Quando ero piccolo mi dicevano che non si spara sulla Croce Rossa, ma io stavo facendo l’addestramento militare israeliano e mi hanno insegnato che proprio quando uno zoppica è il momento di entrargli in scivolata sulle ginocchia.
Giorgia Meloni si è lasciata con Andrea Giambruno
, indiscusso signore delle figure di merda in diretta TV. Ma a noi che ce ne frega? Non siamo Chi! o Novella 2000. Nemmeno Oggi o Donna Moderna. Eppure siamo qua a parlarne. Forse perché è un dato politico notevole, qualcosa che noi dobbiamo necessariamente registrare.
Ma andiamo con ordine…
Nella Seconda Repubblica c’è una tendenza silenziosa ma imperante: ogni politico che si rispetti della destra istituzionale ha una famiglia sfasciata. I giornalistoni radicalscik hanno provato a lungo a rimarcare questa cosa nella speranza che calassero i consensi a destra e – perché no – cadesse qualche governo. Ma se il Berlusconi IV è riuscito a resistere al terremoto di Ruby Rubacuori, figuriamoci se questo esecutivo può vacillare per un’inezia del genere.
Dobbiamo interpretare questo fenomeno in controluce: non bisogna leggerlo come una contraddizione tra il politico di destra e i valori che predica, ma un indizio su che tipo di valori predica.
Tutti gli uomini-di-destra(e da ora anche le donne)-davvero-importanti
hanno all’attivo un divorzio, un secondo matrimonio, una frequentazione extraconiugale o, addirittura, figli concepiti lontano dal talamo nuziale…
Silvio Berlusconi forse è il caso più evidente ed eclatante, con una storia matrimoniale a dir poco tortuosa e una collezione invidiabile di pullman di tr*ie purgati; Mario Adinolfi ama così tanto il matrimonio che ha deciso di averne due: in Italia e a Las Vegas, come i protagonisti delle commedie americane; Matteo Salvini ha N°due figli per due matrimoni (uno dei quali celebrato con la figlia di Lino Ieluzzi), ma convive con Francesca Verdini, figlia di Dennis (ex forzista con un passato coniugale burrascoso almeno quanto quello politico); persino Almirante ha avuto i suoi due matrimoni, e ora finalmente pure Giorgia Meloni può entrare a tutti gli effetti in questo Olimpo.
Dall’altra parte dell’emiciclo invece assistiamo a quadretti idilliaci: Pierluigi Bersani sta con la stessa moglie dal 1980
; Matteo Renzi dal 1999
(sono due donne diverse, pare); l’ateissimo e comunistissimo Fausto Bertinotti ha sposato (in chiesa!) la sua attuale moglie nel 1965
; idem Paolo Gentiloni, Massimo D’Alema, o Romano Prodi
, che ha perso sua moglie quest’anno, dopo un matrimonio più che d’oro, iniziato dal 1969
e mai interrotto; solo Enrico Letta ha divorziato una volta: non poteva tradire la naturale inclinazione destrorsa della propria stirpe.
O tempora, o mores… perché gli alfieri della famiglia tradizionale, i baluardi della morale cristiana, sono i più grandi fedifraghi, i peggiori traditori, i più perversi e dissoluti, mentre chi starebbe disgregando le fondamenta della società ha sempre la casa in ordine?
Sembrerebbe un interrogativo irrisolvibile, di quelli che… boh! La risposta invece è davanti ai nostri occhi: la famiglia tradizionale, per cui la destra parlamentare farebbe rivoluzioni, altro non è che il desiderio pio e profondo di questi poveri peccatori dalle famiglie sfasciate. È uno slancio utopico verso qualcosa di irrealizzabile, a cui puntare, a cui avvicinarsi asintoticamente. I nostri politici DeDestra lo sanno perfettamente: per loro nessun nido pascoliano è possibile, nessuna tranquillità familiare è raggiungibile. Ma come ogni orizzonte, serve per orientarsi e saper in che direzione marciare
.
Alla luce di ciò che ci siamo detti, scommetto che i nostri argomenti suonano molto più comprensibili: come si può aprire alle famiglie omogenitoriali e monogenitoriali, alle famiglie arcobaleno o alle adozioni gay se non si ha alle spalle un solido nucleo familiare? Manca la tesi nella triade dialettica hegeliana, il primo fattore di quest’operazione matematica: questa destra non ha nulla da conservare, ma tutto da conquistare
; vive con il cuore rivolto a quella famiglia che idealmente tanto difende ma che non potrà mai avere.
