Di Francia ne abbiamo già parlato, sono quasi cinque mesi che la situazione pensioni ha generato un immane casino.
Il Primo Maggio in Francia è sempre un evento tosto, che raduna insieme le principali sigle anarchiche e lavoratrici. Quest’anno però è eccezionale: i sindacati hanno deciso di scendere in piazza con tutto il popolo insorto, per una giornata di lotta e di sana gioia armata.
Quando io e Punto partoriamo l’idea della Francia siamo seduti davanti ai nostri rispettivi PC, a kilometri di distanza.
Lui in Corea del Sud, io in Brianza.
Un nostro blàstide, Khan degli Etruschi, si era appena offerto di venire con noi.
La situazione era ghiotta:
Il Primo Maggio francese, rispetto a quello italiano del Concertone, è veramente duro, la gente lancia pietre, la polizia lancia lacrimogeni. La gente si infiamma per una giornata di anarchia alla Novatore.
Prima di partire organizziamo tutto, pronti a partire quando la situazione proteste si sarebbe scaldata abbastanza.
Il Primo Maggio capitò a fagiolo.
Quasi colpendoci all’improvviso, visto che l’Italietta-Dolce-Vita non offre queste ghiotte opportunità, solo marcette e canti dei vecchi del PCI.
Quindi arriviamo in Francia, gasati e matti nel cervello all’occasione di vedere questo famoso sentimento di rivolta francese.
Khan si era rotto una caviglia ad Archeocontatto con gli altri, quindi decise di farci da intelligence: telefonando quando avrebbe avuto informazioni utili sulle manifestazioni.
Charles de Gaulle è un aeroporto malvagio e perverso. Arrivare in città costa 11 euro sudati. Non sarà l’unica cosa che costerà tanto.
E dove tutto è pieno di una tecnologia malsana, frutto e usufrutto delle tasse parigine, ma all’atto pratico inutile. Leggasi: non funzionavano le mappe dell’aeroporto e i bus erano a cazzo di cane per tutto il complesso.
Sudammo 11 euro e più, ma per Blast questo e altro.
Sul metrò, bus e quant’altro arriva la prima botta di culo. Nonché ventata d’erba, una costante francese peggio dell’Olanda.
Veniamo introdotti alla guerra civile:
Punto conosce su Reddit un certo Gelo, un sindacalista francese della Confédération générale du travail (CGT), anarco sindacalista. Un bravo ragazzo, nostrissimo e molto gentile, ovviamente uno che si introduce con ben due PDF di 40 pagine dove spiega come agire il Primo Maggio 2023, insomma: ci salva il culo.
Arrivati a Parigi ci siamo innestati nell’ostello della gioventù vicino a Bastiglia, all’arrivo un africano enorme, un Mafarka, ci dà le chiavi e ci dice quando avremmo fatto colazione.
Noi strippatissimi dei dati di Gelo andiamo a dormire come piccole canaglie, dopo sizza e birretta. Al nostro risveglio: briefing della manifestazione, sentire Khan, sentire Gelo, prendere appunti su tutto e scriverci il numero della Farnesina sul braccio con l’indelebile.
Il drip del giornalmanifestante
- Elmetto da lavoro, io blu ONU, Punto bianco medico. Scritte varie, puttanaio di meme, in grosso: PRESS
- Giacchetta catarifrangente, arancione – per distinguerci dai nostri amici Gilet Gialli (GJ). Se nelle foto non si vede, le mie scritte erano:
- Scarpe da lavoro belle comode
- Pantaloni mimetici, io mimetica forestale da compagno – simpatico punkabbestia, Punto da non-compagno.
- Zaini con dentro collirio, mascherine e altro per i lacrimogeni. Nonché un pacco di manifesti di Blast per l’evento. E due copie di Proiettili.
La Francia è una distopia dove Calenda è Primo Ministro
Alla nostra affermazione che siamo giornalisti indipendenti veniamo accolti dalla polizia con disgusto e malosguardo
, ci chiedono tessere che non vorremmo mai avere, ci perquisiscono, siamo in una discoteca e questi ci vogliono rimbalzare. Noi vogliamo ballare.
