Resa di un guerrigliero da divano

Resa di un guerrigliero da divano
Lettura boomer
Dei ragazzi manifestano in sostegno della Palestina.

Possiamo dire che rientra nella tradizionale dinamica degli studenti figli di papà che vogliono solo saltare la scuola, ma non ci interessa, mi sento comunque di definirla un’attività encomiabile.

Poi prendono un paio di manganellate, probabilmente innecessarie nella situazione specifica, non realmente pericolosa per l’ordine pubblico visti i numeri limitati della manifestazione, tuttavia preventivabili nella logica classica delle manifestazioni in cui la polizia deve impedire che il corteo si diriga in zone non autorizzate.

Su una situazione del genere si potrebbe serenamente alzare il livello dello scontro: ci arrivano le manganellate? Significa che per il sistema non siamo innocui.

Si continui la propaganda, alla prossima occasione saremo di più ed il corteo lo portiamo dove diciamo noi.

Invece si è preferito piangere.

Si è alzata la consueta indignazione social di durata giornaliera, tantissime storie ridicole con la ormai famosa foto della guardia che ride mentre carica, i fascisti cattivi al governo, le solite chiacchiere.

Siamo una generazione debole.

La sinistra extraparlamentare, storica depositaria della lotta in Italia, quella con più morti e più carcerati a carico, oggi sembra scendere in piazza per gioco. Slogan, cartelloni, ci siamo divertiti, poi tutti a casa a fare merenda.

Ricorda un po’ quei bambini che giocano a fare a botte e poi se per sbaglio si fanno male davvero non ci stanno più.

Si pensa allo Stato e alle forze dell’ordine come ai papà che ci devono far giocare in sicurezza con le nostre bandierine, e ci si dimentica che la manifestazione è una pratica antica e seria, una pratica d’opposizione dura.

Manifestazione poliziotto che ride

Scendere in piazza non è un rituale per sentirsi a posto con la coscienza, per quello esistono le storie Instagram; manifestare è il primo gradino per l’insurrezione. Ci si riconosce tra commilitoni, si canta e si marcia spalla a spalla con delle persone armate di fronte. Può essere anche pienamente pacifica nei fatti, ma simbolicamente è la parata di un esercito ribelle che segnala la sua presenza per intimorire la classe dirigente.

Invece persino la manifestazione, atto politico per eccellenza, si è fatta permeare dalla pratica post-moderna del vittimismo.

La questione è poi ancor più paradossale se pensiamo che la manifestazione era a sostegno della Palestina.

In Palestina gente dell’età dei nostri manifestanti di Pisa ha già i mitra in mano da qualche anno. Non è bello, per carità, non mi voglio mettere a romanticizzare le guerre di liberazione nazionale, anche se il mio irriducibile terzomondismo spesso non riesce a farne a meno.

Voglio solo dire che la lotta è tale solo se tiene in considerazione anche le estreme conseguenze delle sue azioni; altrimenti è tutt’al più una lamentela.

A Gaza sanno da decenni che non hanno nessuno a cui chiedere per favore, nemmeno i loro stessi leader e quindi si sono industriati da soli, tenendo in considerazione le bombe, non solo i manganelli.

Noi nel frattempo ci stracciamo le vesti per loro: Oh no, 30.000 morti, stop the genocide.

Non ne hanno bisogno, viviamo su due mondi diversi.

Senza rendercene conto i nostri appelli al cessate il fuoco suonano più simili alle campagne contro i maltrattamenti sugli animali che non ad un vero sostegno politico.

Siamo inutili.

L’ordine liberaldemocratico unipolare ci ha convinti che il conflitto non esista più e che chi ci governa voglia il nostro bene, che basti chiedere. Se non risponde non sappiamo più che fare, pensiamo che abbiano rotto le regole del gioco perché sono fascisti. 

La storia delle avanguardie è una storia di lotta, saperle dare e soprattutto saperle prendere nel confronto col padrone di turno.

Il nostro ultimo morto è Carlo Giuliani, era il 2001. A Genova quel giorno quella che si combatteva era forse addirittura una battaglia di retroguardia. Era contro la globalizzazione in un momento in cui forse come non mai la globalizzazione di stampo liberista stava stravincendo.

Dopo di lui chi in Italia?

Mi viene in mente solo Abd Elsalam, sindacalista USB ucciso a Piacenza nel 2016 da un crumiro durante uno sciopero di lavoratori della logistica. Mi viene da pensare che guarda caso era un egiziano, popolo islamico, popolo giovane, popolo non ancora consumato dal consumismo.

All’epoca non si pianse granché, i lavoratori evidentemente già non andavano più di moda, o forse fu perché il governo in carica era di centrosinistra. 

Due morti dal 2000 in poi, sarà cinico da dire, ma sono pochi, vuol dire che non si lotta più. La fine della storia? Sul piano globale no, non direi, ma per noi occidentali sicuramente. Solo la propulsione del proiettile d’acciaio fa ruotare i pesanti cingoli del progresso, ma gli unici proiettili di questo paese, per ora, sono quelli che leggete su questi bit.

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