Non avevo mai ascoltato Rino Gaetano/Vicolo dei fichi

Non avevo mai ascoltato Rino Gaetano/Vicolo dei fichi
Lettura boomer
Giuro non sono terrone. La verità è che il papà di mia nonna era del Sud.

Premessa

Terronissimo, va detto, originario di uno di quei paesini così terroni da farti sospettare seriamente che tutta la società dei grattacieli e dei tram concepita al di fuori di essi fosse reale. E, in effetti, al di fuori di quel paesino, al di fuori di quel profondo Sud, dubito che qualcosa sia reale. Paradossalmente ora l’unica realtà che concepisco è quel paesino dove il tempo sembra essere totalmente immobile. Lasciò il Sud, non saprei dire perché, e sposò una padana. Mia nonna di terrone non ha nulla. Mangia non più tardi delle 19, era una gran lavoratrice, ama la polenta e – cosa più settentrionale di tuttiodia i terroni.

Capitolo I: Estate

Finalmente è estate. L’estate mi sorprende sempre. A me sembra di essere vivo solo d’estate. Solo quando mi ingozzo di gelati. Solo quando il sole è così asfissiante da schiaffarmi violentemente sul divano e appiccicarmi al cuscino con l’aria condizionata a palla piantata sul collo. Io, se fossi Dio, darei a tutti una perenne estate. Per me la Venuta del Regno non può che essere la più splendida delle estati e i dannati non possono che essere condannati al più lacerante inverno. Dante doveva pensarla come me quando ha scritto la Commedia: Lucifero è incastrato nel ghiaccio.

L'estate nella Bassa Padana, invero, fa abbastanza orrore vista da fuori. Afa, mosche, zanzare. Ma c’è sempre il Po, il colore dorato dei campi, l’aria rarefatta che sgretola i monumenti e li trasforma in visioni. C’è un alone metafisico, astratto, deliziosamente irreale. Sembra che tutto sia oro o deserto.

D’estate, si sa, ogni cibo ha un altro sapore, ogni sentimento infiamma di più e ogni profumo diventa un’estasi. C’è un vicolo, a due passi da casa mia, appena dopo la chiesa dove sono stato battezzato, dicevo c’è un vicolo di cui non riesco mai a ricordarmi il nome. Non sono mai stato forte con la toponomastica. Per me ogni luogo si riconosce non con un nome, ma con una statua, con un particolare, un odore, o magari un ricordo. Io lo chiamavo Vicolo dell'amore, o Vicolo dei fichi.

Capitolo II: Vicolo dei fichi

Vicolo dei fichi era una strada brevissima, sarà lungo al massimo una decina di metri. Ciottolato malconcio e marcipiedi accennati con del cemento che sembra buttato lì per caso. Un vicolo di cui metà dei miei concittadini non conoscono l’esistenza. Lo chiamo Vicolo dei fichi perché, si potrà intuire, si scorge un fico, passandoci. Quel fico spunta da un vecchio monastero. Ora il monastero è in vendita, chissà che succederà a quel fico. Un anno fa ci fu un incendio nel monastero ormai diroccato e in disuso da decenni. Il fico si salvò. Non sono mai riuscito a mangiare nessuno di quei fichi: la pianta era troppo alta, inaccessibile, e non potevo arrampicarmi perché era dall'altra parte delle mura. Ci ho rinunciato da tempo.

Poco tempo fa, attraversando ancora una volta il vicolo, ho visto che il portone del monastero era stato forzato. Pensai alle vergini che dicevano il Rosario al tramonto, e non entrai, rinunciando ancora ad assaggiare quei fichi. Du laitage et des fruits: c’est le repas de l’innocence.

Capitolo III: Vasche

Due volte al giorno, ogni giorno d'estate, attraversavo il vicolo. Me l'ordinavano latte e frutta. L'estate chiede sempre in pegno un amore.

