IL BIPOLARISMO HA ROTTO LE PALLE

IL BIPOLARISMO HA ROTTO LE PALLE
Avete letto bene.Ci siamo rotti le scatole del BIPOLARISMO. DESTRA/SINISTRA RUSSIA/UCRAINA Chi più ne HA/ più ne METTA. Anche no grazie

Spesso è il silenzio della notte, liscio come il cemento delle strade deserte, fioco come la luce dei lampioni sotto un cielo senza stelle. Solo si sente il rombo di una macchina in lontananza e passi leggeri affrettarsi verso casa… poi nulla. C’è qualcosa di affascinante in quella quiete, qualcosa che risuona tra le fronde degli alberi, a intervalli irregolari si affaccia da finestre illuminate. Una cantilena forse. No più cantilene, una sopra l’altra. Voci sempre più tonanti nelle strade vuote. Oltre la soglia volti sono incollati a quel suono, quelle immagini in bianco e nero, poi colorate, rinchiuse in pixel sempre più nitidi, in apparecchi sempre più sottili. E al loro interno altri volti, corrucciati, sorridenti, dalle rughe più o meno accentuate, dalle guance rosse e da vene gonfie sul collo.

Si agitano, sbracciano, indicano, si appellano, combattono duelli tra lingue infuocate, ingaggiano solenni discorsi e ancora più solenni promesse, sfuriano, si accapigliano in un coro di voci eccitante mentre opinioni, pareri, denunce, querele danzano davanti agli occhi di spettatori rapiti. Uno spettacolo senza dubbio, ossessivo nella sua costante quotidianità che sfuma nell’eternità di un tempo senza apparente fine. E davanti ad esso generazioni e generazioni di uomini donano i propri attimi, che poi diventano anni, secoli, ere… piegandosi su se stessi come gli alberi d’inverno, facendosi bianchi e forse più saggi, mentre si affiancano alle loro fatiche volti nuovi, nuovi spettatori più o meno consapevoli.

Non è qualcosa che ha a che fare con la razionalità.

Afferra le viscere dell’irrazionale, stringendole frenetico, agitando, eccitando moti di esultanza, trionfo, godimento, provocando impropri e numerosi insulti diretti a schermi sordi. Nonostante però i secoli rintocchino fuori dalle finestre, nonostante le stagioni passino inevitabilmente, le mode e i costumi si sciolgano volubilmente al sole di un nuovo anno c’è un periodo che non sembra passare mai.

Quello del bipolarismo e dei suoi alfieri guerreggianti,

i sacri custodi di una fiamma divina, quella della lotta, della contrapposizione, dello scontro. Eppure lontani sembrano i tempi in cui gli scontri non si limitavano alle prime serate ma invadevano i salotti, le piazze, le menti e le azioni di milioni di uomini.

La fiamma però non si spegne, ravvivata, salvaguardata da vecchie e nuove vestali, attizzata sui carboni di una brace ormai vecchia, usata e riutilizzata allo sfinimento, consumata da quel calore inesauribile, eppure stanco, sempre sul punto di morire.

Ma invero rassicurante, stabilizzante come l’ago della bussola quando punta al Nord, fisso tra due poli molto chiari, facili da identificare, da pensare, da contrapporre. Una, due parole che racchiudono schemi di posizioni, pensieri, idee predefinite ed eternamente ripetitive, eternamente scagliate sulle prime pagine dei giornali, nei discorsi alle cene di Natale e al bar, tra una partita di calcio e una pubblicità. Dopotutto il dibattito è semplice, familiare nel senso che è entrato nella realtà domestica, ha assunto i contorni di uno zio, o di un fratello, di un cugino o un personaggio pubblico un po’ originale, se non caricaturale. Perchè tutti siamo caricature agli occhi altrui. Ogni elemento dunque concorre a cristallizzare il dibattito, a fissarlo nella rassicurante quotidianità; sia che dall’altra parte ci sia indifferenza, sia che ci sia il tifo. Non importa, basta tenere acceso quel fuoco quel tanto che basta per poter differenziare, rinforzare quei giganteschi mulini a vento che sono i due poli, sintetizzati nella Destra e nela Sinistra. Molto più che storiche ormai… metafisiche, platoniche nel senso che agitano i loro arti nell’aria, nel vuoto riempito solo di ossigeno, parole e qualche sempre valido slogan.

