Non utilizziamo le nostre gambe, ma mezzi di locomozione esterni che potenziano le nostre capacità.
La relazione fra l’uomo e la tecnica va avanti da quando la nostra specie abita questo pianeta, c’è chi pensa che la tecnologia sia uno strumento al servizio dell’uomo e chi, invece, sostiene che l’uomo sia uno strumento al servizio della tecnologia.
Ma mai come in tempi recenti, questa relazione ha assunto la fisionomia di una vera e propria dipendenza, da entrambe le parti. Il Matrix che è stato costruito intorno a noi ha bisogno di noi per sopravvivere, ma è così addentro la nostra quotidianità che staccarsene è praticamente impossibile.
Lasciamo da parte le boomerate per cui nella Silicon Valley i CEO non farebbero utilizzare i cellulari ai figli, andiamo più a fondo e pensiamo alle strutture di controllo che ci vengono somministrate. Questa è la vera partita che stiamo combattendo, il malanno che ci affligge. Perché bisogna dircelo chiaramente: SIAMO MALATI e la nostra malattia ha un nome: MECCANOPATIA. Riconoscerlo è il primo passo per uscirne.
Bisogna trovare una cura. Ma come? Perché anche se spegniamo il cellulare, lo stesso su cui ora state leggendo queste righe, ugualmente sapranno dove siamo. Lo buttiamo via, ma restiamo costantemente immersi nella narrazione dominante, che viaggia su onde satelittari e raggiunge ogni dispositivo. I profeti del 5G sono stati superati, i nostri dati sono costantemente processati da server in mano ai soliti noti.
Lasciamo da parte oscuri filosofi e guardiamo l’unico uomo, l’unico meme, che ci ha avvisato realmente: Ted Kaczynski, Unabomber. L’analisi è impeccabile, la sua soluzione purtroppo non è andata a buon fine. Siamo intrappolati qui e da questa realtà, per ora, non se esce.
Il nostro compito è sfruttarla al meglio, e cogliere sempre di più le opportunità che i bug ci offrono, per aumentarne l’intensità, fino a diventare noi stessi dei glitch pienamente consapevoli. Siamo stritolati dai circuiti, e dobbiamo farli esplodere. Bisogna sovraccaricarli.
E il momento della grande botta è sempre più vicino.