Diluvia. Fa un freddo cane e non dormo da giorni.
Altra stecca di cioccolata al Pervitin, mi darà qualche ora in più di lucidità. I due bastardi del SIFAR che l’Agenzia ha mandato a prelevarmi non sono più un problema. Una breve sosta a una cabina telefonica di provincia. Il pettinato fa cenno al napoletano di avvicinarsi.
Due battute.
Dal loro sguardo misto di preoccupazione e intesa ho capito che le cose non si mettevano per il verso giusto. Ho agito d’anticipo.
Ho estratto la mia Walther PPK e ho aperto il fuoco. Mi sono sbarazzato dei cadaveri gettandoli nel Lambro. Il rumore degli aerei avrà coperto gli spari, ma non ho molto tempo, bisogna che mi sbrighi.
Qualcosa è andato storto e ora sarò io a rimetterci la pelle. Ho ancora una macchina, la Svizzera non è lontana. Territorio neutrale, fuga, poi penserò a come metterci una pezza. Metto in moto. Imbocco l’autostrada. Alla radio mandano la voce di Mina. Nulla fuori dall’ordinario. Nessuna notizia dal radiogiornale.
Più chiaro di così...
NESSUNO HA UCCISO ENRICO MATTEI
Icaro ha toccato il sole e non è precipitato. Com’è possibile?
Ho abbondato con il plastico, ce n’era fin troppo. Qualcosa non ha funzionato con l’innesco? Io e il francese con cui ho preparato il lavoro abbiamo provato e riprovato il piano con la fedele riproduzione del Morane-Saulnier MS-760 che abbiamo approntato nelle campagne catanesi.
TAC. Carrello su. Bomba armata.
TAC. Carrello giù. Detonazione.
No, no, non è colpa mia. Sono mesi che mi preparo a questa notte, quasi tre lustri che sudo sul dossier del Gran Visir dell’industria petrolifera italiana, che ne studio le mosse, i comportamenti, il carattere. So tutto di lui. Lo conosco come un fratello.
Potrei riprovare. Ma l’Agenzia non me ne darebbe l’occasione.
Anni di onorato servizio non valgono nulla se sbagli a mettere la palla in buca al momento decisivo. Lo sa anche quel bastardo di Earl, pace all’anima sua, che con il fallimento dello sbarco alla Baia dei Porci è “stato suicidato”. E lui non era un mangia-spaghetti come me. Non mi tratteranno certo meglio.
Se hanno detto a quei due ceffi dei Servizi Italiani di eliminarmi sul posto è perché ci hanno scoperto. La situazione in Agenzia non deve essere tranquilla.
Già vedo i titoloni sui quotidiani.
Sventato attacco al Presidente Mattei! Chi ha messo la bomba?
Sul Giorno, il megafono del neo-regime, questa volta andranno giù pesante. Giro di vite. Mattei farà saltare altre teste all’ENI. Fallire questo colpo non è significato solo sprecare un po’ di esplosivo.
Vorrà dire più potere al Presidente e in questi giorni ne vedremo già gli effetti.
Si monterà la testa più di quanto non abbia già fatto.
È uno che non si lascia intimorire, troppo sicuro di sé. Avrà smanie e deliri di onnipotenza inediti.
Il Cane a Sei Zampe ha le sue orecchie e i suoi occhi dappertutto, soprattutto nella Penisola. Scommetto anche che qualcuno dal KGB gli ha fatto una telefonatina. I sovietici devono proteggere gli accordi bilaterali con l’Italia: materie prime in cambio di prodotti finiti. Nessun mediatore estero, nessun profitto privato, zero controllo americano, niente di niente.
Mosca ha tagliato fuori l’Occidente e ha trovato una sponda nell’Italia, che si diverte a fare il battitore libero. La NATO è completamente esclusa dai giochi. A settembre ho letto un dossier dei colleghi inglesi dell’MI6. Anche a Londra se la fanno sotto.
Ci ho messo sette anni per fare l’apertura a sinistra, non ce ne metterò altrettanti per far uscire l’Italia dalla NATO e farla aderire alle potenze neutrali, tradotto su per giù.
Sono parole del Presidente, riportate ai britannici da un uomo d’alto profilo italiano, con stretti contatti con lui e un ruolo attivo nel settore degli idrocarburi.
Ho subito pensato a quel viscido di Eugenio Cefis. Vice-presidente ENI con ambizioni non troppo velate… Lo capisco, controllare l’Ente equivale a controllare il Paese di questi tempi. Stato nello Stato, l’ex Agip ha troppo potere, troppa autonomia decisionale. Cefis era un ottimo candidato sostituto e, per quanto personalmente lo ritenga disgustoso, rappresentava una garanzia al mantenimento degli equilibri internazionali che Mattei e il suo corso stanno con grande impegno minando.
Dopo questo errore madornale anche lui dovrà fare le valigie. Sarà rimpiazzato da un uomo vicino al Ragioniere. Ho combinato proprio un bel casino.
Ma dove cazzo sono finito? Devo aver sbagliato strada.
La pioggia si è fatta, se possibile, ancora più intensa.