Arriviamo in Place de la République alle 11.
C’è ogni matto del mondo.
Ciononostante nessuno sembra annoiarsi, tutti son felici e carichi.
Anarchici che cantano e vendono spille, ringraziamo tutti per la mia nuova spilla anarcoprimitivista.
Curdi che ballano con i loro amici comunisti turchi, curde della YPJ (Unità della protezione del popolo, sezione femminile) e simpatici Tamil. Ovviamente tigri.
Grrr!
Stiamo chill a bere con loro, intervistiamo un paio di medici da campo – tedeschi che son venuti al Primo Maggio per aiutare gli eventuali feriti.
Ci raccontano che sarà un delirio.
Ci spiegano che vengono dalla Germania apposta per il Primo Maggio francese, che si occupano di andare là dove le ambulanze - pochissime e in ritardo - non arrivano.
Indossano patch come in un vero e proprio conflitto militare.
Vibrazione del cellulare
Khan chiama. Dobbiamo recarci a Arc de Triomphe. Gilet Gialli e Black Block.
Ci buttiamo a correre, troviamo Gelo e la sua coinquilina italiana, salutiamo e chiediamo dov’è l’Arco del Trionfo.
Lontanissimo.
Superiamo un cordone della Gendarmeria, ci ritirano i caschi.
Questa cosa dei caschi, su cui abbiamo lavorato e sudato per scrivere PRESS, ce la leghiamo al dito.
1312. Tredicidodici sì.
Decidiamo di correre i rischi sassate.
Son pronti alla guerra.
Cyber guerra francese.
Khan richiama: Bataclan. Stan facendo casino. Corriamo.
Au mur!
Quando arriviamo inizia la danza. O meglio era già iniziata, bella forte e con qualche azione: Black Bloc – li chiameremo i Blacky da adesso – provocano rompendo con dei petardi delle vetrine – banche che se lo lasciano fare tanto ricevono soldi dell’assicurazione. Mentre riprendiamo veniamo gentilmente, a colpi di cappello, respinti da un Blacky. Rompono le fermate relativamente fragili del bus lanciandoci contro quel che trovano, a ogni vetrata rotta la gente festeggia come fosse spumante.
Simpatiche punkabbestia intanto ballano sul corpo di una Parigi che sta venendo velocemente distrutta.
Ma questa sarebbe una semplice protesta studentesca a Milano, serve più ciccia:
Vi lasciamo un video montaggio della giornata, rifatevi gli occhi. Quando siete pronti riprendiamo più in basso.
Sembra più una festa che un massacro di innocenti. Che al posto della noia, ci sia la Gendarmeria.
Saliamo sopra a un aiuola. Da su un incrocio. Siamo a Opéra. Una vecchiaccia ci dice di metterla apposto dopo, come se fosse la normalità. Ma viene interrotta dal lancio di lacrimogeni. Lesti mettiamo su le mascherine, ma comunque ci esplodono in lacrime gli occhi. Siamo un pochetto fottuti.
Scappiamo un po’ in là, mettiamo il collirio e ci ributtiamo a ballare il can-can.
La polizia carica i manifestanti, noi a lato riusciamo a seguire, senza essere pestati.
La protesta si sposta verso un altro luogo. Non conosciamo Parigi, ce ne dispiaciamo.
La stanchezza inizia, e ci costringe a ripararci in un localetto. Il gestore, simpatico, ci chiede se siamo dei giornalisti.
Beh sì, può darsi. Di certo non siamo della Rai.
Quando ritorniamo in noi, dopo un frullato al mango e banana, siamo a guadare la TV del posto.
Sullo schermo c’è il casino più bello del mondo. Ne godiamo abbastanza.
Secondo round
Torniamo alla manifestazione seguendo un cordone di polizia comunale, che sembra non farci storie. Anzi sembrano abbastanza più amichevoli dei cugini molesti della Gendarmeria.
