Oggi ho vent’anni.
La sezione lombarda di Blast si risveglia nella piena periferia romana. Siamo un po’ acciaccati, ma la carica non manca. Ranpo stamane deve interfacciarsi con la Matrice Blast. È un’operazione complessa e ha bisogno di assoluta concentrazione. Lo aspetta un lungo e irto pellegrinaggio fisico e mentale. Noi non gli serviamo, gli saremmo solo di peso e dunque si sbarazza di noi. Non siamo sicuri di rivederlo, almeno nella sua forma umana. Che ci appaia in sogno o sotto forma di caligine notturna poco importa, non sarà mai più quello di prima. Ci affida il compito di vestali: a noi custodire ogni angolo della città e garantirne la proverbiale eternità, almeno fino al suo ritorno.
Veniamo messi alla porta senza troppe cerimonie.
Appiedati tutti e tre, vaghiamo errabondi alla ricerca di un tabaccaio o un’edicola aperta. Anonimo Milanese deve cibarsi di sigarette e inoltre da bravi nordici vogliamo pagare il biglietto dell’ATAC anche l’unico giorno dell’anno in cui salire sui mezzi è gratis. L’autobus è l’unico strumento alternativo alla macchina per coprire le lunghe distanze del deserto capitolino. Perché è desertico lo spettacolo che si apre dinanzi a noi: strane correnti d’aria spirano lungo i viali alzando polvere e rifiuti, che ora svolazzano per le strade semivuote. Il cielo è ancora sereno nonostante la palpabile carica elettrica che attraversa l’etere.
Chissà cosa sta facendo Ranpo con la Matrice…
Blastide Furioso azzarda parallelismi letterari tra la Fortezza Bastiani e il Covo Blast: ora i temibili Tartari di Buzzati sarebbero sostituiti da lenti e gongolanti sposta-poveri che si nascondono nel paesaggio arido, senza palesarsi mai. Potrebbero essere passate ore, giorni, forse settimane. Finalmente tra le dune si scorge un veicolo.
Non esitiamo a saltarci su. I pochi passeggeri ci guardano storto. Sarà così tutto il giorno.
Puzziamo, siamo brutti e le cicatrici di guerra di Anonimo Milanese farebbero paura persino a un veterano jugoslavo. Ci racconta che se le è fatte nella giungla urbana meneghina.
Affrontiamo la diffidenza dei passanti nel lungo e nel largo di Roma, in missione. Siamo così sospetti da risultare insospettabili e riusciamo a sorvegliare facilmente tutta la capitale nell’arco della mattinata. Nella bettola trasteverina in cui ci fiondiamo per pranzo, affamati come Lupi, ci scambiano per stranieri e ci parlano in inglese nonostante insistiamo nel ribattere in italiano. Consumiamo un pasto frugale stretti ad un tavolino microscopico. Al momento del conto Blastide inizia a piangere lamentando di essere stato derubato da un pischelletto del posto e io sono costretto al primo di una lunga serie di atti caritatevoli.
Gli stiamo ancora tirando su il morale quando il rombo tonante di un bolide sovrasta il cicaleggiante caos cittadino. È Ranpo, va di fretta. La Blast-mobile è un po’ acciaccata, Ranpo è un pirata tout court e anche per la strada si fa riconoscere.
È agitato e il suo sguardo rimbalza dappertutto freneticamente, bofonchia giusto qualche parola circa un problema alla matrice, ma facciamo fatica a seguire il discorso, già di per sé sconnesso: abbiamo superato in un batter d’occhio velocità mach 3 e a quei ritmi le parole restano indietro.
Inoltre pare che Caputo sia incazzatissimo per il nostro ritardo e che minacci di decurtarci lo stipendio. Quello squattrinato di Blastide freme dalla paura e urla di andare più veloce.
Issiamo le vele solari per solcare ancor più rapidamente lo spazio-tempo e arriviamo a Stragog. Un vento sempre più gelido sferza sulla terrazza, ma nessuno ci guarda in faccia: bisogna lavorare e preparare tutta la strumentazione per il primo ospite di stasera.
