I Meme uccidono la politica lentamente?
Vabbeh ma non avrete mica fretta, eh.
Gli ultimi 2 anni con la simpatica combo Emergenza COVID-19 + Emergenza guerra sul continente tra Russia e Ucraina anche il più illuso credente nel
sogno democratico
non può fare a meno di notare che il dibattito politico occidentale
si sviluppa liberamente/democraticamente
ma solo all’interno di vincoli esterni di portata geopolitica o sovrasistemica.
Il vincolo esterno
è una leva utilizzata da tempo, ad esempio in merito a questioni come i rapporti con l’Unione Europea, ma solo negli ultimi due anni quando il concetto di emergenza
è stato istituzionalizzato possiamo davvero realizzare che le posizioni, soprattutto in merito ai rapporti con la Russia o in merito alla gestione del Covid, che propongono tutti i partiti dell’arco costituzionale sono poi nel momento in cui si esce dalla narrazione elettorale
e si entra nella pratica istituzionale
, sostanzialmente identiche.
Questo avvicinamento osceno dell’offerta politica, questo collasso
dell’offerta politica, ha interessanti conseguenze sulla comunicazione: d’altra parte gli attori politici si trovano ad affrontare un problemino non da poco, cioè come si fa a comunicare in modo che l’elettorato percepisca la nostra identità se poi nei fatti dobbiamo sostenere la stessa posizione dei nostri avversari?
La soluzione per ora trovata è qualcosa di piuttosto imbarazzante: p
arlare il meno possibile di politica e toccare temi non divisivi o prendere posizioni sulla base di fatti di cronaca in modo da essere poco criticabili.
Quindi vedete Salvini condividere sei foto di pastasciutta al giorno (e chi mai può criticare un piatto di carbonara? Cosa c’è di meno divisivo dopotutto?) o la Meloni o Letta condividere e commentare ininterrottamente
fatti di cronaca trasformando la politica in qualcosa di poco più che una ENORME ASSEMBLEA CONDOMINIALE NAZIONALE
.
In questo senso in realtà il meme, che approfitta della propria perfetta compatibilità con l’ecosistema social, non è il colpo di grazia al pensiero politico, ma probabilmente il colpo di coda, forse addirittura la scialuppa di salvataggio.
e vi spieghiamo pure perchè
Il meme è il proiettile perfetto per la comunicazione politica
Unisce l’immagine di un leader politico o di una identità politica ad una emozione
, quasi sempre ad una risata, risultando abbastanza semplice da passare tra le maglie della coscienza, da surfare sulla rete social che vuole/vorrebbe espellere ogni dibattito politico, ogni concetto complesso e arriva al bersaglio, bypassando le normali difese argomentative, perché si tratta di un solo colpo tutto portato sul piano che alcuni chiamano inconscio (ma noi che studiamo lo chiamiamo trascendentale) o semplicemente ironico.
Se argomenti per smontare un meme hai perso infatti, perché nessuno ti ascolterà.
MONSOON (モンスーン) docet (教え)

Il meme pianta semi di idee nel bersaglio, colui che lo guarda e magari si diverte, che accumulandosi lo avvelenano, lo portano nella direzione voluta, ben prima che questi possa pensare di smontare, cercare dati, affermare il contrario. E diciamolo pure, perché affermare il contrario di un meme è da stupidi: la tua opinione non vale se ti ho dipinto come un soyjak. E poi il meme non lo controlli, ad una certa è lui a portarti, come ogni cosa dimostra l’impotenza del PRIMO CREATORE
.
IL MEME SI REINVENTA
e nel suo reinventarsi è inarrestabile.
Nell’epoca in cui i social decidono di ridurre la complessità di ogni idea, di eliminare tutto ciò che non riesce ad essere pop, tutto ciò che spaventa gli sponsor
, perturba il mercato, il meme è l’arma improvvisata che dirotta l’aereo, è l’attentato che mette in moto rivolte e guerre mondiali, è il grande equalizzatore che il singolo individuo radicalizzato può utilizzare.
Perché il potere costituito, il Capitale, l’algoritmo o come lo vogliate chiamare, può tutto, può calcolare tutto, può rendere cool tutto tramite qualche malato consulente di New York, può marginalizzare idee e filosofie e identità, ma una cosa non riesce davvero a fare. Non fa ridere.