E d’altro canto è pur vero che ci piace caricare quei mulini lancia in resta, gettarci furiosamente contro, sentire l’ebbrezza del vento in faccia mentre cavalchiamo verso la guerra, orgogliosi e terribili come solo i cavalieri sanno essere. Perché convinti all’interno delle nostre armature luccicanti del motivo della battaglia, del senso di ciò che si sta compiendo. D’altronde è facile, schematico, quasi disarmante capirlo. Da una parte Destra, e dall’altra Sinistra. I nemici si conoscono, il campo di battaglia pure, le loro armi e la loro strategia si ripassano a memoria, tutto è pronto, apparecchiato per lo scontro, la folla guarda eccitata, le narici del destriero si allargano aspirando aria bollente, la terra freme sotto gli zoccoli impazienti e le nocche sbiancano attorno alla lancia…  

Ma come? Destra e Sinistra sono d’accordo sulle sanzioni alla Russia? 

Governo di unità nazionale?

E allora si potrebbe accusare i due poli di aver tradito le loro idee, se esse non siano funzionali al tradimento. Se esse non siano già tradite in partenza, strumentali al consenso, alla mediaticità che poi porta al potere. In questo senso non è il potere che come mostro deforme induce un cambiamento nelle promesse, e a volte nelle strutture stese, dei poli, ma il potere stesso è lo stato di natura di Destra e Sinistra. Il luogo (meta)fisico dove si tocca la vera natura delle due. 

Guai a scoprire che i colori netti sono solo sfumature! 

Il bipolarismo è ormai strumento mediatico prima che politico, è quella narrazione moralisteggiante assoluta che spiana la complessità del reale e i propri sensi di colpa, costruendo delle strutture a sé stanti, delle immagini estreme che saturano il dibattito e quindi lo rendono artificiale. Perchè non stiamo combattendo contro i russi, ma contro una idea dei russi. Tutto ciò possiamo azzardare sia un benevolo lascito dell’egemonia americana, intrisa di una visione morale del mondo, per cui dal lato del bene si trovano sempre gli stessi. Una visione morale che ha contribuito a rovinare lo ius publicum europaeum come già disse a suo tempo Schmitt. Distorcendo la nostra visione della realtà internazionale, ed esacerbando le guerre. E i toni della guerra e della diplomazia. Nessuno stupore dunque a sentire le dichiarazioni al vetriolo di Biden o i teatrini televisivi italiani. Tutto è declinato d’altronde, in tempo di guerra, alla propaganda. E mai come in queste settimane ci si rende conto di essere terribilmente succubi, dal punto di vista intellettuale, di un campo ben specifico. Di un blocco in cui siamo dentro fino al collo. Che è solo l’altro lato delle logiche di potenza of course. Quindi non siamo migliori dannazione, siamo solo dall’altra parte dello steccato. Con le nostre dure dichiarazioni e prese di posizione, con la nostra incrollabile lealtà siamo in verità solo emissari, strumenti utili dell’egemone, sia che esso sia russo o americano.

Ciò che a ben vedere siamo sempre stati. Se non chè il bipolarismo primorepubblicano era fondato su ideologie politiche molto chiare, coerenti, ferree, che organizzavano la vita pubblica, plasmavano la cultura, i comportamenti e rispecchivano precisi profili antropoligici. Il potere era alla base di tutto, ed era oltremodo chiaro come lo schema bipolare rientrasse nelle logiche di potenza, seppur con la dose inevitabile di moralismo. La posta in gioco la si conosceva, lo schieramento politico pure.

