IL FARDELLO DEL PLUS-DOTATO

IL FARDELLO DEL PLUS-DOTATO
Lettura boomer
Il buon Rudyard Kipling ci parlava del fardello dell’uomo bianco e proprio per questo è uno dei bersagli preferiti del nuovo ordine anti-razzista, nel senso di negazione dell’esistenza delle razze, una cosa che il gogghiano Gustave Le Bon considererebbe niente più che buoni sentimenti, non avallati da un reale ragionamento scientifico. Ma proprio perché queste categorie di uomo bianco – uomo nero stanno ormai sbiadendo, almeno in Europa, oggi è il caso di parlare di ben altro fardello.

Non più pochi maschi bianchi etero cis a civilizzare masse di neri, ma pochi plus-dotati a sopportare, più che civilizzare, masse di normie (grazie ad Anonimo Milanese per avermi fatto scoprire questo termine). Il normie è un sempliciotto, uno che si adegua alle regole sociali senza rielaborarle con la sua intelligenza ed esperienza, ma non è necessariamente stupido. Può avere certi tipi di intelligenze: anche un ingegnere aerospaziale può essere un normie.

Essere un buon matematico non significa avere necessariamente un pensiero complesso, anzi.

E come può essere altrimenti, quando ti dedichi a una disciplina, la matematica appunto, che prevede un binario determinato da cui non si può variare, ovvero che 2+2 fa 4 (finché il Grande Fratello non ci farà cambiare idea), che quell’espressione dà necessariamente quel risultato, altrimenti è sbagliata. È chiaro che in questo modo ti abitui a pensare anche in altri ambiti in modo matematico, in ciò che riguarda la società, la politica, i grandi temi, ma non c’è nulla di meno matematico di questi. 

Ma invece chi è un plus-dotato? Partiamo dall’inizio.

Lavoro in una scuola e nei consigli di classe di inizio anno vengono presentati vari alunni. Le care buone insegnanti dicono che la madre del giovanotto F. M. sostiene che il figlio è plus-dotato, cioè mentalmente, intellettivamente sopra la media, ma le insegnanti ne dubitano. Poi passano a spiegare come F. M. soffra di ansie e disturbo ossessivo compulsivo e allore, care mie, la risposta all’enigma è presto detta: ma chiaro che F. M. è plus-dotato. Chiaro come il sole. Se a dodici anni la tua mente è così complessa da sviluppare un DOC, di certo non sei nella schiera dei normie. Vuol dire che ha dentro di sé delle profondità, vuol dire che la sua mente spazia, si spera che esso non sprechi questo talento iscrivendosi a economia tra qualche anno. 

Un plus-dotato è anzitutto un diverso. Fuori e sopra la massa dei normaloni. Capace di intuizioni e di vedere cose che gli altri non vedono. Il plus-dotato sfonda il velo di Maia e rielabora quello che lo spirito del tempo gli propone. Alias, se è antirazzista non lo è perché ha imparato la regoletta a scuola ma perché te la sa argomentare.

Quanti come lui?

Possiamo dire anche di peggio: ovvero che il normie avrà, molto probabilmente, un percorso di studio e professionale molto più lineare e anche più brillante del plus-dotato. Il plus-dotato si rende conto della vacuità di tali istituzioni utili solo per l’organizzazione sociale e per il controllo delle menti, si chiede perché stare a tali regole e di conseguenza soffre di un forte calo di motivazione, che è poi il primo sintomo della depressione. Non è determinato:

la determinazione è degli stupidi.

Di chi mette giù la testa e non ragiona, va avanti verso l’obiettivo come un mulo. Quante intelligenze mediocri e specialistiche laureatesi con 110 e lode semplicemente perché hanno studiato senza domandarsi il perché, vivendo con il pilota automatico.

Uomini mediocri per tempi mediocri. 

Il plus-dotato, dunque, ha un fardello. In primo luogo, come già detto, la complessità della sua mente lo rende più soggetto alla sofferenza psichica, alla depressione, alla perdita di senso. Inoltre, per via della sua diversità, rischia ovviamente di essere un incompreso.

Ma soprattutto il plus-dotato costretto a vivere in mezzo ai normaloni soffre perché li legge come un libro.

In una conversazione a tavola sa leggere perfettamente dietro le righe delle loro affermazioni, sa cosa c’è nella loro mente, ma non può dirlo perché non verrebbe capito, e d’altronde non può neanche esprimere la sua idea più in generale, perché non si abbassa al loro livello. Si isola. Soffre. 

È come Coffey ne “Il Miglio Verde” che percepisce una lampadina rompersi in una casa a 10 kilometri di distanza. Porta il peso del mondo su di sé. I plus-dotati che poi, eventualmente, decidano di espandersi e di avere un’influenza attiva sul mondo, hanno buone probabilità di diventare grandi uomini. I politici, ad esempio. Pastori che muovono il gregge e indirizzano le masse, le masse che sono “femmine” come dice Trockij nella omonima serie TV russa, cioè passive, attendono necessariamente l’uomo forte che le scuota e le muova. La mente debole chiede l’uomo forte, ci dicono i vari Gramellini con evidente giudizio moralista, ma forse dimenticano che le nostre sono società di menti deboli e sì, lo sono anche se non soprattutto i progressisti. 

E qui torniamo al concetto di Kipling, ovvero che a volte il plus-dotato non si limita a sopportare, porta su di sé il peso del mondo non come semplice comprensione, ma se ne fa proprio carico, dà una direzione alla società. Certo, chi glielo fa fare? Soprattutto oggi, in un contesto così narcotizzato. L’ambizione spesso è la causa dietro questi slanci, che quindi non sono veri e propri sacrifici, e forse è anche la causa dei tanti fallimenti che ne sono seguiti.

La volontà che il mondo intero riconosca che tu sia un plus-dotato.

Mussolini era plus-dotato, e uno che l’ha fatto per pura ambizione, perché non credeva in nulla. Gramsci era plus-dotato. Lenin era plus-dotato. Uomini forti che hanno fatto innamorare le masse. Come i 100mila del Grande Inquisitore di Dostoevskij, gli unici che vedono davvero la realtà, che sono disillusi, e hanno creato un mondo di illusioni, ma felice, per tutti gli altri. Insomma, il plus-dotato fa una vita di merda, e a volte anche una morte di merda. Ma questo è necessario per rimanere nella Storia. 

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