Prendiamo una strada che non sappiamo dove ci porta, finché non arriviamo davanti al corteo. Questo è composto da un botto di giovani, studenti e lavoratori. Iniziano a cantare, urlare slogan, Siamo tutti antifascisti, Macron dimettiti, giù di lì.
Uno mi vede, mi ferma.
Daje Monza, urla.
Bianco e rosso nel mio cuore.
Arriviamo a un blocco, uno stallo. Davanti a noi una piazza, con giardino pubblico. Molto molto grande. Alla nostra destra la polizia con camionette e idranti. Peperoncino e acqua, se ti prende ti acceca.
Lanciano fumogeni. Noi abbiamo su la FP2. La videocamera non deve smettere di girare. Quando carica la polizia siamo pronti, i blacky e anarchici vari lanciano di tutto, fortunatamente non verso di noi.
Sembra tutto finire quando Punto si gira, mi dice: Se non mi vedi più: Gare du Nord, alle 18:00.
Prima di lanciarsi nella folla, fotocamera in mano. Ciò che ne esce sono foto di classe, mentre la polizia mena, forte. E pure lui avrebbe voluto togliersi per un momento la giacca da giornalista e indossare quella da manifestante.
Un urlo di Fils de Pute non glielo avrebbe levato nessuno. All’improvviso mi chiama: vediamoci al centro del parchetto.
Là vediamo la scena più bella del mondo:
Hanno scalato una statua, si son messi sopra, hanno dimostrato dominanza. Si sono messi lì – quasi in posa – e hanno sventolato bandiere palestinesi e fumogeni rossi e neri.
Gioia armata.
Dopo alcune decine di minuti la protesta si smonta da sola. Andiamo all’uscita, vediamo in sequenza:
- Un sacco di simpatiche punkabbestia.
- Una catgirl.
- Un paio di incazzosi blacky che sfondano altre vetrine.
La polizia non dice un cazzo, anzi sorride, sapendo che è la Gendarmeria che è stata menata.
Primo Maggio francese signori.
Intermezzo cannabinoide
Usciamo quindi dalla manifestazione. Ci rechiamo a mangiare al cinese, ci buttiamo in un parchetto pieno di manifestanti.
Chiedo una sigaretta a una simpatica militante del Lutte Ouvrière (Lotta Operaia, partito francese trotskista) – le sigarette costano 15 euro al pacchetto, ci spiegherà che costa meno l’erba o prenderle di contrabbando dell’Italia o Svizzera.
Il suo nome: Amelie.
Ci spiega – tra una cannetta e un drink al parchetto – che sono piuttosto stanchi di manifestare: quattro mesi e non hanno ottenuto nulla.
Ma rassicura: bisogna lottare.
Dice che mettere su famiglia – cosa strana detta da una comunista – con le pensioni che fanno cagare e la maternità dura un millesimo di secondo è un’impresa. Annuiamo e continuiamo a fumare.
Passiamo ilblast.it a lei, guarda e sorride.
Si fa scattare una foto.
Anche lei ce ne scatta, con i suoi compagni lavoratori e noi.
La vera protesta sono gli amici.
Lei afferma: questa è lotta internazionale.
Nessun confine. Nessuna guerra. Nessun ricco bastardo.
Concordiamo, anche perché era veramente simpatica.
Fumiamo mentre passano le camionette cariche di sbirrotti. Fumiamo mentre un olandese piscia col cazzo all’aria, e esclama:
Non siete stanchi di essere di sinistra?
Quando ci riprendiamo facciamo il round 3.
Nella notte.
Siamo all’Opéra di nuovo.
Cinquanta-cento persone radunate fanno casino e spaccano un po’ le bici comunali e i monopattini invertiti. Siamo parecchio stanchi, leviamo i giubbotti da giornalisti e chilliamo guardando le proteste notturne.
Non c’è più nulla da fare.
La noia e la stanchezza ci assalgono.
Prendiamo la metro, poi saliamo a Bercy sul bus di ritorno. Prossima tappa: Lione.
Nanna affosossati sui sedili, caldo immane e puzza di cadavere.
Ma siamo felici.