In un certo senso è l’incontrario del bipolarismo nostrano, dove la morale è alla base di tutto. Una morale frivola adatta a seguire le onde mediatiche, le mode e le notizie dell’ultimo dannatissimo secondo. Questo è il lascito del crollo della Prima Republica e lo svuotamento della politica, ormai appendice dei social, con cui cerca di dotare di spessore, o mascherare, i veri intenti molto più crudamente realistici: il raggiungimento del potere.  E invero questo è l’unico obbiettivo, il massimo a cui si può puntare. Non c’è la pretesa di organizzare il reale, o di capirlo, manca uno sguardo di insieme, strategico perchè semplicemente manca il capitale umano e la volontà di discostarsi da schemi ormai consolidati. E quando ciò rischia di avvenire, come nel turbolento periodo dei populismi, bei tempi andati. Vecchi e putrefatti.

Dove veniva ribaltata la dialettica tra i poli partitici in favore di una diretta tra il popolo e i due strumenti di potere, tutto rientra nel giro di poco tempo nei posizionamenti classici. E questo lo si è visto perfettamente nella silenziosa rovina del Movimento 5 Stelle. Perchè in modo lineare la genesi del populismo ribalta solo i termini dei poli, nutrendosi con nuove armi mediatiche. Una narrazione che nella sua radicalità ha trovato il successo ma anche la sconfitta.

Ancora una volta esso, con il suo carico realistico e spietatamente intriso di compromessi e logiche di equilibrio, mostra le fragilità strutturali delle narrazioni populiste, così come di quelle classiche, che risiedono nelle loro fondamenta. Ovvero quello scontro morale che si vuole far credere abitare fuori dalla politica, al di sopra di essa e quindi migliore, più giusto. Un disaccoppiamento tra valori e ideologie politiche che non esisteva nella Prima Repubblica. E che ne ha causato in parte il crollo.

Nonostante dunque il bipolarismo sia un sistema concavo, vuoto all’interno di qualsiasi base forte come una precisa ideologia politica, non possiamo dire che sia artificiale. O meglio possiamo solo guardando al mercato del consenso italiano. Un mercato abituato storicamente alla polarizzazione come metodo della raccolta del consenso… anche quando ciò che giustificava il bipolarismo non c’è più?

Sembra di si, o almeno questa è la strategia che hanno portato avanti Destra e Sinistra da venticinque anni a questa parte. Ora, non siamo certo ingenui, sappiamo che lo scontro ideologico è esistenziale per una democrazia. Infatti non è in gioco qua la sostanza dello scontro, ma il suo posizionamento, e dunque la sua struttura. E’ chiaro che il bipolarismo moderno è fragile e questo lo si nota dalla percentuale sempre crescente di non votanti.

La polarizzazione non massimizza il consenso, non più, perchè è la natura della polarizzazione che è sfasata, lontana dalla realtà.

Ciò che dovrebbero capire le decine, centinaia di statisti italiani è che è il posizionamento dei poli a dover essere cambiato, le fondamenta riformate e ancorate a qualcosa di più solido che non sia semplicemente una aspirazione al potere rivestita di morale. Riaccoppiare il potere a un preciso Ideale, e quindi a dei valori. Per separare la politica dal sistema mediatico e social (e dunque dall’aspetto demagogico del bipolarismo) e ridotarsi così di una visione d’insieme, evitando di essere sottomessi dalla tecnica.

Arduo compito!

Oltre ai bei propositi dunque il bipolarismo nostrano persiste, assoluto e totale. La sua logica ci permea come un vestito bagnato e tiranneggia il dibattito. Destra e Sinistra staziano nella loro lunga agonia, e noi con loro. Destra e Sinistra rimangono i due eterni poli eternamente contrapposti, simbolo della malattia di dualismo di cui soffre la società, adattandosi ai cambiamenti interni e internazionali, appropriandosi, assimilando ogni spinta opposta.

E’ la democrazia moderna bellezza!

Basta che sia chiaro a tutti noi di essere in un grande bacino mediatico-elettorale, in un enorme mercato del consenso, stare al gioco della sua massimizzazione e via. Scrivere poi sulla scheda elettorale Gerry Scotti o barrare ogni simbolo. O perchè no, incidere sopra a caratteri cubitali:

IL BIPOLARISMO HA ROTTO LE PALLE!

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