In un’intervista metropolitana tra tram 9, bangladini e confessioni sincere, i Grill Boys si raccontano come crew, come fratellanza e come scarto lucidissimo del sistema musicale.
È un lunedì sera che anticipa la primavera. Non è ancora scattata l’ora legale ma il cielo è ancora bello chiaro, e Milano è frizzante. Aspetto il 9. Arriva, lo prendo, lui parte, mi porta al punto d’incontro. Vedo Ranpo stranamente in orario, che chiacchiera animosamente con i nostri bersagli. Oggi intervistiamo i Grill Boys, per i fedeli semplicemente La Grill.
Sono Cony, Ruben, Gio, e un loro collaboratore fedele di nome Zeno, in arte Sonic Lord, una sorta di essere semi mitologico che sembra appartenere a un’epoca passata ma non troppo lontana. Parleremo anche di lui.
Ora inziamo.
Ranpo:
Stiamo facendo questa intervista in un posto molto speciale per la Grill, ovvero al bangla di Via Col di Lana, dove sono stati fatti vari release party, ma in generale per voi è un posto storico. Perché il bangla?
Cony:
Perché era il punto di incontro più vicino alle nostre case in zona 24 Maggio, anche se adesso ci siamo spostati più vicino a casa di Gio perché c’ha il culo pesante e quindi stiamo andando dall’altro bangla. Però questo rimane il nostro bangla di fiducia.
Ranpo:
La Grill mi sembra uno dei pochi gruppi che fanno indie-trap ed è un progetto che parla soprattutto di Milano. Qual è il vostro rapporto con la città, visto che questi luoghi, come lo stesso bangladino, escono dalle vostre canzoni?
Io, avendo avuto un’esperienza fuori Milano di tre anni ad Urbino, mi sono reso conto di quanto sia meglio vivere in una piccola città rispetto a una grande città come Milano, che odio per molti motivi.
È dispersiva, non riesci a creare rapporti sociali. Pensate al problema della gentrificazione, i prezzi degli affitti sono giganteschi. Se vuoi vivere da solo non ce la riesce a fare, mentre in altri posti ce la si fa.
Ranpo chiede poi a Ruben se vive ancora con i suoi. L’intervistato afferma di vivere da solo. Ranpo chiede conferma al resto della Grill. La Grill conferma.
Rimaniamo sulla Milanosfera. A me piace fare questa domanda agli artisti: quali sono per voi i simboli della vostra Milano? Avete dedicato una canzone a Fondazione Prada per esempio.
Ruben:
Fondazione Prada non è memorabile, me la ricordo perché ci sono andato una volta con la mia ex. Il posto memorabile è 24 Maggio, senza dubbio, e i bangladini che popolano tutta Milano.
Più bangladini, meno gentrificazione.
Bardo:
E il Politecnico? (cit di Politecnico Poliamore) Cosa pensate del sistema universitario italiano? È un sistema fallito secondo voi?
Ruben:
Allora, la traccia sul Politecnico nasce perché io non sono stato ammesso al Politecnico di Milano e quindi me la sono presa male, ho voluto fare un dissing.
È più uno stare con se stessi in un contesto caloroso, che ti spinge a fare, ma non ti spinge poi verso la vera vita.
Zeno:
…devo dire che l’università forse è uno dei più grandi fallimenti in cui io mi sia mai incappato e una delle più grandi bolle d’ignoranza…
È pieno di antagonismi accademici, di persone che non vogliono sfigurare e avere il contentino del professore.
È un’illusione che dà l’idea di creare un sentiero disseminato di incertezze, una volta terminato quel ridicolo ciclo di studi che dura 3, 4, 5, 8, 10 anni…
Se non hai quello spirito accademico da 30 e lode, ti lascia a terra.
Gio:
Io ho fatto Belle Arti a Londra, in un’università anche prestigiosa, ma il nome non sempre conta. Si spendono un sacco di soldi per studiare, però uno deve rendersi conto a cosa va incontro.
Scatta una rapida diatriba tra la Grill e Zeno. Forse ha scambiato la sua brutta esperienza personale con il fallimento generale del sistema universitario italiano. Parte qualche sfottò.La Grill si riassesta.
Cony:
Io ho fatto un corso di studi musicale, tante nozioni. Dove ho davvero imparato è stato in studio di registrazione, dove ho fatto lo schiavetto ma ho guardato i professionisti, i veri artigiani.
Il cielo si scurisce. Sfrecciano i motorini, le auto, i tram. Trema il pavé.
Bardo:
Curate voi le grafiche e le copertine del vostro progetto?
