FMG RELOADED

FMG RELOADED
Avete già scaricato l’applicazione più in vista del momento? Lo scheletro gigante vi ha sfondato il tetto? Dove vi nasconderete il giorno della Grande Festa Morta? Siete ancora vivi, eppure il vostro scheletro vorrebbe festeggiare e ballare con i suoi amici!

Sono un investigatore di polizia semplice, non ho un distintivo perché scoprirebbero chi sono e sarei in pericolo. Sono così semplice che nemmeno la municipale sa di me, non posseggo una fissa dimora, se non una Mercedes non immatricolata con cui giro tutta la città. Milano oggi è fantastica, tra la luce devastante dell’inquinamento e il buio-ombra dei grattacieli. Un magico contrasto, noir.

Accendo una sigaretta, una Muratti: secondo me, non c’è gioia più bella di fumare in macchina, finestrino abbassato, una coltre di smog entra nell’auto. In quel momento capisci che è più salutare la sigaretta di quest’aria che tira.

Là dove finisce la città e inizia la natura, là dove il mondo moderno ultra-connesso e ultra-tecnologico incontra il suo contrasto, dove il rosso incontra il verde, dove il giallo il blu, e la palette cromatica gioca in puro territorio alieno, là dove è partito tutto. 

Anonimo, Cromoterapia della periferia, Introduzione

L’asfalto come posacenere, la cenere si unisce ai suoi fratelli di polvere. E io, dall’alto dei miei quarantasei anni, osservo il cielo, all’incrocio di Stazione Garibaldi, Quartiere Isola. Lì abitano i grandi milanesi, pieni di soldi, click e like. Lì abitano i neuromanti. Ponfi zero, non esistono ponfi in mezzo a Milano, penso, e l’Italiosfera qui trova un duro terreno, troppe puttanell*, pochi negrossi. In un ambiente come questo: chi si ferma a contemplare lo scheletro di cemento di un vecchio capannone industriale, prima che venga rapito dall’edilizia milanese e dalla gentrificazione, e ne scorge vecchie storie di ligera e di craxismo, è perduto, morto, sostituibile. Qui si pensa solo al veloce, il sogno di Marinetti è il nostro incubo presente.

Quando et la vita verrà a meno, et la forma si ricongiunga con sostanza, vi si rivelerà il mondo de li spiriti, e lì sarete a bocca aperta e di terror dell’anima. E nel cor del morto non vi sarà condanna, ne la indifferenza la vostra dannazione. Passa oltre e non lasciar pensieri, mormora Dio al vecchio rudere di ossa. Et in quel frangente: nessun si accorgerà di Lui. 

San Tommaso d’Aquino, De Lapide, Capitolo XIX

Parcheggio l’auto, apro la portiera, alzo il colletto del cappotto, fa freddo. Prendo la ventiquattrore, non ho casi oggi: posso girare senza scopo, passeggiare. Come direbbe Robert Walser: A spasso ci devo assolutamente andare, per ravvivarmi e per mantenere il contatto col mondo, e io a spasso devo andarci per non perdermi nell’inquinamento.

Mi dirigo verso Isola, poi un urlo mi sorprende. Una ragazza cade a terra svenuta, dopo aver esalato un urlo raccapricciante, il suo ragazzo la soccorre. Una vecchia si segna e suo marito bestemmia. Guardo in aria, cerco il perché. Lo trovo.

Un gigantesco scheletro è accovacciato dietro al grattacielo dell’Unicredit e gratta il tetto del palazzo con la mano, lo esamina, lo graffia prima aprire la bocca, e mangiarne il pilastro. Mastica, sputa nel cielo della cenere, prima di alzarsi e iniziare a camminare verso il Monumentale.

I suoi passi sono pesanti e veloci, ma non mietono vittime, distruggono il terreno, spaccano le tubature e le vetture. Ma nessun essere umano resta ucciso. Nessuno squartamento, nessun massacro. Pura indifferenza del cadavere. Un suo piede scheletrico squarta in due la mia vettura, io resto illeso, il suo teschio mi fissa, le orbite sono umane, ha iridi nere e la pupilla rossa, il bulbo sembra staccato dagli organi. Lo seguo, correndo, mentre la folla chiama la polizia o cade svenuta. Corro per le vie, per i centri, raggiungo il grande cimitero. L’atmosfera è nera, cupa-buia, isolata-sola-devastata dai passi dello scheletro. Spacca il cancello con una sberla, si fa strada tra le guardie, che scappano. Si accovaccia e passa oltre il Famedio, ha quasi rispetto per i suoi compari non morti. Prende un albero, lo sradica e blocca l’entrata al Monumentale. Io rimango dentro, nascosto tra le colonne, lui sa di me, sa perfettamente chi sono e perché lo stia così avidamente braccando. Il Grande Scheletro di Milano.

