Ahhh yes, sediamoci comodi, sta cominciando lo show. Per l’ennesima volta si apre il sipario. Non siamo a teatro, nemmeno quello delle marionette (anche se, date le circostanze, sembrerebbe più che verosimile), no no. Siamo davanti alla TV. Ancora. O meglio, davanti ad un reel instagram che riproduce lo spot più cringe degli ultimi due millenni. Perché – lo ribadiamo en passant –
nessuno guarda più davvero la TV.
Giornalisti RAI, ce lo avete detto 4 anni fa, mentre voi, ogni singolo giorno, vi recavate al posto di “lavoro” per premurarvi che ogni cittadino italiano potesse consumare quotidianamente la vostra sbobba governativa, la versione ufficiale…
Non avete mancato un appuntamento che fosse uno per ricordarci tutti i santi dì dei benefici della tachipirina e della vigile attesa; di quanto le mascherine ci facessero male (tempo un mese e avete strillato il contrario); di abbracciare un cinese; di bere il succo di frutta; di farci i pancake e riscoprire il bello di stare a casa; di quanto Conte (prima) e Draghi (poi e in misura anche maggiore) fossero la cosa migliore potesse accadere a questo Paese; di non preoccuparci perché tanto #andratuttobene. Ce lo avete detto 4 anni fa, dicevo, per troppo tempo, ma non lo avete mai fatto:
#iorestoacasa
Non abbiamo creduto alle nostre orecchie quando avete annunciato di aver intenzione di mantenere la parola data. Era passato troppo tempo. Non ci speravamo più.
Abbiamo vissuto il sogno: basta giornalisti, basta telegiornali, basta “informazione libera”! Ora siamo noi ad essere liberi da voi, dalle vostre manfrine moraliste, dai telegiornali del terrore, dalla mistificazione regolare che fate! Che goduria.
Ma come si sa, le cose belle di solito durano poco.
A noi piacerebbe solo durassero un po’ di più.
Tipo per sempre.
Noi solennemente e trotskistamente invochiamo la Rivoluzione Permanente!
Cosa dovremmo fare con la Rai ve lo abbiamo già detto in diversi articoli: arrivati a questo punto della polemica, la cosa migliore sarebbe chiudere baracca, rendere perpetuo lo sciopero e darsi al giardinaggio (consigliamo i fertili campi d’Ucraina, che contribuite a seminare di armi da anni), per consegnare definitivamente il monopolio dell’informazione a NOI, gli unici tra le entità (para)giornalistiche in grado di guidare la Rivoluzione!
Anarchia informativa! Ecco tutto!
Da ogni creator secondo i suoi bisogni, a ciascun utente secondo le sue necessità!
Si tratta, per l’Azienda di via Mazzini, solo di accettare i paradigmi impostisi nel processo storico, smetterla di opporsi allo status quo e limitarsi ad accettare una realtà che è già nelle cose.
Constatiamo che invece il comunicato UsigRai non è orientato – purtroppo – verso lo smantellamento del monopolio di Stato e la restituzione degli spazi televisivi ai cittadini, ma è, invece, un attentato reazionario (R minuscola) alle avanguardie memetiche, alimentato da impulsi borghesi e da pura partigianeria di classe!
Anzitutto, i membri di questa fronda di dipendenti RAI consegnano il proprio messaggio ad un’animazione in scala di grigio-verdi, degna del corso obbligatorio di sicurezza sul lavoro che i padroni la scuola (che alla fine è la stessa cosa) ti obbligano a frequentare prima di iniziare qualsiasi mansione (es. alternanza scuola-lavoro). Complimenti, ci avete riportato alla mente le 4 ore più noiose della nostra vita, grazie.
Poi si attacca con una sbrodolata di richieste di categoria (non dimentichiamo: una delle più tutelate d’Italia), che occupano la prima metà del video e delle quali ce ne possiamo sbattere bellamente. Sono piagnistei, che solo il regime fascista aveva saputo accontentare!
Ebbene, sissignori, proprio Lui, Sua Eccellenza, il Duce dell’Impero, Maresciallo d’Italia Benito Amilcare Andrea Mussolini:
mi stupisco che i giornalisti Rai non abbiano in casa propria un Suo busto, visto e considerato che, nel riuscitissimo tentativo di comprarseli, fu proprio il Duce a garantire loro una serie di benefit che le altre corporazioni potevano solo sognare: stipendi d’oro, laute pensioni, e altri piccoli piaceri come sconti sui viaggi, sui taxi, negli alberghi…
E, udite udite, moltissimi di questi privilegi, frutto degli anni del fascismo più ruggente, con la fine della guerra non sono stati aboliti del tutto, con l’ovvio risultato che la maggior parte risultano essere ancora vigenti! Il giornalista professionista, che ha scalato i vertici delle testate nazionali (e soprattutto della RAI) gode di vantaggi di classe che i lavoratori comuni e i dipendenti – anche pubblici – possono solo sognarsi e che sono totalmente ingiustificabili.
Vogliono fare qualcosa di sinistra? Invece di “scioperare”, lascino perdere i compitini di Scurati e rinuncino a ciò che il fascismo gli ha ingiustamente regalato! Sembrerebbe quasi che, in realtà, chiedano solo una cifra maggiore per vendersi…
Sorvoliamo quindi su questo primo – ridicolo – spezzone del video per soffermarci sul secondo, sulla porzione “politica”, che è capace di regalare – anche questa – grandi prove di abilità circense. Gridare alla pubblica censura dalle reti più importanti del Paese, infatti, può strapparci solo un sorriso, visti e considerati i precedenti ai quali ci hanno abituato negli scorsi anni.