PICTURES FROM ITALIAN PROFILES
Stefano Frosini, l’ideatore del progetto, è toscano, di Pistoia e si vede c’ha la burla nel sangue. Sale in terrazza e flexa a tutto il Blast la sua invidiabile conoscenza memetica. Siamo tutti in visibilio quando inizia ad elencare le pagine memetiche migliori dei più reconditi siti del web.
Ci spiega poi il suo progetto.
S’è messo certosinamente a ricostruire un album di famiglia nazionale, recuperando decine e decine di foto molto italiane dall’internet. Aggirandoci per l’esposizione ci sembra di aver già visto tutto: siamo lì, alla berlina, mostrati impudicamente all’intera Italiosfera e non solo. Ci ha messi tutti: eccoci lì alla prima comunione, al battesimo di nostra cugina, con lo zio politicamente scorretto e sboccato alla cena di Natale.
Insomma, si vede che ne sa di meme theory: il concept intero della pagina poggia sul concetto di relatability.
Rivedersi costantemente in ogni post, identificarticisi: insomma, IL MEME (nella sua forma più pura)
Da questo progetto online è nato un libro, pubblicato da GOG edizioni, che spiega l’idea del creatore e che gli auguriamo sfondi anche oltreoceano. (Anglosfera, trema!)
Nel frattempo il meteo stava precipitando sempre di più. Il clima si era fatto siberiano (che stesse aspettando l’intervento di Brullo sulla letteratura russa?) e ormai per Ranpo era inevitabile dover confessare la verità.
Ragazzi, ci dice a metà dell’intervento di Frosini, ho fatto un casino. Disperato, ci spiega convulsamente che ha fatto incazzare la Matrice e che adesso questa reclama sangue umano. Serve un volontario che si faccia inghiottire. Un vero e proprio rituale atzteco.
Ranpo, in veste di sacerdote, deve presiedere la cerimonia e dunque è indispensabile. Lui no. Ma è evidente che l’intera STRAGOG può funzionare perfettamente solo grazie a quegli sgobboni del Blast. Non possiamo rinunciare a nessuno di noi, dice Lorenzo Alderaan, che è a mani basse il più scansafatiche di tutti.
Conveniamo, anche se più di uno vorrebbe la sua testa. Perfidamente Tupamaro MonteneBRO, allucinato per il secondo giorno di fila, salta su dicendo, nel suo romano strettissimo:
AOO MA ACCHITTAMOSE ER FOTOGRAFO!!
In effetti, finita l’intervista non servirà più ai piani del freddo e temibile organizzatore Lorenzo Vitelli. Detto fatto, terminato l’intervento, Ranpo carica sulla Blast-mobile Frosini. Non l’abbiamo più rivisto.
In quel momento io ero alla decima birra (Alderaan stava contando le bottiglie) e i ricordi iniziavano a farsi più sfumati. Il tempo era stato padanizzato definitivamente mentre io iniziavo la mia zapoj.
Ci spostiamo nel bunker di STRAGOG, al riparo dalle intemperie, per sentir parlare Francesca Sabbatini, Carolina De Stefano e il Brullone nazionale. Ubriaco, rotolo giù dalle scale e mi addormento sul banchetto delle magliette Blast (compratele!) mentre ingurgito l’ennesimo salatino…
Dalla Russia con Furore (di Anonimo Milanese)
Riprendo la parola, ormai erano due ore che parlavo unicamente con sconosciuti o con Charlie, chi è lui? Un regista, un visionario e un artista. Parlavamo perché ero attaccato al suo tabacco, e lui continuava a rifornirmi come un riforgiato Magrepino.
Prendo un sospiro e torno dentro la sala, lì mi aspettano Brullo, Sabattini e De Stefano. Le persone erano circa un 150, mentre le rimanenti della serata prima sono stato o troppo impaurite dal vento, o sbalzate via dalla Matrice
, la vera causa di quel meteo avverso.
Ora si parla di un libro:
sulla poetessa Natalia Cvetaeva scritto dal figlio Georgij Efron.
La parte più bella della serata fu quando Brullo citò Limonov, un must per parlare di letteratura sovietica, e Majakovskij. Il primo per la sua vita completamente estetica e votata allo scrivere: da ricordare la sua fuga dalla URSS, il suo barbonare per New York e il suo ritorno per rifondare la suddetta Unione Sovietica con il suo partito Nazional Bolscevico.