E non fa ridere perché tutto quello che fa, tutto quello che vende come emancipante è sempre motivato dal bisogno di estrarre valore o profitto da qualche parte: il meme è l’arma perfetta, il potlach politico, il dono sparato nel mucchio, il Sacro che non è in vendita.
Se c’è un modo comunicativo del nostro secolo, quello è il meme. E ignorarlo è solo controproducente, tutti l’hanno capito. La guerra, dicono, si combatte là fuori con le armi; ma intanto il tweeter dell’ambasciata Ucraina posta meme, o almeno li postava. È questo il famoso meme politico? No, la guerra dei meme è sempre APPENA COMINCIATA. Perennemente all’inizio, e soprattutto guidata dai singoli. Siamo tutti soyjack quando apprezziamo un’istituzione perché posta un meme; tentano disperatamente di appropriarsi di un linguaggio che in nessun modo può appartenere loro. Ma vuoi mettere un virgin meme istituzionale
contro un chad meme antisistema di
Giovanni Lindo Memett
i o ATPSD? Questi ultimi sono i veri CIARRU!
Tutte le pagine meme buone o sono di destra o lo diventeranno.
(INTESO COME ANTAGONISMO ALL’ATTUALE ESTABLISHMENT, NON L’OPPOSIZIONE CONTROLLATA DEL SALUTINO ALL’IMPICCATO E DELLA FAMIGLIA CON SEDICI DIVORZI.)
Questo è un assioma fondamentale. E perché è sempre vero? Perché …
A) Se non sei né di destra né di sinistra sei di destra.

B) Perché la destra è l’unica a cui non frega un cazzo e si prende in giro da sola, con molta poca formalità. Ovviamente per la legge (A) diamo ragione a tutti quelli che dicono “gne gne l’umorismo non è politico” e gli diciamo, con il sorriso del gigachad “Yes”.
È tutto nostro
“Va bene, facciamo finta che questo discorso fili. Ma il singolo?”
Ecco il nodo. Quando un meme fa molto ridere, come l’opera d’Arte che è molto apprezzata, è perché riesce ad esprimere quella che è una singolarità in cui rispecchiarsi. Questo è il motivo per cui molti meme, anche tecnicamente ben fatti, ma che riprendono solo una vaga nostalgia dell’infanzia, non saranno mai belli quanto un meme che esprime una verità sulla vita (anche lapalissiana, ma proprio perché è meme, divertente).
E ora che tanto si capisce che alla urne non si cambia nulla, l’attivismo social è tutta una farsa, l’attivismo sul territorio pure è una farsa perché gestito da associazioni pagliaccio sistemiche (la maggior parte delle volte), rimane una sola strada: divertirsi col proprio gurppo di amici, anche virtuali.
Perché se la politica è l’arte dello stare insieme, come definizione più nobile e genuina, non può che passare per il meme.
E, caro Zucc, se a me fa ridere dire negro, frocio o finocchio lo dico. Perché tutti i miei negrossi sono d’accordo con me!
Quindi, non so voi, ma a me i videogiochi piacciono.
Quindi quando invito i ponfi a casa, prendiamo i nostri Joystick e ci mettiamo a fare un bel tutti contro tutti a qualche FPS e sticazzi se si abbassano i frame – noi ci insultiamo, ci divertiamo, e siamo felici con poco.
Finita la partita. Cellulare, social (generico) e meme:
Ma guarda questo qua! Ah, ma ti ricordi che è successo ieri con … Sì, avoja mo’ ci faccio un meme. E su questo siamo skillati (Picsart e Photoshop). Si mema nel piccolo, ma poi anche nel grande: dopotutto siamo BLAST!
E non ci serve il sistema, perché il sistema lo facciamo noi con le immaginette sull’etere. E se qualche istituzione o qualche big li condivide ben venga, ONORE
ai nostri occhi e a quelli dei suoi fan.
Memizzare il politico per renderlo accessibile – memare per reinventarlo!
Perché il miglior modo per non essere noiosi è non parlare di cose noiose o semplicemente stupide. La chiamata del BASED DEPARTMENT
al dovere è arrivata: rispondete alla cornetta e iniziate a giocare anche voi a questo gioco
.
Il meme non sta uccidendo la politica, il meme sta facendo l’impossibile per salvarla.
Unisciti alla lotta:
Memento memare sempre, nel dubbio mema, memare e memeremo!