DICHIARIAMO GUERRA AL TURISMO

DICHIARIAMO GUERRA AL TURISMO
Se prendessimo i programmi elettorali delle comunali italiane noteremo che esiste un punto che mette d’accordo tutti, un punto che, da destra a sinistra, sta a cuore a tutti: bisogna incentivare il turismo in città.

Tutti vogliono migliorare il proprio comune attraverso il turismo.

È il PUT: il Partito Unico del Turismo. Che paradosso!

È un partito che concretamente esiste su scala nazionale ma che non è stato mai fondato. Intensificare il turismo è una questione che mette d’accordo tutti, tranne noi che, da utopici sognatori, preferiamo lanciare un altro tipo di sfida:

Bisogna assolutamente, categoricamente, velocemente disincentivare il turismo.

Se ciò non dovesse bastare, bisogna dichiarare guerra al turismo (sarebbe meglio guadagnare tempo partendo da questa soluzione, eviteremo inutili dibattiti)

Bisogna farla finita una volta per tutte con il turismo comunemente inteso, che non significa smettere di viaggiare, anzi, questo articolo ha l’intenzione proprio di condannare il turismo per prediligere il viaggio. 

Il viaggio è un’esperienza seria, profonda, spirituale, pericolosa e potenzialmente tragica, la prediletta dimensione antropologica della conoscenza. Il turismo, specie come lo intendiamo noi, non è altro che una delle tante operazioni ridicole perpetuate da finti cosmopoliti, funzionale alla peggior logica di consumo – il vero dogma del nostro tempo – con effetti devastanti su società, ambiente e patrimonio artistico della nostra nobile, amata e povera patria. Il turismo è soprattutto instagrammabilità, condizione necessaria a mettere in moto gli aspetti peggiori di questo male, il turisimificio:

Lo stato di decadenza delle città che diventano mete per turisti, vandali del patrimonio storico; stabilimento industriale atto alla produzione di automi in camicia, bermuda e ciabatte pronti ad essere rilasciati come arma di distruzione di massa’.

Questa del 2023 è l’estate dei record: 442 milioni di presenze con una crescita di oltre il 12% rispetto al 2022, il valore più alto di sempre. Insomma, una TRAGEDIA.

Uno dei tanti luoghi comuni – e quindi una delle tante menzogne – che servono a giustificare in modo etico i tragici spostamenti di massa prodotti dal turismificio turbocapitalista è il seguente:

Gli spostamenti turistici sono benefici all’individuo perché ‘aprono la mente’ -purtroppo in senso metaforico.

Poi c’è quel mix ad alto potenziale esplosivo tra turismo e lettura: chissà quali gravi problemi affliggono le persone che vanno in barca portandosi orgogliosamente dietro il libro del momento. Cioè sei in barca, hai speso dei soldi per acquistarla o noleggiarla, cazzo ti metti a leggere, goditi il mare, l’orizzonte, prova a cercare Moby Dick.

Per fortuna, e questo va riconosciuto, nove volte su dieci il libro funge da accessorio instagrammabile, da posizionare vicino a un calice di bianco o in armocromia con il telo da mare. Per il restante 10% bisogna sperare negli squali. 

‘Una volta in Italia non si leggeva e…non si leggeva, oggi non si legge e si fa finta di leggere’

Tommaso Labranca

Tra i più ridicoli trend del turismo cosmopolita si possono menzionare due scelte, equivalenti a due ossimori: il turismo esotico e il turismo ‘eco-sostenibile’. Alla prima categoria appartengono tutti quei gruppi vacanza o coppie vacanza che, stanchi dei soliti luoghi stra-visitati nell’Occidente, cercano esperienze in mete esotiche: Madagascar, Polinesia, Melanesia, Kenya, Thailandia ecc.

Questi poveri illusi si danno arie da viaggiatori postando foto e video mentre abbracciano scimmiette addomesticate, mentre accarezzano la proboscide di un elefante, mentre indossano un serpente intorno al collo, mentre danzano con qualche gruppetto indigeno su ritmi tribali: una bolla di finzione, perché il tutto avviene all’interno di circuiti turistici che poco hanno di diverso rispetto a un qualsiasi zoo occidentale; ma muoversi in quelle mete contribuisce a creare quell’auto-illusione (o iperstizione?) di autenticità esotica della vacanza.

Siamo convinti che se una comitiva di questi cialtroni dovesse perdersi lontano dal sentiero, avrebbe terrore della stessa scimmietta con la quale sono in foto (presi dal panico, potrebbero perfino farla fuori in malo modo)

Per non farci mancar nulla, dopo aver recitato la parte dei giovani Tarzan, la sera si torna nella propria ‘capanna’ costruita da qualche multinazionale del turismo, con tanto di wi-fi.

Rispetto a costoro, quelle donne e quegli uomini che scelgono di fare la vacanza a Capo Verde sperando una settimana di orge con i black-bamboo locali meritano una medaglia al valore.

Ed eccoci alla seconda categoria di cialtroni, i propagandisti del turismo eco-sostenibile o turismo green (che, come tutto ciò che viene spacciato per green, è l’ennesima non-soluzione che ti prova a vendere chi ha generato il problema)

La turistica distruzione di massa si trasformerebbe, grazie al greenwashing, in un’edonistica pratica da filantropi.

