Deiezione dalla verità nel peccato
11 giugno 2024
Al Professor Carlo Calenda –
Corso Vittorio Emanuele II, 21
Roma, Italia
Caro Carlo,
Spero tu non sia troppo sorpreso dalla mia missiva, e che la nostra rivalità non limiti il mio messaggio. Credo non servano presentazioni, ma volevo farti chiaro che, a scriverti, non è il Renzi “segretario”, bensì il Matteo compatriota, il Matteo dei giorni della Leopolda (so bene quale fosse la tua idea prima delle dichiarazioni televisive), del tempo in cui, al Terzo Polo, si stava bene, ma bene davvero. Non dirmi che hai già dimenticato le nostre serate, la musica, le pinte, il tango di Letta e Boldrini. Come non ricordare quando salvasti Speranza dall’intossicazione alimentare, nonostante, alla cucina, avessimo reso note le sue intolleranze: quel giorno ti pensai sentitamente come un eroe.
È di questo che vorrei parlarti. Siamo ora, entrambi, dalla parte lesa. Sono sicuro che tu, come me, ti senta vinto. Mi dissero di fare attenzione alla stretta cerchia degli eurocrati, che sarei rimasto scottato dalla mia ambizione. E tu, d’altro canto, hai visto con che facilità i tuoi italiani ti han fatto fuori. Avresti dovuto predirlo: non potevano rieleggerti europarlamentare, hanno bisogno di carne fresca. Sono stanchi delle nostre note sceneggiate. È un pubblico verace, che ci ha consumato ed esaurito; siamo come artefatti, soggetti a una distaccata ironia. Vinti, offesi e derisi, senza pietà alcuna per il bene che abbiamo fatto.
Ammetto che non sei il primo a cui lo chiedo; in questo momento sono in attesa di risposta da parte di Conte e della Bonino.
Penserai, così, che io sia preda della disperazione, ma riconosco in loro le nostre stesse ferite, e la nostra stessa sete di sangue.
In questi giorni ho maturato idee tutt’altro che ortodosse. La sera scorsa ho assunto sostanze di cui non vado fiero, a cui, la mia anima da scout, credeva non si sarebbe mai accostata. Ma non è questo il punto. Mi sono svegliato, la mattina dopo, in terra ostili, senza scarpe, senza un soldo. Portavo con me solo due pagine strappate, presumibilmente scritte da me di tutto pugno. Ho riconosciuto la mia scrittura, seppur più invasata.
Ti allego una copia delle pagine.
“Non è possibile.
Il popolo, mio amato, il mio partito, la mia Firenze, tutti mi hanno tradito.
Gli uomini per cui ho lottato, Loro, non hanno apprezzato la mia magnanimità. Io, che sono stato con Loro accomodante come la ribollita, flessibile come il lardo di colonnata, deciso come il lampredotto, Io, proprio Io, o Padre, merito tutto questo?
Con la mia forza vivificante ho purificato il lebbroso, l’esistente più impuro, e ho liberato l’indemoniato, il più posseduto. Ma ho fallito con Loro. La potenza dell’amore della Verità può convertire un peccatore, trasformare in santo un assassino, ma per l’uomo, che orienta la sua vita in base alla propria convenienza, non c’è nulla da fare, sarà sempre refrattario e ostile all’azione della Verità, perché non gli conviene accoglierla.
Ho combattuto, fino allo strenuo delle mie forze, per liberarli dalla loro possessione diabolica. Vano sforzo: ho lavato i piedi a tutti, ma non tutti sono mondi.
Nel loro cuore non c’è posto per me.
All’amore han preferito l’odio, alla vita la morte, alla verità la menzogna, alla luce le tenebre.
Come ho potuto dimenticare che la storia si ripete sempre due volte? Che avrebbero tradito e rinnegato anche me, venuto al mondo per rendere testimonianza alla verità?
Non voglio il suo destino, Padre. Consigliami secondo la tua volontà, di fronte a questo mistero incomprensibile. Che dovrei fare, contento il mondo, contento io?
Non voglio dover più ingoiare la pillola.
Qualcosa è cambiato in me: il demonio mi lusinga. Vedo adesso il fascino del Male, nel comprendere ormai le sve parole. Sì, mi sono sempre rifiutato di stravincere, e potevo stravincere. Mi sono sempre imposto dei limiti.
Potevo fare di questa aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Non ho voluto.
Ma, come si dice, fate del bene al villano, dirà che gli fate del male.
Un tempo avrei giurato che tutti gli uomini erano miei amici, avrei parlato di Loro con aria meravigliata. “Bisogna amarli, bisogna amarli…” avrei detto. Ma son stato cieco.
L’uomo non è propenso al bene: quale dio ve lo spingerebbe? È costretto a vincersi, a farsi violenza, per poter compiere il sia pur minimo atto non inquinato dal male. Quando vi riesce, ogni volta, egli provoca, umilia il suo creatore. Il bene è ciò che fu o sarà, ciò che mai è. La bontà non crea, e io son stato troppo buono.
Il mondo è così ingiusto.
Io faccio tutto quello che mi chiedono gli altri, penso alla busta paga dei lavoratori, all’occupazione femminile, all’abolizione di tutte le tasse, al progetto per stabilire una pace perpetua, alla creazione di un unico popolo fratello, panmediterraneo e atlantico.
E cosa ci ho guadagnato?
Ah, alla fine non mi vuole nessuno. Sono un emarginato, l’ombra di uno che non riesce a trovare una compagnia, nell’affetto degli altri. Bene! Meglio essere un emarginato fino in fondo allora.
Basta obbedire agli ordini degli altri.
Ne ho abbastanza di questo mondo e della gente che ci vive. Mi hanno sottovalutato, ma mostrerò loro che si sbagliano, eccome se si sbagliano: hanno conosciuto il Matteo docile, mi hanno creduto acquiescente, remissivo, ingenuo, arrendevole. Hanno creduto di potersi approfittare di me, magari avranno pensato di Matteo come un bischero qualsiasi, un candido e innocente scout cattolico, un credulone.
Non conoscono la mia potenza sopita.
D’ora in poi la mia missione sarà di portare il caos in quel mondo che mi ha sempre rifiutato. Diventerò il più grande criminale mai apparso sulla faccia della terra! Ovunque andrò, porterò la distruzione!
Preparatevi, cittadini d’Europa, preparatevi ad affrontare il più grande criminale mai esistito!
È passato il tempo della fanciullezza, ora sarà la stagione dell’inverno. Ricordatevi, quando vi porterò all’inferno, ricordatevi del paradiso che avete perduto.”
Hai capito che intendo, caro Carlo? Capisci che me e te insieme possiamo mettere in ginocchio il mondo intero?