Io? M. (Con Audio)

Io? M. (Con Audio)
Lettura boomer
Voi, M. Noi, M. Ma M cosa? M chi? M di Mai?
Godetevi questo articolo, recitato e mixato da ChisseneFrank in persona

Vi presentassi Robert De Niro vorreste veramente che dicessi “Lui è Robert” mentre gli stringete la mano?

No, cavolo. Robert è una persona, ma leggenda possono diventarla anche semplici oggetti, o meglio opere, non altrettanto semplici, ma già troppe chiacchiere ci stanno allontanando dalle presentazioni.

Lui è il cambiamento, lui è il Mito, lui è M.

Certe cose non hanno bisogno di niente, forse addirittura sono sopra il loro nome, ma non le loro immagini. Perché? Perché sono fatte di immagini, nascono e non muoiono grazie alle loro immagini.

A certe cose non serve nemmeno essere scritte o dette per intero, gli basta l’iniziale: M.

M di Madre. Una pellicola che può esserla per tutti i noir e Magistrale fine della corrente artistica più famosa dei suoi tempi, l’Espressionismo tedesco. Sì, esiste. Mai visto? Visto Mille volte? Per questo si cerca di parlare di film che non fa differenza rispondiate sì alla prima o seconda domanda. Per la triade di Mosse che un’opera gioca a fare al Multiverso cinematografico che si preparano a cambiare.

Prima M. Metamorfosi. Cambiamento per l’appunto. Il Mostro di Düsseldorf, titolo intero, è un film del ’31, quindi parliamo già di parecchi film girati alle sue spalle, eppure niente sarà mai come prima dopo la sua uscita. Ogni regista che indagherà prima o poi il lato oscuro della mente umana si rifarà ad esso, forse neanche senza saperlo, perché la catena che innescherà M sarà di quelle tipo gravità, c’è ma non te ne accorgi. C’è un tizio che ha visto il film di un tizio, che ha visto il film di un altro tizio, ma dopo 5 o 6 collegamenti capisci che ha visto M e si è ispirato ad esso. Prima o poi tu sarai colpito da qualcuno influenzato da esso. Il film ti incolla così tanto alla poltrona che non so se conviene alzarti e andare a dormire una volta finito. Lang, il regista, fa apposta a farvi sentire una pallina da ping pong, sbalzati dal puro racconto per immagini di cosa succede, cioè quella diegesi che oggi ha lasciato un po’ troppo spazio alla sceneggiatura parlata, e la sceneggiatura parlata.

Mi seguite?

No, perché l’assassino lo vedrete dieci minuti dopo, quasi il regista avesse inventato lo spoiler attivo, poi, per più di mezz’ora sarete voi, come uccellini, ad indagare assieme ad una società di falliti e bigotti su un fantasma, quasi perché le chiacchiere della gente e la loro opinione contino più di 8 bambini uccisi. Perché uccisi? Il Mostro torna, dopo mezz’ora, c’è e vi mangia il fegato con la sua espressione molle, la sua delusione, la vostra, palpabili come l’impotenza dei suoi cacciatori.

Seconda M: Musica. Non ce n’è. L’unica Musica che ricorre in tutto il film è quella fischiettata dal Mostro. È lui a dirvi che arriva, come se lo Squalo suonasse gli archi che lo precedono. Il sonoro nel cinema esisteva solo da 4 anni, il primo film con suoni è del ‘27. Se pensiamo all’uso che Lang ne fece attraverso la voce degli attori, che diventa fuori campo per mostrare quello che stanno raccontando con le immagini, siamo avanti anni luce. Uso gli anni luce non a caso, rapportando oggi il modo di usare il sonoro a così poco dal suo avvento è come se Elon Musk, che ancora sta battezzando i suoi razzi, ci mandasse una cartolina da Sirio.

Peter Lorre fu un grandissimo attore. Il monologo del mostro lo catapultò in una fama senza precedenti. Ebreo, fuggi dalla Germania nazista, Hollywood lo adottò e diventò cittadino americano. Purtroppo ebbe una vita costellata di matrimoni falliti e malattie. Morì a 59 anni.

La terza M: Voi. O meglio noi, non pensiate mi esima, anzi, l’imperfezione di chi scrive è pari a quella del peggiore che possiate pensare. Non c’è una M in voi, forse nella parola, ma c’è dentro voi. Mammiferi che contengono quello spirito sinistro. Ogni tanto vuole uscire anche lui, siamo come la luna che ha una metà oscura, voi lo sapete che qualcosa in voi può svilupparsi, animarsi o anche solo essere concupita da una grottesca, Misteriosa nota che vi affascina.

Quando vi presenterò il film come fosse una persona, non dirò lui è Il Mostro di Düsseldorf, una volta preso in mano il dvd di M che come il Monolito di 2001 vi evolverà, accetterete il fatto di poter contenere dentro voi stessi una piccola traccia di un Mostro, non necessariamente cattivo, spietato e irrecuperabile, ma indivisibile dalla nostra natura, c’è solo chi lo copre meglio, o chi ha la fortuna che gli eventi non lo facciano emergere. Perché di un mostro si tratta ogni qual volta vediamo un TG, mosso da intenzioni tra le più banali, poco importa, quel che ha compiuto ci rimarrà impresso più del suo nome. Siamo sempre ignari di chi abbiamo davanti così come di cosa ha da dirci; non ce lo dice, il mostro, non vuole, non glielo permettono, eppure ha scalfito un po’ di più la nostra sicurezza, ha intaccato di incertezze il nostro risveglio di domani.

Il Mostro sa che il mondo si è ingrigito e appesantito delle sue azioni. Gli va bene così. In questo film abbiamo l’opportunità di sentirlo, vederlo prima che accada ciò che non vorremmo e quando persino un’altra faccia del male lo trova, lo ascolta sorpreso per quel che ha da dire. Il monologo finale di M è una delle prove attoriali più importanti della storia del cinema, da anello tra teatro e cinema, dà modo ancora oggi di sentire anche solo per un secondo, angoscia ed empatia allo stesso momento, cose che il cinema fa provare quando la sua essenza è arte.

In una sola parola immedesimazione, questo è l’omaggio della pellicola che ci ricorda che siamo e non siamo, che vogliamo e non vogliamo, che la nostra M, in voi, in noi, ha ancora un posto nel Mondo.

Scena simbolo del film, M che adesca una vittima davanti al manifesto che promette 10 mila marchi a chi lo trova.

C’è un Mondo, Mero Mondo di Musica e Montaggio che spazza via la Misera Mimesi della Maggior Media opinione, in un Maxi Mega Macro crescendo di “cerca, trova” dove due Mondi si giocano tutto con lo stesso fine, annullare, distruggere il Motivetto fischiettato dal Mostro perché la Misera vita dal Machiavellico Mare di Magia di cui è fatta, che facciamo ogni giorno per viverla e sbarcarla, prosegua. Nel Mirino di questa Messinscena si mette a fuoco il Moto del Magnetico, Malvagio e Maledetto teatro della nostra finzione, per portare avanti seppur consapevoli qualche Minuto al Mese, che prima o poi torneremo ad essere noi Medesimi.

La nostra vita Magistrale o Miserabile, Mediocre o Meravigliosa, Mono o Multi, di Malto o Miele, Melissa o Mimosa perché in noi finisca di vivere il Mostro. La trasformeremo, dovremo trasformarla: in vita.

Da Movente a Motivo.


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