BLAST: Chi sei? Che lavoro fai?
PAOLO SIZZI:
Sono Paolo Emanuele Francesco Sizzi, classe 1984. Sono di Brembate Superiore, secondo una dicitura un po’ arcaica che preferisco (oggi Brembate di Sopra), in provincia di Bergamo. Attualmente lavoro nella grande distribuzione, ma ho anche maturato esperienze come docente di italiano e storia.
Mi piacerebbe ottenere l’abilitazione nell’insegnamento, ambito delle discipline letterarie per gli istituti secondari di primo e di secondo grado, a patto che ciò non comporti una rinuncia – per ragioni ideologiche – alla mia grande passione (meta)politica e culturale.
Non abbandonerò le vesti che indosso con orgoglio con tanta facilità!
BLAST: Come hai avuto la tua conversione al lombardesimo e come è maturata la tua ideologia nel tuo percorso di vita?
Paolo Sizzi:
Ho sempre avuto per i natali una certa sensibilità identitaria e tradizionalista che quando ero adolescente e post-adolescente si incanalava più che altro in un ambito reazionario cattolico e tradizionalista. Attorno ai vent’anni, ho preferito indirizzarla nel campo etno-nazionalista. Grazie a internet e ad alcuni forum ho potuto scoprire alcune opere fondamentali per gli etno-nazionalisti di lingua italiana, come quelle di Federico Prati, Silvano Lorenzoni e direi anche Gilberto Oneto, ideologo della vecchia Lega secessionista. Ho potuto conoscere così anche altre persone che avevano i miei medesimi interessi, e grazie a queste sono riuscito ad affinare quella che era la mia ideologia di partenza, di stampo reazionario. Da lì poi è partito a mo’ di trampolino di lancio tutto quello che invece riguarda il lombardesimo, che è un po’ una mia creazione.
Si tratta proprio di applicare i dettami etno-nazionalisti (Sangue-Suolo-Spirito) al contesto lombardo, conditi di un sano spirito indipendentista.
BLAST: In tutto ciò, l’antropologia fisica e la craniometria, di cui ti interessi, che ruolo hanno?
Paolo Sizzi:
Dal mio punto di vista non può esserci identitarismo senza istanza etno-antropologica. Non sono un nazionalista civico, non sono un identitario da un punto di vista meramente culturale, ma credo che la biologia sia fondamentale e per questa ragione lo studio dell’antropologia fisica e della genetica delle popolazioni torna decisamente utile. Coniugare l’identitarismo con la sensibilità biologica, che l’antropologia fisica studia direttamente, permette poi di declinare al meglio anche la visione politica. Non penso, dunque, ci possano essere Suolo e Spirito senza Sangue.
BLAST: Perché reputi l’identità locale degna di essere difesa? Perché metterla al centro del tuo impianto ideologico?
Paolo Sizzi
Anzitutto preferisco chiamarla identità nazionale, perché concepisco la Lombardia come una nazione storica.
E alla luce di questo devo dire che la riscoperta identitaria è decisiva, fondamentale, per il fatto che viviamo in un’epoca globalizzata e mondializzata, in cui purtroppo gli individui vengono spediti nel tritacarne della Storia scritta dai vincitori.
Individui intesi anche come insieme, che si fa collettività, comunità, popolo e nazione.
Di fronte alla minaccia della distruzione e dell’alienazione rappresentata da una società sempre più globalizzata, mondializzata, standardizzata, l’identità rappresenta un solido baluardo. Permette infatti di preservare valori e principi sani, di contrastare quindi quel nichilismo che viene portato avanti da una società dei consumi capitalista e prostrata di fronte all’unipolarismo e all’imperialismo americani.
Il crogiolo dei popoli produce un laido omogeneizzato che va soltanto a rimpinzare la pancia del grande capitale apolide.
Una robusta coscienza identitaria e tradizionalista rappresenta dunque un antidoto ai tempi moderni, a difesa di valori veri e sani principi.
BLAST: Perché hai scelto internet e il medium audiovisivo per la tua attività politica?
Paolo Sizzi
Stavo carezzando anche l’idea, magari in futuro, di scrivere qualche libro in merito. Devo dire, infatti, che ho scelto la rete conscio della sua portata, per il fatto che, in particolar modo, raggiunge i più giovani. Raggiungere i più giovani col messaggio identitario è oggi fondamentale e internet, tanto a livello di reti sociali quanto di canali, come Telegram o YouTube, permette di arrivare ad un gran numero di persone, in massa, soprattutto di giovane età.
