FILIPPO TOMMASO MARINETTI, MANIFESTO DEL FUTURISMO, 1914
10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.
Dissacrare è la nostra missione. Abbattere i monumenti che sembrano più durevoli del bronzo.
Non è cultura della cancellazione o cancellazione della cultura. È abbattimento rigenerante.
Significa donare nuova linfa vitale a un panorama artistico-intellettuale completamente atrofizzato.
I rotocalchi di questo mondo brillantinato, in cui abbiamo avuto la sventura
di vedere la luce, hanno classificato la torta in faccia alla Gioconda con due penose banalizzazioni che tanto dicono su questa classe di malnati che è l’intera categoria giornalistica.
Alcuni, infatti, si sono limitati a parlare di un ingiustificato atto di vandalismo
.
Altri, invece, ci hanno visto lo zampino degli ambientalisti, levando ancora alto lo slogan ormai spaventosamente demodé (o antiquato, per usare un sermo accettabile) del salvare il pianeta
e vacuità varie.
Ma voi vi ricordate Marcel Duchamp? Il grande teorico dell’arte preconfezionata e pronta all’uso? Certo che lo ricordate. I suoi lavori straripano nei musei e nei manuali di storia dell’arte, pronte ad essere oggetto di storie Instagram e dell’ammirazione di migliaia di spettatori ineducati all’arte, intenti a sbavare su qualsiasi pseudo-innovazione artistica. In verità io vi dico:
«La Gioconda è così universalmente nota e ammirata da tutti che sono stato molto tentato di utilizzarla per dare scandalo. Ho cercato di rendere quei baffi davvero artistici».
M. Duchamp
L’acronimo L.H.O.O.Q., titolo di una delle sue opere più celebri, letto alla francese riproduce la frase Elle a chaud au cul, cioè, Lei ha caldo al culo. È la semplice riproduzione della Gioconda leonardesca con baffi e pizzetto.
Ora, il punto di partenza di Duchamp è giusto.
Dissacrare. Contestare il conformismo.
Asserire che qualcosa non è bello solo perché piace indiscriminatamente a tutto il grande pubblico, ma è bello perché è figlio dell'Arte
. In questo caso, del genio indiscusso di Leonardo Da Vinci.
E aggiungo: la Gioconda – che certamente ha un fascino che travalica i secoli – non è la più grande opera di Leonardo, né dal punto di vista estetico, né dal punto di vista tecnico, eppure i curatori del Louvre le hanno donato uno spazio tutt'altro che secondario, rendendola forse la maggiore attrazione del colossale museo parigino.
La contestazione, l’anticonformismo e un pizzico (non abbastanza) di Futurismo. Tuttavia manca la fisicità della contestazione. Il vero atto di ribaltamento violento. La torta in faccia. Ma stavolta alla vera Gioconda, non a una sua riproduzione.
Quali siano le ragioni del giovane falso invalido che ha imbrattato la Gioconda NON CONTANO. Conta l'atto. E come lo interpretiamo.
Quest’atto è la continuazione di Duchamp. La sua messa in pratica.
La Gioconda
non solo ha caldo al culo, ma ha anche fame. Ha fame perché da secoli – salvo la parentesi del rocambolesco rapimento
(e, si badi, non furto) – è chiusa in quella prigione ghiacciata che è il Museo del Louvre
. È esposta senza tregua allo sguardo indiscreto di cinghiali
di ogni genere.
Nascondiamo i dipinti, disseminiamo il mondo in luoghi sperduti del globo.