HOCCER

Futurismo sportivo

HOCCER
Lettura boomer
Hoccer, gioco arcade del 1983, recensito da ilBlast.it, un futurismo, futuristico e violento, sport dove non esistono falli.

Aggressione velocità distruzione potenza velocità muscoli temprati come l’acciaio al ritmo di mille ripetizioni al nanosecondo su giù su giù su giù ghisa rovente nelle mani a potenziare l’animo di carne e tendini ghisa rovente a potenziare l’acciaio come forno temprante acciaio muscoli tendini votati al raggiungimento della perfezione muscolare sportiva.

Deltoidi dorsali bicipiti tricipiti alzare potenziare ingegnerizzare il corpo alla lotta figura afflosciata?

Opinione scartata. Uff puff pant uff uff uno due uno due inspirare espirare inspirare espirare correre saltare sollevare combattere PAF PUM CRACK sabbia nel sacco colpita a cento pugni al minuto PAF PUM PUM CRACK PUM PUM 

È l’anno 2055, e l’uomo ha perfezionato quasi ogni aspetto della sua vita. 

Incluso lo sport.

Extreme exciting perfectioning of the human body.

Poesia futurista e

Hoccer

Futurismo sportivo

Lo sport è cosa buona e giusta: sviluppa il fisico e migliora lo stato emotivo in modo assai migliore delle psicopaste. Lo sport si è evoluto nei secoli, cambiando regole e modi di fare arrivando anche a linee teoriche, futuristiche, in cui esso tornava ad essere primordiale, violento e votato al gaudio; al piacere del sangue in un mondo dove le guerre non esistono più.

Non sto scherzando, è pieno di film degli anni settanta che trattano tale argomento: l’idea che in un mondo futuro, senza guerre, l’uomo cercherà sete di sangue in altro… Perché l’uomo è una bestia, dopotutto! 

Non è però un concetto nuovo, ma arriva da secoli di guerriglia culturale. Lo era in principio con i gladiatori in tempo di pace e prima ancora nelle spietate olimpiadi. Trasposto successivamente nel futuro ipotetico di Rollerball, di Death Race e altri film dell’epoca, l’idea di uno sport votato all’idea del vincere per la gloria o perdere la vita nel tentativo ha invaso l’immaginario di molti giovani del periodo.

Teorie trasportate anche nei videogiochi sebbene con risultati più rari. Uno di questi è Hoccer, forse uno dei primi a sfruttare tale concetto.

Prodotto nel 1983 dalla Eastern Micro Electronics, piccola azienda di Somerset nel New Jersey, Hoccer è quello che definirei un buon tentativo nato nel momento sbagliato. 

1983

Manca poco al collasso del mercato dei videogiochi e la gente già non si fida più a comprarne da nessuno. In un mondo ormai saturo di giochi orrendi ci sono troppe piccole aziende che producono merda, con l’idea di intascare qualche soldo, e c’è ormai troppa concorrenza nel dannato libero mercato videoludico.

Gira che ti rigira, anche le buone idee finiscono accantonate in mezzo alla montagna di merda e nessuno avrebbe il coraggio di tirarle fuori o dare loro una distribuzione efficace. Sono troppo criptico? Diciamo che Hoccer non ha avuto la diffusione sperata ed è finito dimenticato come tanti altri. Ed è un vero peccato, vista l’ottima qualità del gioco.

Sapete? Questa storia della crisi mi ricorda una vecchia recensione, ma cerchiamo di non andare troppo fuori tema, eh?

hoccer

È l’anno 2055. 

L’uomo ha quasi perfezionato quasi tutti gli aspetti della sua vita, compreso lo sport. Non gareggia più contro gli altri, ma ora affronta lo sfidante per eccellenza: sé stesso.

Da solo sul campo di Hoccer, affronta gli avversari che lui stesso ha creato grazie ai suoi progressi tecnologici.

Il concetto dell’uomo contro uomo, la regola principale dello sport, o in questo caso sarebbe meglio dire uomo contro tecnologia? Uomo contro sé stesso? Multiple narrazioni filosofiche per un gioco che di trama ne ha poca, essenziale; come andava all’epoca.