Queste rappresentano il futuro e una volta accostate alle tematiche che mi stanno a cuore, possono a loro volta portare frutto, impegnarsi, studiare, darsi da fare ed esporsi, cosicché possano diventare sale della terra e cercare di sensibilizzare il resto della popolazione, a mo’ di esempio e modello per tutti. Tutto ciò anche per cercare di contrastare nel proprio piccolo, e poi a livello comunitario, quelli che sono i veleni del mondialismo e della globalizzazione, al giorno d’oggi sono esiziali.
Questi rappresentano la distruzione e lo spaesamento che purtroppo stanno mandando in malora una società già di per sé decrepita e decadente, quale è quella europea.
BLAST: Noi crediamo nel potere sovversivo dei meme e della rete in generale. Sei, quindi, d’accordo con noi?
Paolo Sizzi
Sorrido perché, anche un po’ per la mia età, non ho un particolare potenziale memistico. Devo tuttavia riconoscere che molti di quelli che posso definire seguaci o simpatizzanti nel tempo ne hanno sfornati di ghiotti.
Quindi in effetti, adesso che lo dite, è di certo interessante il potenziale di questi meme, perché rappresentano un modo alternativo per cercare di diffondere al meglio il nostro messaggio.
Infatti, fanno breccia in particolar modo nel mondo giovanile, che sto toccando sempre più con mano. Parecchia gente che conosco anche di persona e che ha sensibilità analoga alla mia è molto giovane. Questo è un balsamo per il cuore e naturalmente rappresenta anche una speranza per il futuro dell’ideologia lombardista. Avete fatto bene a citare proprio questo capitolo meme.
BLAST: Dalla politica alla cultura cos’è cambiato? Perché hai lasciato il tuo movimento e com’era strutturato?
Paolo Sizzi:
Noi – dico noi perché non mi do del plurale maiestatis, ma mi riferisco anche al sodale storico Adalberto Roncari e ad altri – abbiamo fondato due associazioni: il Movimento Nazionalista Lombardo nel 2011 e Grande Lombardia nel 2013.
A livello di Statuto erano, anzi, sono, nel caso di Grande Lombardia, associazioni politiche.
Però non è che noi si abbia militato più di tanto a livello politico: non abbiamo mai preso parte a competizioni elettorali quindi non potrei dire che abbiamo fatto effettivamente politica. Abbiamo sempre cercato di coniugare il lato culturale con quello più che altro meta-politico in una sorta di narrazione della politica in sé.
Di questi due soggetti uno è stato disciolto nel 2013, l’altro, Grande Lombardia, è tuttora esistente, ma io l’ho lasciato nel 2014. Fermo restando che sono un lombardista convinto e che continuo a portare avanti l’ideologia etno-nazionalista, ho pensato però che fosse il caso di indirizzarsi più che altro verso la cultura, quindi anche sui miei canali prevalentemente mi occupo di quel tema. Idem per quanto riguarda il blog che gestisco.
Per un semplice fatto: non si può fare una seria politica lombardista se manca la cultura lombardista. Significherebbe mandare allo sbaraglio gli elettori lombardi senza dargli l’opportunità e gli strumenti per comprendere la nostra linea politica. Perciò attualmente, per quanto non rinneghi nulla, sto cercando di portare avanti un impegno più culturale che politico.
Come Grande Lombardia stavamo, in ogni caso, pensando di riorganizzare le forze.
Potrei anche tornare a far parte concretamente del gruppo,
conciliando il versante culturale con quello ideologico e militante. Lo stacco tra politica e cultura c’è stato quindi per ragioni anche logistiche, di opportunità e per una certa mancanza di risorse, di uomini e di agganci che, in chiave politica, servirebbero per foraggiare un eventuale partito.
Le associazioni erano strutturate in maniera molto basilare: c’era un presidente nazionale, un segretario nazionale, eventuali coordinatori regionali. Queste strutture sono rimaste sempre un po’ in fieri per il semplice fatto che non si è mai raggiunto un grandissimo numero. Eravamo sempre stati più di nicchia che altro, e per questa ragione l’organigramma era piuttosto elementare.
Le attività di cui ci occupavamo erano incentrate sul virtuale e corroborate da una serie di interviste che avevo fatto quando ancora mi occupavo del vecchio canale del tubo dei Lombardisti. Il fine era cercare di radicarsi anzitutto nella coscienza dei giovani Lombardi, con tematiche che potessero essere più interessanti e meno prosaiche della mera politica.
Il rischio, senza retroterra culturale lombardista, è di ridursi a fotocopie della Lega Nord, come capita ad alcuni soggetti diciamo autonomisti di area Lombarda, che diventano un carrierificio in tredicesimi per tentare di regalare poltrone a qualcuno, senza incidere in nessun modo, perché i risultati elettorali finiscono per assomigliare a dei prefissi telefonici.
