Dieci anni con Ottavio Missoni (Con Audio)

Dieci anni con Ottavio Missoni (Con Audio)
Ottavio Missoni raccontato da ilBlast.it da un suo estimatore, con passione in un audio articolo!
Ottavio Missoni

Se il tempo è una dimensione soggettiva e la vita è quella cosa che succede mentre fai progetti, di sicuro una delle variabili con cui fare i conti è la perdita di qualcuno intorno a noi.

Un calcolo che richiede tutti i sentimenti del caso, siano odio o amore.

Vedere una persona andarsene, ed è meglio non pensarci.

Ottavio Missoni se n’è andato da un po’, dieci anni.

Si è portato con sé la simpatia e freschezza di un quindicenne. Estroverso e alla buona, con quel carattere e accento triestino da farti sentire al bar anche se parlavi con chi creava cardigan e maglioni, che appena visti, capivi di non esserti vestito bene fino a quel momento. Mi avrebbe già mandato a quel paese dopo poche righe solenni e noiose, per lui, mentre avessi chiamato la Dalmazia, Croazia, mi ritroverei con le orecchie appese come uno dei suoi arazzi.

Quando passano dieci anni da quell’attimo possiamo tracciare un uguale facendo un piccolo bilancio.

Chi era quella persona?

Per il mondo e per me.

La ricordo abbastanza? Cos’ha lasciato?

Non sono parente di chi celebro, ma sprono sempre me stesso ad indossare i panni altrui.

Se fossi un orfano di Ottavio Missoni, che farei?

Nell’unica foto in cui non l’ho visto sorridere faceva il gesto dell’ombrello. Per me è forse un po’ più facile scrivere di lui essendo nel mio immaginario personale uno di famiglia, ma chi legge e non ha la figura di quest’uomo ben chiara deve essere informato di chi parliamo.

L’artista.

Non che fossi presente all’ultima pennellata di Munch sulle nuvole de L’Urlo, ma avessi assistito al primo zig zag composto su carta da Ottavio Missoni, forse, non avrei immediatamente immaginato cosa sarebbe venuto dopo.

Non ho scomodato la Gioconda, la Cappella Sistina, ma non volontariamente.

Il discorso è solo che per ognuno di questi artisti delle opere precedenti, di cui ci è sconosciuta la voce, l’indole e la parlata, vi associo la sfortuna che non ho avuto per Ottavio Missoni.

Spiego meglio. Penso che se questo artista fosse nato 500 anni prima e avessimo oggi le sue opere, e sì, intendo anche i vestiti, esposte al Louvre, per me la differenza non ci sarebbe.

Qui la fortuna di aver potuto vedere la persona.

Il temperamento di un uomo solare con denominatore l’allegra consapevolezza di non dover forzare troppo le cose, che il loro corso avesse un quid di sacro un po’ più alto delle nostre spalle.

Fu nel ’53 che Tai riprese ,stavolta con sua moglie Rosita, a tessere con un orditoio nel modesto seminterrato. Spesso le grandi cose hanno piccoli inizi e la magica conseguenza di un successo viene preceduta dalla semplicità delle sue basi.

Penso che in quegli anni, e nei ’60, in Italia, di laboratori di maglieria ne esistessero a decine, ma un artista è un artista. Lennon diceva che se gli davi una tuba te ne tirava fuori qualcosa; che dessi una tela o del cotone a Ottavio Missoni, il suo monogramma era l’intera fantasia di una mente, e non ci trovavi qualche lettera stampata per far vedere d’aver comprato una maglietta, avevi un quadro che indossavi come camicia.

Non ho assistito all’ultima pennellata di Van Gogh a un suo quadro, ma non avrebbe avuto un diverso sapore nel momento in cui avessi assistito all‘ultima orlatura del grande arazzo di Ottavio Missoni.

Ottavio Missoni Arazzo

Il Prigioniero.

L’albo di una serie di esperienze che possiamo o meno conoscere, che possiamo o meno immaginare, e poi, quella scelta silenziosa e discreta di voler rendere la vita più bella.

Non sarà stato un uomo perfetto, perché non ne esistono, ma ha sicuramente contribuito a riconoscere che il bello, l’arte e la praticità possiedono un fil rouge a sostenere la loro affinità. Creò un'opera colorata, intelligente e piacevole alla vista, poi un'altra e un'altra ancora.

Una volta indossato il risultato era patchwork. Il risultato, sempre il risultato. E’ questo che la nostra natura ci ostina a chiedere. Ve l’ho detto prima de l'uguale da tracciare. Mi piace pensare che avrebbe fatto tutto questo comunque, che la società e la famiglia non siano state il risultato di un’esperienza traumatica, ma il continuo della vita con quel piccolo momento in cui, per una notte, la paura poteva trasformarsi in fine.

Chi è Ottavio Missoni dopo dieci anni dalla sua scomparsa?

Non lo so. Parlo in prima persona, ovvero che secondo me era una ragazzo spaventato che come soldato di leva si ritrovò a El Alamein a combattere senza armi, come disse lui, anche se non ne voleva parlarne mai, e che in quelle notti, mentre le bombe ci decimavano, e a cui sarebbe sopravvissuto, si promise, nella paura, che sarebbe andato avanti.

Oppure no, nessuna promessa. L’aveva sempre saputo.

Ciao Ottavio, ci manchi!

Ottavio Missoni
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