E mi viene da dirmi: ma esiste un modo di parlare con i morti? Rimanere davanti alle tombe e pregare, basta così poco? Allora perché non ottengo risposta? Solo domande, solamente domande a fine unico, la morte è solo una fase, dicono, ma per me è un fine. Voglio essere fratello dei morti e tra i morti trovare risposte. Pregare non basta. Non mi vergogno a dire che il mio ateismo muoia davanti alla tomba dei miei antenati, lasciando spazio a una immensa religiosità. Come se quel Fine, fosse da augurarselo solo a sé stesso. Tranquillità, calma, gioia. Ricordo: i romani lasciavano doni e versavano vino sulle tombe dei loro morti, poi mangiavano e bevevano con loro. Noi cryptocristiani lo facciamo di nascosto, nel mondo attuale i cimiteri non sono allegri come una volta, sono tristi e smorti, la gente vi si reca solo per fare scenate di pianti e ricordi. I morti sono felici. I vivi sono solo illusi. 

Fratellanza Morta (aa.vv), Balla col defunto, Dormi col vivo, 202*, Einaudi

Il Grande Scheletro scava una buca, le sue mani arraffano terra e la disperdono nel cielo, dove diventa cenere, è larga e poco profonda, sembra più una piscina. Mi avvicino, dietro di me sento dei passi, mi volto, uno scheletro mi osserva, incappucciato. 

-Così anche tu vuoi far parte del Rito?

-Cosa sei?

-Io? Cosa siamo noi. Noi siamo la Fratellanza, la gang come si usa al giorno d’oggi. Noi abbiamo scelto che la vera rivolta, la vera alternativa, sta nell’amicizia. Un’amicizia tra morti.

-V-volete uccidermi?

-Tu sei già morto, guardati le mani!

Osservo le mie mani, sono diventate pallide, la pelle si squarcia, le ossa emergono, non provo dolore. Urlo per lo spavento e lui inizia a ridere.

-Vedi? Ora anche tu sai cosa vuol dire avere cinque ossettine che spuntano dai vestiti e non goffe e noiose mani umane.

-Cosa mi hai fatto?!

-Volevi essere così fin da piccolo, fin da quando hai capito che il mondo è vivo, fin troppo vivo e serve un contrappeso, il contrappeso morto. Dai, ora osserva il nostro gigantesco ponfo!

Lo scheletro mi prende per il braccio e mi porta davanti al Gigante.

Ha appena finito di scavare, due metri di lunghezza, per dieci di diametro.

-No! No! Non voglio essere inumato!

-Ma non è per te.

Il fratello morto ride, il Gigante porta le mani alla testa, gira il cranio e lo apre. Si china e dal suo capo fuoriesce del vino, rosso, alcolico, penetrante. Una oblazione per i morti, per tutti i morti di questo cimitero e per me. 

È la tua festa, è la nostra festa.

Sento dei rumori come di esplosioni, veri e propri boati fracassano l’aria, le tombe si aprono, i morti escono, alcuni ancora con la carne addosso. Vanno a lavarsi in quella piscina, alcuni nuotano, altri giocano con l’acqua o mettono i piedi ossuti a mollo.

Sono felici, ora lo sono anch’io. Il Gigante fa un inchino, come un samurai, e si siede sul Famedio, guardandoci e proteggendoci.

Sapete? La morte è anche un valido modo di fare amicizie. Sapete Tinder? Dovrebbero farne uno dove incontri i morti, nemmeno per portarteli a letto, ma per farti degli amici, dei contatti con loro. Arrivismo non morto.

La chiameremo: Mortinder

Sarà solo per ponfi, negrossi e fratelli morti.

Disponibile da giugno, forse… Se non morite prima!

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