Esco dall’autostrada all’altezza di Melegnano. I miei occhi stanno aperti per miracolo, fatico a restare sveglio. I fari dell’Alfa Romeo 1900 in dotazione agli uomini dell’intelligence italiana illuminano a malapena la strada. Il paesaggio padano, già di per sé quasi sempre uguale a se stesso, è un mare di oscurità indefinito nel quale sguazzo alla cieca.
Che situazione tremenda.
Maledico me stesso e quel gattino idiota di Mattei. Già, gattino. Si spaccia per uomo di Dio, parla per parabole e aizza il popolino, ma lotta contro la Pace, la Stabilità, unici argini alla Terza Guerra Mondiale.
Questa storiella del micino
è andata a raccontarla ai microfoni dei giornalisti. L’ENI sarebbe come un piccolo e debole felino, tagliato fuori dalla mangiatoia globale dell’oro nero per colpa di qualche vecchio mastino prepotente.
Balle.
Mattei è solo una testa calda che ha ambizioni da dittatorello, dei destini della gente non gli importa nulla.
Dove può andare l’Italia da sola?
Cos’è l’Italia senza Occidente, senza la protezione dell’ombrello atomico statunitense?
Non capisce che rischiamo l’invasione comunista?
Abbiamo perso una guerra non troppo tempo fa proprio perché abbiamo provato a giocare a fare i grandi e adesso questo pazzo pensa di poter rifare la stessa cosa senza conseguenze.
Che idiota.
Prima si mette a pestare i piedi ai britannici trattando con lo scià di Persia per superare il fifty-fifty sui ricavi dell’estrazione, proponendo invece al Paese che ospita le trivelle di trattenere ben più della metà del greggio ottenuto, sfiorando la quota del 75% del totale.
Poi finanzia i terroristi algerini del Fronte di Liberazione Nazionale per contrastare gli affari francesi in Nordafrica ed estendere oltre a Libia ed Egitto il suo margine d’azione sul continente Nero.
Ecco, l’ENI non è un gattino, è uno sciacallo, che si aggira nel deserto a mangiare i resti di ciò che lasciano i leoni e adesso pretende di essere parte ammesso nel branco senza averne titolo. Va rimesso al suo posto. È necessario per l’equilibrio mondiale.
È per questo che l’eco del mio insuccesso travalicherà i confini dell’Italiosfera. Mattei è il simbolo di tutto ciò che combattiamo, è il nemico del mercato libero, della libera iniziativa, un lupo socialista tra le pecorelle DC, punto di riferimento soprattutto per gli Stati arabi e per quelle Nazioni che rifiutano la logica della contrapposizione dicotomica tra blocchi. È un altro alfiere, al pari di Nasser, del mondo multipolare che mi auspico di non arrivare mai a vedere. Di poli ce n'è uno di troppo e aggiungerne altri equivarrebbe alla distruzione totale, ad una fine della storia che nessuno sano di mente sognerebbe mai di auspicare.
Un cartello segna Bascapè
. Sono nella più piena campagna lombarda. In paese si compone di una strada principale, che lambisce un’ampia piazza rettangolare. Un crocchio di case e una chiesa. Non c’è anima viva. Solo un vecchio signore è seduto sotto la pensilina dell’autobus, accanto a una cabina telefonica. Giaccone pesante, galosce, guanti; un cappello a tesa larga inzuppato fradicio gli copre parte del viso, afflosciato com’è. Trasale al mio arrivo. Mi scruta. I nostri occhi si incrociano, ma è solo un istante. Passo via tranquillo e lui sparisce nella notte.
Mi lascio indietro le poche abitazioni del paese. Procedo verso ovest, ma lungo la strada sterrata si incontra una cascina che la chiude. Cancello sbarrato. Tocca fare inversione. Rumore di macchine. Maledizione. Spengo i fari e procedo con cautela. Devo ripercorre la via che ho fatto, per 500 metri ho le spalle al muro. Sono due automobili scure, escono dal paesino. Sembrano non vedermi quando all'ultimo mi vengono incontro. L'Agenzia, sicuro.
Esco, dalla vettura e mi butto in un canale.
Breve conta delle munizioni. Il rumore dei motori si ferma. Mi rimane un solo proiettile. Escono dalle dai loro mezzi. Ansimo. Sono sei. Troppi anche per me. Marciano nella mia direzione. Che fare? Urlano qualcosa in italiano.
UMBERTO MALIMBERI, ESCI FUORI, MANI IN VISTA.
Cazzo, cazzo, cazzo.
CONSEGNATI E NON TI FAREMO DEL MALE, VOGLIAMO SOLO FARE UNA CHIACCHIERATA. IL PRESIDENTE NON TI VUOLE MORTO.
Il presidente?
SEI UNA VALIDA RISORSA PER IL PAESE, ABBIAMO UNA PROPOSTA DA FARTI.
Merda. Questi sono nel libro paga dell’ENI. L’Ente si è consolidato abbastanza da organizzare una propria rete di spionaggio e controspionaggio. Come dicevo, Stato nello Stato. Nessuna chiacchierata. Non ci andranno tanto per il sottile e se non parlo subito troveranno il modo di farmi cantare. È finita.
Guardo il cielo. Accarezzo la mia Walther PPK. La pioggia sembra essersi affievolita. Appoggio la canna dell’arma in bocca.