Poemetto Marino

Poemetto Marino
La morte si sconta fuggendo. La città ci ha martoriati, ci ha sfiniti. Milano mi ha morso all'attaccatura del collo e ha iniziato a masticarmi, fino a trasformarmi in bolo. La digestione allora è stata più facile – Abbiamo cercato vie di fuga. Le abbiamo trovate nei campi, in provincia. Le abbiamo trovate – anche – nel mare.

I

D’inverno il mare è pania per belve
Lo sa chi vive le città adriatiche
dove si scavano trincee nella rena.


Spettacolo artico. Arena cerulea.
Teatro di gelo – le nebbie. Si fonde
la terra col cielo e la linea dell’acqua.


D’inverno il mare è spettro glaciale.

II

Le città di mare sono tutte
città di confine.

Θάλαττα! Θάλαττα!



Le città di mare sono tutte
città di casa.

III

D’inverno il mare ha l’odore della stanchezza.
Della memoria – che poi è lo stesso.


Gli amici salutati
l’ultima volta al porto.


I granchi si nascondevano
tra gli scogli.


Anche la salsedine
aveva un profumo diverso.

IV

Una nuvola – residuato di caglio –
sorride alle schegge di conchiglie.
Sopra – il trono e la corona.


Nella foschia risiede il mistero della Vita,
l’intuizione del Giudizio.


V

La pelle d’inverno
scotta; come bruciata
dal mare.

VI

Ammarate – le tende
si fanno vele
e le imposte veliero.


La casa: abisso
confortevole.

VII

Fremito di gabbiani a caccia
che si manifestano nella luce lattiginosa:
principio di beatitudine.


Se fosse questa l’autentica
forma degli angeli?

VIII

Il paradosso è che inferno
e paradiso
hanno entrambi i colori del mare:


l’inferno ha memoria del Cielo
e l’acqua è progenie del fuoco.


Anche Empedocle
si battezzò tra le fiamme.

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