Volete raccontarci che il servilismo al quale abbiamo assistito sugli schermi della Rai (che trova la sua incarnazione fisica nel vile Phazyo), venga meno proprio ora, con le elezioni europee in vista e con un governo troppo “a destra” (ci sarebbe anche da discutere sulla definizione di “donna di destra” appioppata sulle spalle di un presidente del consiglio totalmente prono a poteri stranieri)?
Scopriamo ora davvero che la Rai è il megafono dell’esecutivo? Ci sembra quantomeno un po’ strano che coloro che lavorano da anni per il giornalismo “pubblico” non se ne siano mai accorti, che scoprano di non esser stati, per tutto questo tempo, veramente liberi.
La Meloni si sarà anche mossa in maniera sgraziata sul tema del 25 Aprile, ma che l’informazione che arrivi dalla televisione pubblica non brilli per trasparenza e autonomia non è certo un segreto… L’ipocrisia risuona chiaramente al termine del video messaggio:
“Preferiamo perdere uno o più giorni di paga che perdere la nostra libertà convinti che la libertà e l’autonomia del servizio pubblico siano un valore di tutti e la Rai è di tutti”.
La falsità di queste parole è provata da anni ed anni di disservizi strapagati dallo Stato, che, come ha fatto sin dai tempi di Mussolini, mette a libro paga una parte di uomini e donne di lettere, di coloro che dovrebbero (teoricamente) saper scrivere e parlare, per garantirsene la compiacenza.
Con una differenza sostanziale.
Un tempo la popolazione, impossibilitata a reperire notizie e opinioni al di fuori dei circuiti tradizionali, finiva per credere ciecamente alle veline del MinCulPop. Solo le difficoltà materiali della guerra furono in grado di metterne in crisi la narrazione del regime, svelandone le contraddizioni. Troppo evidenti per essere negate, fame e guerra minarono, allora sì, la credibilità del sistema giornalistico italiano, che (e altrimenti non si spiega il perché) aveva continuato fino a quel momento ad essere seguito pedissequamente dalle masse e a vendere milioni di copie.
Oggi invece lo scopo del giornalismo (specie televisivo) non è più informare, fare opinione o propaganda. Ci cascano solo i boomer, i più anziani, figli spesso proprio del fascismo, e risulta invece caricaturale per chiunque abbia il minimo di alfabetizzazione digitale necessaria per reperire su internet le informazioni di cui ha bisogno. La credibilità dei giornalisti è minata, quindi, dalle fondamenta: non gli crede più nessuno quando arrivano a negare o a tacere le nefandezze dei potenti, le atrocità commesse da governi “alleati” o a raccontare in maniera univoca situazioni complesse e sfaccettate. Alle persone è sufficiente aprire internet per vedere la narrazione ufficiale crollare, come un castello di carte (o un governo democraticamente eletto, ma non allineato agli Stati Uniti).
La verità è che i giornalisti devono OCCUPARE!
Occupare i posti, le posizioni dominanti, disintegrare così la legittimità di chiunque non abbia le possibilità di esprimersi da un piedistallo privilegiato, di dire la propria senza uno stipendio pubblico conferitogli per parlare.
Loro stanno lì affinché nessun altro ci stia.
La TV non può mai smettere di trasmettere: meglio che si mandi in onda il nulla o che si ripeta ossessivamente la stessa cosa, piuttosto che mollare il terreno a chi è più capace ma è scomodo.
Più che essere neutrale, l’informazione – e quella fatta dalla Rai non solo è un ottimo esempio, ma è anche uno dei casi peggiori – TI NEUTRALIZZA!
Allora via!
Rendiamo la permanenza a casa dei giornalisti eterna! Eliminiamo i loro privilegi di classe, prendiamo in mano la televisione pubblica e liberiamocene! Realizziamo uno Stato senza informazione (e una informazione senza Stato)! Bisogna smettere di credere che questa o quella parte politica garantiranno al giornalismo statale l’indipendenza che millanta di voler portare: rendiamoci conto che la libertà nel giornalismo è una chimera, a meno che non si sfugga completamente alle maglie del sistema e ci si dia alla macchia, trincerandosi dietro l’anonimato, la pazzia.
Non cadiamo nella trappola dei privilegiati che vogliono continuare a parassitare sulle nostre spalle, ma…
OCCUPIAMO LA RAI!
Approfittiamone intanto che loro restano a casa.
P.S.: La stesura di questo articolo è stata possibile solo perché il sottoscritto ha disattivato la “limitazione dei contenuti di natura politica” che Instagram ha attivato in automatico col nuovo aggiornamento e si è trovato nel feed un reel che altrimenti non avrebbe mai potuto vedere.
Queste sono le nuove frontiere della censura, consigliamo di concentrarsi su quelle, sul “nudging” (come già spiegavamo in tempi non sospetti, in occasione della Contromostra in Statale): sarà la selezione dell’algoritmo che, con sempre maggior sequenza, sommergerà di gattini e cazzate simili i contenuti eversivi che non riesce a bannare. Altro che Giorgia Meloni e i giornalisti Rai che piangono come degli npc.
Il Leviatano non conosce limiti.
Per disattivare il filtro su Instagram: > impostazioni e attività (le “tre righe in alto a destra” quando aprite il vostro profilo) > contenuti suggeriti > contenuti di natura politica > “non limitare i contenuti di natura politica delle persone che non segui”