4 mesi

White People Rape Dogs

White People Rape Dogs
Lettura boomer
Il nuovo libro della Einaudi, White People Rape Dogs, sembra aver gettato stupore, ma è veramente così?
Scappa leprotto, scappa, ho pensato. C’è una lama che ti viene a cercare all’aurora e ha la forma dell’ombra. Il dente che sbrana il mondo. la parola che lo rivolta.
Jem si guarda intorno mentre navighiamo. Segue con gli occhi le coste fangose che ci passano intorno. Marciapiedi, insegne, serrande. Persone che ci si muovono intorno segnalando con insistenza il mondo. Sembra che interpretino un’ennesima versione della realtà, anch’essa destinata al reboot. Si agitano come anguille attorno ai suoi sguardi, che le pescano fuori dal fiume e le buttano a riva a dimenarsi per vivere.
Siete tutti dei poveri falliti, dice ancora Jem attaccato al finestrino. Le regole vi reprimono, i galatei vi mortificano e intanto la vita vi sfugge. Vorreste affermarvi, parlare con le ragazze, avere sempre ragione, ma siete dei cani artificiali abituati alla catena, ecco cosa, soli e depressi.
Ma sapete che vi dico? Lavatevi il culo dopo aver partorito l’ennesimo Natale. Aprite le mani. Sputateci dentro. Lavatemi il culo e fatemi venire. Io intanto muoio, tanto poi si rinasce. Muoio sempre il giorno dopo, mentre le parole che userete per ricordarmi ricoprono la fossa come terra lieve. È solo un altro giorno, coglioni. Siete già salvi, non lo avete ancora capito? Vivete nel passato del mondo come dei sassi che affondano. Io invece sono un leprotto. Scappo nell’erba lontano da voi.

Jacopo Iannuzzi, Magrepino per noi di Blast, White People Rape Dogs, Einaudi Stile libero Big. Vincitore di quel benemerito premio Calvino.

White People Rape Dogs, segue una narrativa lineare, infatti racconta le vicende di Remo, e del suo amico Jem, e dei loro escamotage cronologici e abituali per pagare debiti da droga, siano esse rapine, prostituzione o spaccio.

Io conosco Magrepino, Jacopo, mr. White People Rape Dogs insomma. Lo conosco perché l’ha fatta grossa. Lo conosco perché ora conosco anche Remo, Jem, Gioia, don Pamela, Franco, Raudi, Cristo e Pingu. Io conosco ora tutti loro, forse come fossero amici, conoscenti, passanti, stranieri. Alieni.

Ogni alieno è poeta per lo stolto.

Ma partendo lievi, diciamo che il libro, un qualcosa già in mano cartaceo e stampato, è piccolo. È striminzito, tisico, malato. Squallidamente breve. 126 pagine, non dico nemmeno che avrebbero dovuto farne di più, il prodotto riesce per un esordio, e che esordio!, annuncio e declamo. Ma mi trovo alla fine, oggi cioè, con una voglia di averne di più.

Mi raccontò che ci volle un anno per avere il libro stampato.

E io in nemmeno tre giorni, lettura lenta, l’ho divorato.

E ho ancora fame.

Io conosco Jacopo anche per questo, fa aspettare.

White People Rape Dogs è un libro sull’attesa, di droga, di tempo, di amici, della Storia, della letteratura. Della felicità.

È un’attesa che non passa dormendo, forse nemmeno ai mercatini, in fila, prima che qualcosa faccia girare la Narrativa, un razzo di Putin, un aereo su Taiwan, un caccia a Gaza.

Parla di quegli amici che pochi vorrebbero avere, e lo fa mettendo le mani avanti, nemmeno il protagonista li conosce, o vorrebbe averci a che fare.

Non vorrebbe, perché camusianamente, non esiste. È uno spettatore, a volte ti scordi come si chiama, a volte annuncia alla Joyce un grosso papiro di pensieri, un piccolo trafiletto, un trip, un sogno, una battuta, per poi scordarsene.

Anzi forse Joyce è il Magrepino di Dublino.

Remo vive, nel senso che fa – è, in una provincia innominata. Jacopo non vuole assolutamente che il lettore lo collochi, per questo non ha aspetto, forma, solo un pene tra le gambe. Uomo? Io direi oltre. Scordatevi il vivere, sappiate che lui parla per tutto il libro.

Frasi da tatuare, meraviglia di fonetica, orgoglio di Céline, aberrazione in casa Ferrante.

Se fossero ideogrammi avremmo già trovato un modo di adorarli in ginocchio, sia in pagoda che sulle magliette dei fallimentari millennials.

Nel loro divagare e delirare per una provincia morente incontrano buffi individui, la maggior parte dall’animo gentilmente perverso. Il libro si apre con una serata in macchina, Remo e Jem stanno andando da Pingu, in compagnia della tipa di Jem: Gioia.

Lei però è innamorata e presa da Remo. Ma non è il solito romanzo rosa, la solita trita da hamburger letterario, è più un degrado, uno squallido McDonald's di periferia pieno di maranza.

Remo è straniero al suo mondo, che non gli appartiene, non sembra avere nessun contatto, anzi quasi nulla. Non ha nulla. Non è felice perciò. Si sfoga con Jem, Pingu e Gioia. Si sfoga perché la droga è sfogo, è puro e semplice passatempo. Assicuratevi di non iniziare con le anfe, e se lo fate vi consiglio non preoccuparvi se vi pizzica il naso. Soffiatevi il naso, passate il muco tra le gengive. Anfetamine come il maiale, non si butta via nulla.