Il turista responsabile è una figura che spopola sui social grazie all’operato di migliaia di mistificatori e green-influencer che, sponsorizzando un turismo green-base, rischiano addirittura di peggiorare lo status quo della tragedia: 

Quello del “turismo sostenibile” è infatti un concetto per lo più ingannevole: se è forse vero che singoli progetti turistici possono essere sostenibili, uno sviluppo sostenibile globale basato esclusivamente sul turismo è semplicemente impossibile per la natura “mondofaga” di questa attività, come la definisce Rudolphe Christin in ‘Turismo di massa e usura del mondo (eleuthera, 2019)’. Il “turismo sostenibile” non può sostituire le forme di turismo insostenibile; anzi rischia piuttosto di essere solo un’ulteriore offerta commerciale che andrà ad aggiungersi agli altri flussi e a compromettere altri territori e risorse, rivolgendosi peraltro a un certo tipo di clientela più benestante' (Alex Giuzio, Troppo Turismo, Il Mulino rivista)

Il paradosso del turismo è che esso tenta di sfruttare al massimo gli ambienti in cui si diffonde (banalmente tripartiti in mare, montagna, grandi-medie città dal patrimonio storico-artistico), spacciando per valorizzazione quel che invece è un’effettiva distruzione del medesimo ambiente. Valorizza mettendo a repentaglio l’esistenza stessa di mare, montagna e città.

Motivo per cui il turismo, per definizione, non può essere sostenibile, e nemmeno ‘eco’. 

Per tornare alla differenza che corre tra il turismo e il viaggio, prendiamo un estratto dalla conferenza di Dario Fabbri La cifra culturale in geopolitica. Fabbri spiega che l’occidente liberal-democratico appoggia le rivolte contro la teocrazia iraniana illudendosi che del fatto che gli oppositori del regime finalmente ce l’hanno fatta a capire, finalmente hanno aperto la mente e finalmente sognano di diventare come noi. Questo è quello che noi vediamo attraverso quella che Fabbri chiama ‘la lente occidentale’. 

Noi occidentali ci consideriamo lo stadio ultimo del progresso. Noi saremmo il punto focale verso cui tutto il mondo tenderebbe. Coloro che non hanno adottato il nostro costume o il nostro sistema istituzionale o è perché non lo capiscono, poverini, ma ci arriveranno (fa del sarcasmo n.d.a.) […] oppure perché a loro sarebbe impedito di essere come noi, altrimenti lo sarebbero. L’Iran è un caso eccellente (di questa illusione n.d.a.). I persiani sono al mondo da 25 secoli, ma finalmente adesso si ribellano per essere come noi […] Se noi superiamo questi sciocchi pregiudizi scopriamo che questi corollari sono falsi. Non è vero che il mondo tende a essere come noi: il nostro sguardo sul mondo è totalmente fallace. Le rivolte in Iran sono viste da qui con il piglio occidentalistico e quindi senza nessuna voglia di scavare nelle realtà altrui, perché troppo faticoso e perché ci si sporca dell’ethos degli altri e poi si torna a casa diversi, che è il senso stesso del viaggio. Il turismo, invece, ha un piglio occidentalistico. Il turismo non è viaggiare, perché nel turismo parti e ritorni esattamente come sei andato, serve a convincerti che tutto il mondo è esattamente come sei tu, perché non vedi niente. Vai nelle strutture ricettive, lontano dalla realtà, dove c’è un contesto di bolla che è fintamente occidentale, dove il personale ci fa sentire esattamente a casa nostra venendo incontro alle nostre esigenze. Perché (paradossalmente, n.d.a.) loro ci conoscono ma noi non conosciamo loro e quindi giocano facile con noi […] viaggiare è esattamente il contrario: viaggiare è perdersi negli altri e tornare diversi. A volte viaggiare è non tornare proprio. Il viaggio prevede il non ritorno, il turismo no: devi tornare per eccellenza, devi tornare esattamente come sei partito, perché non hai viaggiato. Viaggiare è per pochi, il turismo è per tutti’. 

Il turismo è per tutti, è vero, per questo è necessario teorizzare il turismo per nessuno.

Il Partito Unico del Turismo va combattuto frontalmente per le menzogne che racconta e certamente alzerebbe i suoi scudi sostenendo ciò che ha millantato per decenni: grazie all’infinita crescita del turismo la nazione si arricchirebbe e si diffonderebbe benessere e lavoro. Peccato che i dati smentiscono quotidianamente quest’altra illusione: sono pochi i gruppi di pressione economica (medie e grandi lobby) a trarre vantaggi dal turismo, tra un paradiso fiscale e l’altro, e non esiste un settore in cui il precariato è diffuso ai livelli di quello turistico. I periodi di boom turistico, come quello di quest’estate, non si inseriscono certamente in un contesto di prosperità e ricchezza.

Il turismo è un racconto di grandi illusioni: l’illusione di viaggiare, l’illusione esotica, l’illusione green, l’illusione del benessere, l’illusione della ricchezza, l’illusione del lavoro. Il turismo è illusione e menzogna. Il viaggio è l’assoluto. 

Compattiamoci a testudo e presentiamoci alle comunali delle nostre città con un programma decisamente avanguardistico e rivoluzionario: un programma che ponga le basi per una guerra al turismo

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