GENERNAZIONE SANREMO

GENERNAZIONE SANREMO
Lettura boomer
Sanremo è terminato. L’unica manifestazione che unisce l'Italia, o almeno ci prova.

L’italiosfera si espande e ogni persona che fissa il piccolo schermo ne è un cittadino. Siamo una repubblica giovane, storicamente siamo un’accozzaglia di marchesati e signorie più piccole delle attuali provincie. Ma Sanremo e la musica ci uniscono tutti, vero? Sbagliato!

Sul palco più visto d’Italia si ripropone la dialettica dei marchesati in chiave geografica generazionale. Particolarismo sopra ogni cosa.

Guardiamo alla top 5 come a una mappa dell’Italia mentale. Mettiamo da parte lo strapotere delle major che hanno trasformato la gara tra canzoni e case discografiche nella vetrina di una sola. Non è questo il momento.

1Angelina MangoLa noia
2GeolierI p’me, tu p’te
3AnnalisaSinceramente
4GhaliCasa mia
5IramaTu no

Tracciamo una distinzione: da una parte ci sono Angelina Mango, Annalisa e Irama, dall’altra Ghali e Geolier. Il discrimine è Amici di Maria De Filippi, che da vent’anni egemonizza il festival creando una fanbase vasta e prematura a giovani altrimenti sconosciuti. Sembrerebbe finire qua, ma non è così. Amici della De Filippi è un programma seguito da un pubblico a ferro di cavallo: dalla Gen Z agli overboomer, saltando due generazioni nel mezzo. Per questo Irama piace sia alle ragazze (14-28) perché è fregno, sia alle nonne (74-100) a cui dedica la sua canzone. Il sabato sera o si esce per strada o si guarda Amici: Ghali e Geolier (la strada) contro i bocconiani (figli di papà sul divano).

Ghali dieci anni fa ha rinnovato la scena trap italiana insieme a Sfera, Geolier ha fatto del napoletano cantato un marchio distintivo anche nel terzo millennio, seguendo la tradizione neomelodica. Musica dal basso contro musica dall’alto del mainstream. Canzonette d’amore più o meno orecchiabili contro rivendicazione del proprio particolarismo suburbano.

Il venerdì, alla quarta serata, quella delle cover, la mossa da maestro: Geolier raduna tre big della musica italiana per intercettare il pubblico più ampio possibile, consapevole che sarà il televoto a decretare il vincitore quella sera. Gué, Luchè e Gigi D’Alessio. Tre nomi diversissimi, di tre generazioni differenti. Uno per tributare il grande hip hop e rap italiano, uno che sia rappresentativo della scena trap odierna, il terzo che gridi a tutto il mondo quant’è bella Napoli.

Nemmeno la cover della Rondine del padre Mango (e di Bomba Anarchica) salva Angelina dall’egemonia napoletana. Geolier vince la serata cover con grande scontento del pubblico. Perché tanto rancore? Perché Geolier è un signor nessuno, figlio di una terra di nessuno che quando però alza la testa lo fa con orgoglio (salutiamo i blastidi napoletani). Il pubblico dell’Ariston non gradisce: urla, schiamazzi e fischi per il vincitore delle cover. Non è il loro vincitore, chiunque tranne il cuozzo di Secondigliano. Il giorno dopo in un’intervista gli viene chiesto se si senta a disagio per aver “rubato” la vittoria delle cover. Geolier risponde che “quella è una brutta parola”, e a disagio dovrebbe esserci la giornalista che glielo sta chiedendo. Ma ormai lo sgarro è stato fatto:

don’t mess with Napoli.

Italia, Sanremo 2024 – a Napoli: sconti per chi abbia votato dimostrabilmente Geolier, gente che scende a comprare cinque SIM da cui mandare altrettanti messaggi per il televoto. I social esplodono, il federalismo torna in auge: “I p’me, tu p’te”.
Il Sud non deve farsi carico dei problemi del Nord, c’è orgoglio a sufficienza per trainare un’economia.

Finalmente la serata finale: apre il televoto che subito si intasa: colpa dei napoletani? Sì. È giusto. Sanremo li ha fatti incazzare, e loro rispondono. E VINCONO.

Geolier è nella top 5, e anche lì vince con il 60% di voti. Eppure perde, arriva secondo. Come Ultimo contro Mahmood. Non c’è un Salvini di mezzo: la giuria del festival vuole evitare spargimenti di sangue. E in sala tutto bene. Ma noi sappiamo che non è così. Perché si è appena consumato il conflitto più vecchio di questo mondo: quello tra generazioni. Hanno provato a sconfiggere un terrone facendo vincere una donna terrona, ma hanno commesso un errore. Angelina Mango porta con sé la tradizione della canzone italiana, in quanto figlia di Pino Mango. Geolier chi è? Chi è che ascolta musica in napoletano? Stando a Spotify tutti. Da Liberato a Luché a Niko Pandetta, tra neomelodici e trapperini le nuove generazioni amano l’esotismo napoletano, da Mare Fuori a Totò. Forse lo stesso esotismo che ha spinto nella top 5 Ghali, che parla di casa sua (l’Italia?) come ne parlasse ad un alieno. Esotismo dell’esotismo, Said sarebbe felice

Ma troppo esotismo sul palcoscenico più sonnolento d’Italia sarebbe un colpo duro per chiunque: dalla Rai, che se vincesse un napoletano verrebbe querelata dalla Lega il giorno dopo, ai nonni (di Irama) che ricordano ancora Sanremo quando era il festival della canzone italiana, non di questa roba qua. Geolier è il nuovo Davide Van De Sfroos, ma il premio non può essere suo. Troppo divisivo, direbbe qualcuno.

