Ha vinto questo Lynch.
Regista che non ho mai amato e che permette a due mondi di affacciarsi non l’uno sull’altro ma sulla coscienza del suo spettatore investendolo di un’emozione oscura , malvagia che si libera alla prima domanda, alla prima visione di un suo archetipo d’immagine, e movimento, come solo Lynch sa girare. Perché su questo tutti d’accordo, come lui non ce n’è. Se l’onirico fa da sfondo per una trama surreale, Lynch n’è sicuramente padrone e pioniere. Mantenendo quel gioco sospeso tra cosa vuole il protagonista e cosa non può volere perché la mente in sogno non si controlla, da far sembrare il puro surrealismo di Buńuel fine a se stesso.
Mulholland Drive è un film del 2001 totalmente ignaro di ciò che stava per creare, e ne ha create di cose. A partire dall’indignazione che ho mantenuto per esso per anni, forse quelli ruggenti della mia vita, troppo giovane per giudicarlo e acerbo per vederlo.
Oppure no? Diccelo tu ChisseneFrank penserete correttamente.
Qui il pensiero non vi servirà, avete un unico amico ed è nascosto nel profondo della vostra metà oscura. È un uomo, dietro al vostro luogo particolare, che vi aspetta dietro un muro.
Non sarà la luce del giorno a salvarvi da lui.
Torniamo indietro a quando Rita è in casa con…
Ripensando, a volte, Lynch ha effettivamente vinto quando viene fuori con un film a inizio millennio che potrebbe segnare il debutto di un nuovo filone e messaggio di cambiamento del modo di fare film; anche di guardarli, perché quando affermo che Lynch ha vinto non intendo premi o posizioni da N° 1 nelle classifiche dei migliori film di tutti i tempi.
Affermo che per quanto due, o mille persone che siano, riprendano le strade di Betty e Rita e cerchino di dipanare la trama esprimendo tutta la loro teoria, Mulholland rimane un capolavoro dell’inconscio e di per sé un’inconoscibile verità se non per mezzo della propria interpretazione.