Droga che compare come vero passatempo-intrallazzo. Nessun romanticismo. Burroughs sorride dall’alto del Nirvana. Nessun crimine, si fa fin troppo per far vedere nella letteratura il tracollo e la salvezza. Ma in questo libro Dio si è voltato, almeno per qualche pagina.

White People Rape Dogs, e i cani?

Di cani abbiamo sia il povero Remo, voce narrante del trip, e un grosso pitbull, che urla tutta la notte. Nota positiva, se compare un cane e scodinzola, sai già che è un riflesso della realtà sincera, un’amorevole nonnina del reale genuino dove è immersa la violenza, la rabbia e il degrado del libro.

Vi è una spaccatura, la realtà felice, anche fatta di piccoli gesti di gioia, rappresentata principalmente nel primo capitolo, Una Ragazza che Vola, e la realtà della violenza dei successivi capitoli, fatta di risse, paranoie impensabili, cospirazioni e radicalizzazione.

Capitoli che scorrono tramite una lingua tagliente, veloce, nessuna descrizione è noiosa, nessun gesto lasciato al caso. Tutti siamo collegati, direbbe Lain Iwakura, Carl G. Jung e Magrepino/Jacopo Iannuzzi.

White People Rape Dogs riesce perché non solo recepisce le lezioni dei maestri dello sproloquio mentale, del dialogo interiore, ma anche per l’assenza di una vera distinzione tra cheap talk da fattoni-pippati, e effettivo monologo, soliloquio, dialogo, discorso sensato.

Ogni quesito è reale, finché tutti stanno al gioco. Ogni risposta lecita, finché si è tutti davanti all’Apocalisse.

Non esiste nessun dialogo che non venga riportato, anche solo come accenno, come idea, come malattia mentale nella squallida mente di Remo.

Jem, l’amico migliore, quello che tra una cazzata e l’altra rimane l’unica cura alla solitudine, riesce come coerenza nelle sue scelte sbagliate, nella ambiguità con cui reagisce, nella pace che dà la sua presenza. Per molte pagine penserete, almeno non è Franco il violento, o Pingu il tossico maniacale.

Almeno su di lui, seppur erroneo e incoerente nella sua coerenza narrativa, ci si può fidare.

Non è privo di parti non azzeccate, Einaudi dall’alto del castello mentale sembra aver fatto la macumba per ottenere un libro di qualità.

E che decisamente si poteva spingere a 200-250 pagine, tutte d’un fiato anch’esse. Ma Dio ovvero io, non comando nell’arte, e il mercato è retto dai demoni della Einaudi, Mondadori, Feltrinelli e altri necromanti del libro.

Einaudi stessa descrive nei suoi post il buon Iannuzzi come artista spericolato, tagliente e cerca di venderlo per rifarsi dal fatto che è una casa editrice grossa e cannibale del libro.

È puro delirio egocentrico, dopo aver pubblicato le Eterobasiche con il loro orrendo Storia di un Uomo (ennesimo motivo per cui non si deve dare la penna ai podcaster o comunque fenomeni da baraccone del web)

Einaudi stessa che, secondo me, ha ben fiutato l’occasione per spingere un esordiente nuovo, per poi una volta aver racimolato quattrini lasciar cadere la maschera e tornare a pubblicare l’impubblicabile, alla faccia del prestigio che ancora ha tra il popolino.

Il matto dà del coglione al saggio folle.

Almeno non pubblicatelo, siate coerenti della vostra scelta e spingete su influencer e ghostwriters!

E a Grepi aggiungo che è un ottimo libro.

Sfortunatamente ceduto alla Einaudi.

Ma che se ti serve una mano… oh batti un colpo e ti veniamo a salvare!

Un altro elemento di White People Rape Dogs è la fede religiosa, che non tarda mai a rivelarsi pagana, satanica, cinica e perversa. Nella vera accezione di prendere qualcosa e sovvertirlo. Iannuzzi/Remo, chi per lui, ci dice che i criptocristiani sono cannibali, allietati dalla sofferenza e ricchi di rimorsi, per poi sbranare il corpo di Dio e farne un banchetto dove scambiarsi occhiate. Non mancano riferimenti a sette, culti e senza ulteriori spoiler, anche una vena di Bataille che ho visto in giro con Gioia, la bella dannata, la ragazza perfetta per Remo, così bella che vola, dopo aver morso la gola del ragazzo, durante l’atto, e averlo stregato.

Esperienze al limite, eppur il sesso non è da accapponamento genitale, tanto di moda nelle letterature mature, ma più un pasto nudo, pericoloso, paranoide.

Il sesso e la fede si mischiano, i nostri protagonisti godono nel soffrire, nel dividersi, nel rovinare il bel mondo provinciale e averne tutti i rimorsi di paranoie, deliri degradanti e psicosi.

Saranno forse adoratori del Dio cannibale?

Potremmo vendere il libro, ma sapete già che non è il nostro stile.

Noi adoriamo bruciarli, leggerli d’un sol fiato, solo allora sappiamo se bruciarli con fuoco o bruciarli con il gelo della libreria IKEA, che non smette mai di accogliere ciò che non ci interessa.

Questo libro brucia, fa male.

E io oggi sono diventato masochista.

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