Molto meglio affidare il futuro della canzone italiana alla Mango, che ci fa ballare su note zingare e anarchiche, non senza una sfumatura di nostalgia e tradizione, in quanto figlia d’arte. Anticipa di qualche mese un tormentone estivo, in competizione con il prossimo pezzo di Rosalìa. 

Tornando al conflitto generazionale, se Geolier è il figlio che scappa di casa e fa fortuna, la Mango è invece rimasta fedele alla traiettoria della sua famiglia.

Ma oltre le finaliste, che ci mostrano la fotografia di una lotta tra generazioni, tra elitè e masse, vogliamo nominare qua alcune canzoni speciali:

Bnkr44 – Governo Punk

Una canzone che ispira. L’indie che piace a noi. Questa canzone è un inno alla strapaese, che dalle province profonde rilancia l’esistenza eterna. 

In Provincia la nebbia è la stessa dal 2003

Da quando siamo nati noi. Un amore piccolo ma grande, un territorio per chi in testa ha uncollage”, ma non vuole mollare. “C'è una novità, un governo punk”, Giorgia Meloni perché è di destra? No. Il governo punk è ovviamente il punk filosovietico della provincia di Reggio Emilia. Sì, sostengo il Governo Punk non eletto.

Parliamo d'amore in mezzo a una rivoluzione
Ti pettini i capelli con una Calibro 9

Alda Merini diceva che nessuno la pettinava bene come il vento, per noi il pettine perfetto è la pistola. Perché ci ricorda dove siamo (in guerra) e che non si scinde dalla quotidianità. Noi siamo (accele)reazionari, “restiamo qua / fermi a guardare la nostra generazione” che va verso il baratro, per riprendere la cit di Pio IX. Pezzo Blast, poco da dire.

Dargen D’Amico – Onda Alta

Non ho voglia di fare copia e incolla, vi rimandiamo all’Analisi di Telegram direttamente qui.

Rose Villain – Click Boom

Ok, lei è fregna e siamo tutti d’accordo. Ma entriamo nel merito della canzone. Se Rosa Chemical l’anno scorso aveva portato il Nazionalismo Queer trap alla ribalta, sua moglie Rose Villain riesce nel trasformare una sanremata in una vera trappata. Strofa e ritornello cantati bene, con acuti e forse qualche autotune, ma poi centra l’obiettivo. L’amore nostro è una bomba ad orologeria.

“Per me l’amore è come un proiettile
Ricordo ancora il
Suono click boom boom boom
Senti il mio cuore fa cosi boom boom boom
Corro da te sopra la mia vroom vroom vroom
Prendi la mira baby click boom boom boom
Boom boom boom”

In guerra e in amore tutto è permesso, per questo bisogna osare. Il mare nero dentro di noi risplende a questa luce. Nel disordine, nell'elettricità, nelle autostrade. Il mix centrifugo della vita contemporanea: approvato.

Gazzelle – Tutto qui

Grazie agli streaming dei fuori sede a Bologna e Milano sfonda il tetto di Spotify immediatamente. La poetica indie sta tutta nel verso “sembriamo due panda, amore mio”, forse riaffiora appena all’accenno a Roma Nord. Che voglia conquistare anche i fuori sede di lì?

Loredana Bertè – Pazza

Il suo corpo invecchia a due velocità diverse. Tranne la voce, che è sempre grande nonostante le stonature sul ritornello. Look che bucano lo schermo, come sempre, nella serata cover chiama Venerus e poi gli fa portare giusto il caffè. Che spreco, ma dopo il verso “Col cuore ti ho spremuto come un dentifricio / E nella testa fuochi d’artificio” non mi aspettavo più nulla. Un’occasione mancata, nonostante rimanga una regina del caos.

Sanremo è un festival in cui la canzone e la musica valgono sempre di meno, chi vince è il cantante. Questo è sempre più inevitabile e inesorabile. Noi lo accettiamo, perché non c’è niente da fare. L’anno che viene seguiremo ancora con interesse, con la speranza di vedere nuove fratture e registrare i mutamenti della narrativa. Sanremo è Sanremo, Sanremo è lo specchio, Sanremo è la punta dell'Italia.

Per questo lanciamo la profezia: entro 7 anni alla serata delle cover si farà “Menomale che Silvio c’è” e a cantarla (come ospite o addirittura concorrente) ci sarà il Pagante.

Lasciateci sognare, lasciateci guardare Sanremo per capire a che livello di decadenza siamo. Il termometro segna che la febbre da cavallo sta salendo. Vamonos.

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