Sono arrivati finalmente i risultati definitivi delle elezioni greche.
Ho atteso fino all’ultimo come Cortellesi-Santanché che aspetta i voti dei Watussi e degli abitanti dei paradisi fiscali, che notoriamente apprezzano la Fiamma. Ho atteso fino all’ultimo perché volevo sapere se anche questa volta i Greci Ecologisti, il folle partito dionisiaco di Dimosthenis Vergis, il politico più Blast di tutti, avessero ottenuto un voto. Invece neanche quello.
I risultati li sapete. Ve l’hanno detto, ha vinto Mitsotakis col suo bel 40,56% e la possibilità di governare per altri quattro anni. Non intendo parlare di questo figlio dell’élite, di questo turista della (Nuova) Democrazia che ama limitare la libertà di stampa e spiare i suoi avversari politici. Né intendo dire che Tsipras ha perso perché ha tradito il referendum del 2015.
Semmai, Tsipras ha perso perché si è spostato su posizioni moderate, finendo per regalare voti al redivivo Pasok o al premier del nuovo miracolo economico (nel 2022 il Pil greco è cresciuto del 5,9%, il che ne fa la migliore economia dell’anno)
Voglio concentrarmi, invece, su quello che nessuno vi dirà. Infatti, qualcosa si sta muovendo al di fuori della cieca euforia euro-austera e neodemocratica. Queste elezioni segnano il risveglio dell’ortodossia, il ritorno dell’euroscetticismo, il prevalere della Grecia sull’Europa.
Economicamente, stiamo assistendo alla vendetta dei Pigs, che quest’anno sono stati la locomotiva d’Europa. Abbiamo capito per cosa stava veramente quella G: non per la Grecia, bensì per la Germania, il nuovo malato d’Europa.
Partiamo dalla sinistra. A sinistra di Syriza, resiste il Kke di Dimitris Koutsoumpas, il Marco Rizzo greco. È un partito rigidamente anti-revisionista, euroscettico e marxista-leninista e ha preso il 7,69% e 26 seggi. Koutsoumpas potrà sorridere del risultato dell’Organizzazione per la ricostruzione del Kke di Ilias Zafeiropoulos, che si dichiara altrettanto – e ancor più – marxista-leninista ma allo stesso tempo accelerazionista, sionista ed europeista.
Questo perché ritiene che la Russia si sia infiltrata nei partiti comunisti occidentali e che l’imperialismo russo sia secondo solo a quello hitleriano. Da anni è ancorato a un meraviglioso 0,02%.
Ma si sa, c’è sempre qualcuno più a sinistra di te, e c’è sempre una buona ragione per scindersi e anche in Grecia i comunisti hanno adottato la strategia di Guzzanti-Bertinotti. E così, ecco che a sinistra della sinistra ci sono altri due partiti, il Partito Comunista di Grecia (marxista-leninista) e il Partito Comunista di Grecia marxista-leninista, rispettivamente con lo 0,18% e lo 0,08%. Costoro sono nemici giurati del trotskismo internazionale socialfascista, che ha i suoi massimi esponenti nel Fronte della sinistra anticapitalista greca (Antarsya, 0,31%) e nell’Organizzazione dei comunisti internazionalisti di Grecia (0,03%). Ah, e in quei parolai del Fronte del Popolo di Giudea, ovviamente.
All’interno della sinistra euroscettica, troviamo il partito Rotta della Libertà di Zoe Kostantopoulou, che ha ottenuto il 3,17% e 8 seggi. È un partito sovranista di sinistra, nazionalista, fortemente euroscettico e contrario all’austerità, punto su cui concorda con MeRA25 di Varoufakis, che però punta a riformare l’Europa dal suo interno e in ogni caso col suo 2,5% e con le sue proposte che un professore di economia definì pirotecniche non ha neppure superato la soglia di sbarramento.
Ma è a destra che l’euroscetticismo ha trovato terreno fertile. Il partito di estrema destra degli Spartiati, di Vasilis Stigkas, che ha forti legami con Alba Dorata ma nel 2019 si alleò con l’Unione dei Centristi, ha trionfato con il 4,63% e 12 seggi.
Secondo arrivato Soluzione greca di Kyriakos Velopoulos, partito nazional-conservatore (leggere Le virtù del nazionalismo di Yoram Hazony), ortodosso e populista di destra, per certi aspetti simile a Fratelli d’Italia, che ha ottenuto il 4,44% e 12 seggi.
Ancor più ortodosso il partito degli ortodossi, Niki (Vittoria), che si batte in particolare contro l’aborto e ha ottenuto il 3,69% e 10 seggi.
Fuori dal Parlamento, Forza Patriottica di Prodromos Emfietzoglou, partito nazional-conservatore, populista di destra, social-conservatore, contrario all’immigrazione e all’islam, creatura fallaciana che ha ottenuto lo 0,5%. Briciole agli altri due partiti di destra, l’ultraortodosso Assemblea dei Greci (0,17%) e il Fronte Nazionale (0,06%)
Ora, se sommiamo tutti questi dati possiamo dire che i comunisti in Grecia sono circa l’8%, i conservatori circa il 13,5%. Tutti costoro, più i due partiti di sinistra non comunista sono euroscettici, pertanto possiamo dire che gli euroscettici in Grecia sono almeno il 27%. Molti di questi sono anche filorussi.
E quindi, signori, ha ragione Huntington. Il mondo ortodosso si sta risvegliando, in Grecia, nei Balcani e in Ucraina si preparano le nuove guerre di faglia con l’Occidente. Quali sono le caratteristiche di questa civiltà?
Le descrive bene Latouche:
«Il rifiuto del filioque risuona profondamente fino ai nostri giorni nella Russia sovietica. Il conflitto tra i due poteri, civile e religioso, non vi si verificherà. Lo scontro tra il Papato e l’Impero, decisivo per l’emancipazione delle città mercantili, e i tanti conflitti tra le due spade non avranno ragion d’essere. La società civile resterà sempre inibita e atrofizzata, e l’individualismo conserverà la sua forma marginale come nelle società olistiche: toccherà agli asceti, agli erranti, ai Rasputin… La religione del Padre, in cui il principe è santificato e gli uomini di Chiesa sono dotati di attributi temporali, è imperiale più che imperialista» (L’occidentalizzazione del mondo, Bollati Boringhieri, Torino 2002: 38)