Il giocatore deve combattere gli Ords, programmati esclusivamente per cercare e distruggere il giocatore. Dovrà anche vedersela con Clee, una macchina pensante avanzata che ha perfezionato la capacità di sconfiggere il suo avversario umanoQuasi

Uomo contro macchina, macchina contro uomo e pochi obiettivi per entrambi: distruggere, disintegrare, spingere, crivellare, sopravvivere: questi sono i concetti del mortale sport chiamato Hoccer, a combination of the aggressive nature of hockey and the physical demands of soccer.

hoccer

Bastone come fucile (o sfollagente a seconda dell’approccio), dischetto come proiettile, Hoccer ci fionda nell’azione, nella ricerca di potenza piuttosto frenetica per un titolo del 1983. 

hoccer
hoccer

Fluido e veloce, Hoccer ci delizia con un gameplay avvincente, intuitivo, corredato però da brevi animazioni che faranno da tutorial; una novità per l’epoca. 

Una resa estetica e sonora piuttosto buone, per essere state prodotte su un hardware già vetusto, secondario, rendono il gioco un poco antiquato sotto questi punti di vista, ma nell’insieme non lascia nemmeno troppo a desiderare l’idea di volere sprites più dettagliati e sonoro migliore. Siamo nella media, una buona media senza infamia e con qualche lode per una base hardware già vecchia di un anno.

hoccer
Il tutorial è questo, giocatore. Se ti fai menare rispondi al colpo!

Un hardware certamente non al passo coi tempi rispetto ai PCB ben più potenti di aziende come la Williams o l’Atari, ma comunque efficace per la creazione di questo piccolo gioiello dimenticato.

 E se ti lanciano il disco, tu rimandaglielo indietro.

Un primo indizio di questo utilizzo secondario è il fatto di essere stato creato sull’hardware di Marine Boy, prodotto dalla Orca e credetemi, non era una novità all’epoca che piccole aziende usassero PCB fatti da altri e convertiti per il loro software. 

Basti pensare ai vari cloni di Galaxian o le varie conversioni sull’hardware di Donkey Kong e sì, lo so non c’entra molto con il gioco in sé, ma ci sta di parlarne un po’.

È storia; storia informatica.

Un gioco fluido e avvincente; veloce proprio come l’hockey, ma mischiato con la becera violenza del calcio e l’idea di un futuro sportivo di quel mondo cinematografico che ormai sembra sparito. Vincere o perdere con un crescendo di difficoltà sempre più alta e avversari sempre più aggressivi.

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Un solo modo per fermarli, per prendere fiato; un’altra regola: fare gol!

Mandare in panne gli androidi con questo piccolo bonus diventa d’obbligo nei livelli più alti, come il colpire tutti i blocchi sui lati del campo: vita extra e passaggio al livello successivo automatico. Un modo per togliersi di mezzo il prima possibile, sempre più difficile da eseguire man mano che si va avanti, pur mantenendo una difficoltà ben bilanciata e abbordabile anche per i giocatori meno esperti.

IA d’acciaio e silicio pronte a distruggerti e ad attaccare in modo più aggressivo nel momento meno adatto. Pronte a toglierti la vita appena guadagnata.

Geniale in questo senso una scelta dei programmatori di precedere quello che da molto tempo si definirebbe musica da battaglia, boss music o altri termini simili: quel momento in cui il brano aumenta di ritmo per indicare il maggior pericolo per il giocatore. Un segnale sonoro seguito dal velocizzarsi dei nemici e una loro ricerca più attiva del bersaglio. 

hoccer

Avveniristico, si potrebbe dire; futuro, direi io. Futuro, velocità, azione, durello per la supertecnologia, androidi, questo gioco ha tutto. È quello che, come per un titolo già recensito tempo fa, potremmo definire una capsula del tempo, uno specchio del periodo in cui si credeva nel 2000 avremmo avuto gli androidi e le realtà virtuale. Una capsula del tempo ben fatta, aggiungerei. Non di certo E.T. per Atari 2600, se parliamo di fantascienza.

C’è altro da dire?

Credo di aver detto tutto su questo gioiello nascosto (da provare se siete appassionati di retrogaming come me), sepolto sotto le montagne della crisi dei videogiochi e di un mondo che da lì a poco avrebbe dimenticato la precedente età dell’oro degli arcades per abbracciarne una successiva, fatta di Nintendo Entertainment System, Commodore 64 e altri home computers, abbellita dagli arcades sempre famosi, ma nel tempo sempre più relegati a secondo piano e infine dimenticati. Questa però è un’altra storia, ben diversa dal sogno futuristico che tanti si aspettavano all’epoca.

Hoccer

La rappresentazione dimenticata del sogno (o incubo) futuristico dello sport più violento.

Da ManMachine-6581 è tutto, cari miei lifters supremi e distruttori d’androidi. Non si sa se essi sognano le pecore elettriche, ma una mazzata sul viso è ben più reale di un sogno.

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