverse, essendo stato impedito dalle ristrettezze patrimoniali a perseguire la via buffa della tecno-ascesi salutistica. 

Sempre che non se lo porti un incidente d’auto, o che un epigono di Charles Manson non decida di fargli visita, una notte, nella sua residenza californiana. 

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