QUANDO SENTO PARLARE DI ARMI SONO MEGA FELICE

QUANDO SENTO PARLARE DI ARMI SONO MEGA FELICE
Lettura boomer
Io non sto né con Israele, né con la Palestina, io sto con il complesso industriale bellico.

Schierato, non con una forza politica, ma come un bel, distruttivo, accelerato, fragoroso schieramento di Katjuša: Israele, Palestina, Ucraina, Russia, bla bla bla… bro qui dobbiamo fare i soldi, mica salvaguardare una qualche dubbia linea politica. Che si mostri in tutto il suo potenziale la tecnocrazia governativa, escano allo scoperto i mercatanti della balistica a mostrarci quanto i tempi nuovi siano banalmente nascosti dietro un sottile velo che prende forma in un presidente senile, un autocrate o un comico assurto a capo di stato.

il meme che ha ispirato quest’articolo

Che bella l’industria delle armi!

Le recenti vicende del neoeletto presidente argentino Milei sono un ottimo segnale in questo senso. Le briglie che controllano il cavallo-caos stanno scivolando dalle mani del putrefatto fantino della civiltà occidentale, un bel casino si staglia all’orizzonte con tutta la forza dei tempi nuovi, delle possibilità assurde, l’apoteosi dell’osceno eletto ad antesignano della turbo evoluzione massacratrice di vecchi e giovani, il tutto schiaffato sullo stesso infetto tavolo operatorio, pronti con fare psicotico a vedere chi dinnanzi al grande gioco della vita valicherà il portale e accederà al Nuovo.

Milei è il prodotto di questa totale estraneazione della componente politica, statale in senso tradizionale, dall’altare sacrificale della cosa pubblica. È un Frankenstein Reaganiano, figlio delle più perverse idee spuntate dal terreno del Neoliberismo, di cui negli anni ’80 Reagan e Thatcher si erano fatti massimi pontefici per premere l’acceleratore sul destino, ormai sempre più certo, della morente Unione Sovietica.

Il presidente argentino è un ottimo simbolo per quello che il complesso industriale bellico, statunitense ma non solo, sta compiendo in giro per il mondo, trovando massima espressione nelle tese aree di guerra in Ucraina e Palestina. La politica con lui ha mostrato il suo volto gigionesco, spassoso a vedersi in atto; è il sintomo del collasso di quel polveroso statalismo che ammorba l’opinione pubblica: ecco che arriva l’anarco-capitalismo (etichetta di cui Milei si fa orgoglioso portabandiera).

Se Reagan aveva gettato le fondamenta per questa spinta verso lo smantellamento dello stato in favore delle libere energie del mercato, ricordiamo il suo slogan elettorale lanciato nel ’80:

“Government is not the solution to our problem. Government is the problem”

Milei si cimenta da visionario nel compito di coronare il sogno neoliberista: lasciare andare le briglie del mercato, via lo Stato, strappiamo via le istituzioni.

Che emergano dal cadavere neoliberista, ormai sfigurato da anni dopo il colpo basso del 2008, nuove mostruosità come Milei

Ma non è Milei il punto, lui è solo l’uomo giusto nel posto giusto che ci fa notare la sostanza, ciò che conta, che sta al di sotto di un fenomeno politico come lui: è il momento dell’avanzata definitiva delle corporazioni, le macchine da profitto senza un volto umano.

Se Blade Runner nel lontano 1982 (in piena epoca neoliberista) immaginava un mondo in cui mega-corporazioni dominano il mondo controllando la produzione di uomini sintetici, ecco che nel nostro per ironica antitesi si affacciano sempre più influenti le corporazioni della morte sintetica. Abbiamo razzi sempre più veloci, intelligenti, qualcosa che la mera carne umana in combattimento non può nemmeno sfiorare. Se lo slogan della Tyrell Corporation era “più umano dell’umano”, lo slogan del nostro futuro sarà “più morto del morto”: controllo totale e invasivo sugli affari umani da parte dell’industria bellica (non solo quella delle armi), da cui nemmeno lo Stato, che dovrebbe essere massima espressione della società, è al sicuro, anch’esso preda della ultra-morte serializzata che ci aspetta al varco dei tempi nuovi.

Sul campo di battaglia della libertà economica i giganti dell’industria delle armi fanno tremare i burocrati dello Stato, sempre più in scacco di fronte alla vera natura della gestione statale che si propaga dalla culla del neoliberismo, gli Stati Uniti, verso il mondo, tra cui l’Argentina è uno dei figli più giovani.

E noi che dobbiamo fare di fronte a queste belle porcherie preconfezionate? Aspettare che ci colpiscano in testa? Disperarci? Una cosa è sicura, se il mondo si trash-izza, diventa sempre meno serio, è perché stiamo seriamente ancora considerando il modello passato, quello dello Stato e delle garanzie sociali, come qualcosa a cui è ancora legittimo aggrapparsi; i risultati di questo sistema si vedono, come la schizofrenica Unione Europea quando si tratta di crisi finanziarie, rotta in due tra poteri schiaccianti dell’alta finanza , interessi corporativi e un endoscheletro statale che mostra sempre più sintomi di inerzia e debolezza strutturale.

Una soluzione non sembra presentarsi all’orizzonte, ma sicuramente il problema è chiaro: i mostri del futuro fanno tanta paura quanto noi consideriamo il passato un porto sicuro in cui cullare i nostri sentimenti. Nuove verità escono allo scoperto, fenomeni estremi con conseguenze estreme.

Il comune individuo non può più permettersi di essere moderato per sopravvivere oggi e domani

Bisogna che si dia un’accelerata reattiva a questa umanità impaurita e fargli capire che per fermare il cavallo-caos dei tempi venturi bisogna prima saltargli in groppa con un balzo altrettanto celere.. Questo non è il tempo per le marce militari, spending review, politiche sociali, feste nazionali, questo è il tempo dell’isterico agire sprezzante del passato, della schiuma alla bocca, del marciume cerebrale per la troppa muffa istituzionale inalata che ormai da anni ci da alla testa.

A morte i moderati, che vengano colpiti da un enorme missile della Lockheed Martin

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