BLAST: Qual è il tuo rapporto con la stampa e la televisione? Perché hai deciso di esporti di fronte a dei microfoni decisamente ostili in più occasioni e senza trarne apparente beneficio?
Paolo Sizzi:
Un po’ per malcelato narcisismo, diciamolo pure, ma, soprattutto, per una questione di opportunità e di visibilità dei soggetti politici in cui militavo, per il fatto stesso di propagandare gli ideali etnonazionalisti e i principi del lombardesimo.
Ero ben conscio, tuttavia, di ciò a cui andavo incontro e ho accettato sapendo il rischio del taglia-e-cuci, della faziosità e delle strumentalizzazioni.
Ho sempre pensato che sia giusto esporsi e dare il buon esempio, di sfruttare più canali possibili per portare a più persone la conoscenza della tematica lombardista e dell’ideologia etnonazionalista. Per questo mi sono anche fatto intervistare da La7, dalla Zanzara, da il Post, cioè da chi ha chiaramente una certa agenda politica e una certa impostazione.
Ho cercato di trovare del buono anche in quello che poteva sembrare marcio, perché l’idea di fondo del sottoscritto è sempre stata quella di diffondere nella maniera più capillare possibile le mie idee, più che il semplice protagonismo.
Lavorativamente parlando non ci ho guadagnato.
Se, infatti, dovessi imboccare definitivamente la strada dell’insegnamento potrebbero sorgere problemi nel cercare di coniugare il lato ideologico-propagandistico con quello lavorativo-professionale (come è accaduto)
Anche per questa ragione al momento lavoro in altro settore. Non voglio rinunciare a quello che sto facendo a livello culturale e quindi convintamente lo porto avanti.
Credo che un lavoro non debba rappresentare un sacrificio delle proprie idee, dei propri valori, dei propri princìpi e quindi, per quanto l’ideale sarebbe di conciliare i due aspetti, bisogna comunque capire che il lombardesimo potrebbe essere poco compatibile con certi ambienti. Pur chiaramente tenendo separate la sfera politico ideologica da quella lavorativa, non intendo fare violenza a ciò in cui credo e a ciò che propago.
Nel suo piccolo questo impegno rappresenta anche una ragione di vita per il sottoscritto. Io amo la Lombardia (quella vera).
BLAST: Nella già citata intervista a La7, alle invasioni barbariche, affermasti di non aver mai visto il mare. Sono passati dieci anni. È ancora così?
Paolo Sizzi:
Non ho ancora avuto modo…
Ecco, grazie per la domanda perché vorrei fare un chiarimento.
Considerando che l’idea di Grande Lombardia riguarda parzialmente due mari, il mar Ligure e l’Alto Adriatico, il mio non aver mai visto il mare non è solo una cosa tecnica, legata al fatto che non ne sento il bisogno non avendolo mai visto o vissuto. È invece una condanna personale nei confronti della mentalità “marittima”, cioè di tutto quello che ruota attorno al concetto di spiaggia, di apertura mentale, di carnaio, di mare (inteso come perdersi nel nulla della globalizzazione, del multiculturalismo, del pluralismo ipocrita)
Anche per questa ragione il sottoscritto dice di non aver mai visto il mare. Le mie radici terragne, contadinesche, montanare, non sentono il bisogno del mare, ma il bisogno di condannare quella dispersione, quel nichilismo e quell’annientamento identitario che passano anche per certe mentalità che nel mare trovano il proprio simbolo di massificazione, di annullamento e di distruzione dei valori più sacri. Questi sono quelli che i nostri padri segnatamente celto-liguri, venetici, gallici, retici e longobardi ci hanno tramandato e con il mare e con il mondo marittimo in sé hanno poco a che fare.
C’è anche una condanna della talassocrazia da buoni continentali.
Il nastro della registrazione si ferma.
Il Sizzi ci scruta con un sorriso atarassico.
Sembra soddisfatto. Indossa una camicia della stessa foggia di quelle che usa nei suoi video.
È di poche parole, pare le scelga sempre con cura.
Rompo io gli indugi e svergogno uno dei miei due colleghi blastidi, che ha taciuto tutto il tempo per non tradire le sue ascendenze romane.
Tenta invano di giustificarsi.
Poco da fare. La retorica di Sizzi è stata troppo potente e ci ha rivelato ciò che pensiamo ma che non abbiamo il coraggio di dire.
Tra le grida disperate del collega papista abbiamo già pianificato un golpe, tre azioni militari e organizzato la liberazione della Cisalpina.
L’Avanguardia accelereazionaria parla lombardo. Il Romano è distrutto. A Sizzi però brillano gli occhi. È contento. Può licenziarci sapendo gli saremo devoti.
Ci guarda un'ultima volta:
Salüt, Lumbardia!
Poi sparisce sulle montagne.