Un’ottima storia per ilBlast, che dovremmo un giorno trattare.
Brullo lo rivide poco prima della sua dipartita, quando, ormai vecchio e con un cancro alla mascella che gli impediva di mangiare cibi solidi (Un gigante che addentava la vita un tempo) veniva sfamato da un Davide Brullo e da un Nazbol-Guardia del Corpo con dello squacquerone.
Il secondo per ricordarci:
Senza il gesto estremo di Majakovskij non ci sarebbe stato nessun eroismo, la sua rivolta nel suicidio finale dopo una vita da leone ci dimostra che quella sera seppur morto, viveva, nella mente generale di una Russia ormai diventata da utopia a distopia.
Applausi generali.
Buttare-fuoco su STRAGOG
Mi chiedo se io stia ancora dormendo o meno. Un sogno o è davvero un’apparizione? Non lo vedevo da Olmeneta Calling, ma mi sembra sempre carichissimo.
Parliamo di Unione Sovietica, arte e letteratura.
Buttafuoco in persona ci riprende, come fossimo scolaretti, e ci invita a sedere tra il pubblico.
Il terzo incontro della serata è già iniziato e nemmeno ce ne eravamo resi conto. Obbligati, ci sediamo, neanche troppo ordinatamente, nelle poltroncine più comode della sala, completamente piena.
Progettiamo la fuga da quel castigo impostoci, noi volevamo stare in piedi a far caciara fuori dalla sala, a voce alta, da bravi cicaloni, mentre il resto dei blastidi banchettava ingordamente al tavolo del catering.
Troppo tardi, Buttafuoco ci strega. Con una prosa alta e una notevole retorica ci spiega uno per uno i problemi di questo Paese (che lui si ostina a chiamare nazione) e non solo.
Dialogando con Antonio Vella e moderato da quel pazzo estremista di Caputo, analizza i problemi connessi alla globalizzazione e demolisce col martello e senza troppa fatica le contraddizioni di una classe dirigente a suo dire inadeguata.
Riferimenti letterari e culturali si sprecano nel fiume di parole che fluisce dalla sua bocca.
La citazione finale a Dante corona l’intervento.
Sul palco sale Alessandro Mosti, presidente di Libropolis, e ci invita tutti a Pietrasanta, per l’evento di editoria e informazione di ottobre:
Roma de notte
Mentre Buttafuoco conclude il suo discorso, Ranpo rientra e si siede compuntamente nella platea.
È andato tutto come previsto e la Matrice è soddisfatta. Le correnti artiche che lambivano la terrazza pare si siano affievolite, bisogna dirlo a Caputo.
La festa torna di sopra per il suo canto del cigno. Al Mixtape Blast segue un momento dionisiaco di danza collettiva. I vecchiacci di GOG spengono la nostra musica gggiovane e ci fanno fare un salto indietro di tre secoli.
Alcuni di loro, i più impavidi, si mettono a guardare la carrellata di meme che accompagna la discoteca improvvisata. Ovviamente non ci capiscono niente. Il valzer collettivo prosegue fino a quando Sebastiano viene sfidato da altri gogghiani a una battaglia di freestyle.
Volano coltelli e stilettate paurose ma fortunatamente nessuno si fa male.
A mezzanotte ci staccano la corrente.
Troppo casino potrebbe svegliare la sonnacchiosa residente del moderno e borghesissimo palazzo di fronte, al quale sono due giorni che mostriamo le nostre tranquillissime immagini grazie ad un potentissimo videoproiettore, posizionato con cura seguendo le direttive di Iannuzzi in persona. La ciurma si sposta al Pangocciolaro, dove, in occasione del compleanno, pago di tasca mia per tutti. Blastide Furioso però non è contento del mio costante sforzo finanziario e di pangoccioli se ne sbafa a mie spese almeno sette o otto. Un animale.
Lo portiamo a pascolare a Largo Argentina, dove incontriamo una celebrità di Tiktok e concludiamo la serata guardando in un irish pub la replica di Torino-Sassuolo.
Sono le 4 di notte. Giusto il tempo di passare dalla celebre catena Istanbul Kebab e si torna ai nostri alloggi, a Tor Marzana.
Domani è un altro giorno.