Si desidera quel che non si ha, e la destra non può far altro che guardare con rabbia, invidia e speranza a questa sinistra di inossidabili e stabilissime unioni matrimoniali.
Non che in realtà gli uomini di sinistra se la passino così bene. Anzi, è del tutto probabile siano arrivati ad invidiare la libertà ai propri colleghi “conservatori
”. È evidente che queste unioni polverose nascondano degli scheletri nell’armadio. Logorati nell’anima dalla propria vita sentimentale, da questi matrimoni eterni e disfunzionali, retaggio della guerra fredda
e residuo della propria gioventù (coi quali è evidente abbiano un rapporto problematico), i CEOs della Sinistra hanno deciso di aggirare i propri problemi personali e cercare di risolverlo con una mossa più complessa, ma forse più astuta. Coerente, certamente, coi loro trascorsi politici. Anni di militanza nel PCI insegnano infatti stratagemmi da volponi, da squali: è evidente che una frattura, un’altra, anche solo inconscia o familiare, la sinistra non possa permettersela. Per liberarsi del proprio matrimonio monogamo, allora, la nomenklatura italica ha fatto il giro lungo: con una mossa tipicamente veterocomunista, se l’è presa col sistema, anzi, con i massimi sistemi, abbeverandosi con entrambe le mani alle fonti del marxismo. Matrimonio e comunismo sono la stessa cosa per questi grigi uomini di partito. E allora daje di revisionismo ed eterodossie. BASTA FAMIGLIA TRADIZIONALE tuonano dai banchi della sinistra. Una vera e propria rivoluzione copernicana operata dai Comunisti Italiani nei confronti delle proprie posizioni ufficiali sulla famiglia e che è avvenuta, guarda caso, proprio nel periodo più nero per l’Unione Sovietica.
Classico del PCI:
“il pallone è mio e ora non giochiamo più”
Morto il comunismo, sono morte le ideologie e PURE
il matrimonio – ci dicono.
Ma lasciateci sognare, provarla fino al 90’ e oltre, fino al recupero, ai supplementari, ai rigori: se volete chiedete il cambio, uscite, divorziatevi come fanno i vostri colleghi della destra bluette, ma fateci finire la partita.
E soprattutto non rompeteci le scatole con discorsi da vecchi travestiti da zòstili. Vi lasciamo alle vostre riflessioni alla Nanni Moretti, alle analisi delle sconfitte elettorali, alle feste dell’Unità popolate da pensionati, ma non possiamo concedervi di toglierci l’italian dream, con tradwife mediterranea e cottage nella campagna. Questo no.
Almeno Berlusconi ci lasciava divertire.
Il comunismo è morto, ma noi siamo ancora vivi e abbiamo un cuore e delle speranze.
Tornando alla nostra Giorgia, c’è anche un’altra teoria che varrebbe la pena vagliare, ossia che per la creazione di ogni villain non può mancare un episodio traumatico iniziale, infantile, meglio ancora se legato alla famiglia. Per chiudere il quadretto, i daddy issues meloniani sono un’ottima cornice. Il suggello capace di trasformare definitivamente la Premier in Meloni-chan, in un personaggio dei cartoni animati giapponesi. Insomma, non ce ne voglia Giorgia il Presidente (ideale personaggio di DragonBall Z) per quest’articolo. Nessuno infatti sta speculando sulla sua “astuta” operazione di scarico-pesi-morti – questa è un’analisi politica serissima
– che la storia con Giambruno sia finita o meno, averlo a fianco era solo un ostacolo: non per le dichiarazioni incriminate o per il comportamento indisciplinato del compagno, ma perché le impediva di divenire finalmente una donna-di-destra-importante nella sua forma completa e definitiva (come Cell). Era, in un’ultima analisi, l’ultimo ostacolo da abbattere prima di diventare l’arcinemesi della Sinistra Italiana e ad accedere al club esclusivo dei “conservatori
” del Belpaese. Riuscirà questa trasformazione a far durare la nostra Presidentissima? Speriamo di sì. Intanto è bionda come C18…
Pulendosi l’immagine, la Meloni prova anche a pulirsi la coscienza con una dichiarazione social a reti unificate che manco diavoletta86 su Netlog e MySpace. Un ricordo dei suoi vecchi tempi da draghettina, da brava ragazza old school.
La frase finale ci regala meme ed emozioni
– che poi non sono così diversi – ma se vuole fermare l’accelereazione caustica le servirà più olio di ricino.