Un giorno, nel vicolo, trovai una decina di fichi per terra. Come accade ai frutti troppo maturi e non raccolti, erano caduti per terra. Erano quasi tutti fracassati, gli altri molto ammaccati. Erano destinati a non generare nulla, né prole né sapore: erano caduti tra i cemento e il ciottolato. La loro fine infeconda mi aveva turbato profondamente. Quei frutti simbolo di fecondità e amore non avrebbero prodotto nulla. Signum apocalittico.

Nell'estate della siccità e dell'infecondità quei frutti caduti erano forse il presagio della fine dei tempi?

Ma a un cuore innamorato la morte non creava angoscia. Dei fichi sentivo soltanto il profumo ancora più accentuato dalla loro vicinanza. E la loro frammentazione, conseguente alla caduta, aveva sprigionato ogni aroma. E così riempivano il vicolo del profumo che io inevitabilmente cominciai ad associare all’amore.

Nelle settimane i fichi marcirono, vennero pestati, schiacciati dagli operai che lavoravano nel vicolo e martoriati fino alla fine dell’estate. Ma il profumo era rimasto nei brandelli di fico rimasti attaccati ai ciottoli, nei bordi tra i muri e il marciapiede, nelle fessure dei tombini.

Capitolo IV: Autunno

Settembre, andiamo, è tempo di migrare. Poi ottobre. Novembre. La mia casa venne inghiottita dal buio, l’umidità e il freddo mi tranciavano i polmoni, i campi vennero invasi da fiumi di nebbia, le strade nascoste.

Del vicolo più nessuna traccia.

Ogni giorno prendevo il treno per andare a Milano. E ogni sera, al mio ritorno, tutto si faceva più tetro, più tossico, nascosto. Ma la mia strada, la sera, rimaneva la stessa. E così, senza vederlo, continuavo ad attraversare Vicolo dei fichi.

Mi mancava il caldo. Pensai che al Sud il profumo dei fichi si deve sentire ancora più forte di come l’avevo sentito io a luglio, nella mia bella estate. Pensai che al Sud il profumo dei fichi si deve sentire tutto l’anno.

Per forza.

Attraversavo il Vicolo dei fichi tutte le sere. Il profumo si sentiva ancora un pochino, ma sempre di meno. E se a settembre potevo ancora chiamarla estate, a ottobre divenne ricordo, e a novembre nostalgia.

Capitolo V: La fuga

Ad esempio a me piace la strada
Col verde bruciato, magari sul tardi
Macchie più scure senza rugiada
Coi fichi d'India e le spine dei cardi...

Ma è la mia storia! È il mio vicolo! La strada, il tramonto, le macchie dei fichi marciti per terra. Mi conosce! Cos’è?

Non avevo mai ascoltato Rino Gaetano, ma la fine dell’estate si rivelò il momento migliore della mia vita per scoprire quei versi e quelle note di patetica melancolia. Erano le mie parole, i miei profumi, i miei pensieri. La mia estate necessaria. Il respiro che mancava.

...Ma come fare non so
Sì, devo dirlo, ma a chi
Se mai qualcuno capirà
Sarà senz'altro un altro come me...

Ne ascoltai alcune altre. Non molte a dir la verità. Ma le poche che ascoltai mi piacquero molto. Ma il titolo della prima mi era rimasto impresso.

Ad esempio a me piace il Sud.

Certo. La soluzione. La fuga.

Capitolo VI: Sud

Finalmente sono dove i fichi odorano sempre. Dove non mi può più sorprendere l’autunno. Dove c’è sempre il sole. Dove si vede tutto. Dove non c’è mistero. Dove non c’è tenebra. Dove è tutto oro. Dove i fichi odorano sempre. Dove non può sorprendermi l’inverno. Dove il cielo è sempre azzurro. Dove le nuvole non turbano mai la normalità. Dove tutto scorre senza accidenti. Dove i fichi odorano sempre. Dove non può sorprendermi la primavera.

Dove i fichi odorano sempre. Dove non può sorprendermi l'estate.

A pensarci bene, il vicolo si chiamava Vicolo San Marco, ma a me piace chiamarlo Vicolo dell'amore, o Vicolo dei fichi.

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