Ruben:
Io mi sono sempre posto come direttore artistico dei Grill. Volevo inserire nel nostro progetto figure esterne e che quindi non fossimo noi in prima persona a creare le immagini per il progetto Grill Boys. Con Instagram cercavo persone che fossero coerenti con il nostro percorso, con la nostra visione. Teniamo abbastanza alla nostra immagine, che le robe che escono siano visivamente interessanti.
M1$$ F1x1t (interviene a sorpresa):
Negli ultimi due pezzi che avete fatto uscire c’è un immaginario molto cartoon. Ci sarà un seguito a questa linea?
Gio:
Le ha fatte un illustratore che collabora con noi, Paolo Gentili. La prima illustrazione che ha fatto è la cover dell’album che non avete ancora visto, e poi abbiamo pensato di fargli fare anche i singoli.
Ranpo:
Una delle canzoni bandiera dei Grill Boys con cui io vi ho conosciuti dice “sono sotto una ragazza ma non sotto etichetta”. Ora siete sotto etichetta ma anche sotto una ragazza. Qual è la vostra visione dell’amore?
Cony:
È da un bel po’ che non sto sotto una ragazza, però i nostri pezzi sono prettamente dedicati alle nostre crush, alle nostre relazioni finite male. Rodolfo era un album nato dal periodo in cui mi ero appena lasciato dopo tre anni con la mia ex e ho passato un momento bello tosto, pieno di emozioni, tra serate dove mi divertivo e altre invece in cui ero in down totale.
Ranpo:
E che cos’è per te l’amore quindi?
Cony:
Non l’ho ancora capito veramente, però spero di dirtelo in una prossima intervista.
Ranpo:
Parliamo di Blob. Io lo considero un album un po’ pirata visto i vari dissing che si sono scatenati. L’avete fatto uscire senza chiedere i permessi, no? In questo disco ci sono pezzi iconici come Milano Cringe. Cos’è per voi Blob?
Ruben:
Per me sotto il punto di vista che hai citato, ovvero quello delle collaborazioni, è stata una disfatta totale. Era un album che voleva essere pieno di collaborazioni e poi è stato fatto uscire pirata, quindi senza alcuna autorizzazione. Questo ha suscitato diversi problemi con persone terze che erano coinvolte all’interno del disco.
In ogni caso per me è stato un disco importante, tanto che me lo sono tatuato sulla coscia.
Ci fidiamo di Ruben, perciò non gli chiediamo di spogliarsi.
Ranpo:
Diteci qualcosa su La Crisi dell’Uomo.
Gio:
È centrale l’amore come ogni volta per la Grill, o meglio, è centrale la delusione amorosa. Personalmente è ciò in cui mi ritrovo, la sensazione di non sentirsi all’altezza, di non essere uomo.
“Benvenuti nell’era della crisi dell’uomo”
Quel tweet l’avevo scritto io. Ruben mi disse: “questo è il titolo dell’album”. Mia madre mi diceva che non ci sono più gli uomini di una volta. Il genere maschile sta subendo un decadimento.
Io sono nostalgico. Penso spesso a quelle figure maschili alla Elvis, il contrario di ciò che succede oggi.
Ranpo:
Zeno, che Pokémon ti senti?
Zeno:
Dei Pokémon non me ne frega un cazzo.
Passiamo al suo progetto musicale, Sonic Lord.
Zeno:
Come ha detto prima Giovanni, tutto quello che riguarda il mio interesse estetico, sonoro, musicale è qualcosa che volge al passato.
Più uno va avanti, più si rende conto che il passato ha qualcosa in più rispetto al futuro.
Io ho una ricerca quasi morbosa dell’immaginario degli ultimi 15 anni. Voglio creare qualcosa che non possa essere identificato con un’epoca. Le vecchie discoteche, i privè 2011, quella roba lì. È quello che mi affascina.
Udiamo il boato del 9. Tung tung tung tung tung tung sahur. Il 9 è futurismo.
Bardo:
Avete parlato di X Factor (X Fucktor). Brutta esperienza? Pensate sia un programma sbagliato in assoluto?
Cony:
È tutto scritto, ci sono gli sceneggiatori che vedono un personaggio e gli dicono le frasi che deve dire. È abbastanza una tristezza, come tutta la televisione italiana.
Musicisti veri non se ne sono visti, a parte noi.
Cony la tocca piano, noi ci divertiamo.
Bardo:
Voi parlate spesso del marcio del sistema musicale. Denunciate qualcosa che pochi artisti hanno il coraggio di dire.
Ranpo:
Ora che siete sotto etichetta… attenzione a quello che siete.
Cony:
Le etichette hanno i contatti. Hai qualche follower, sei carino, vai bene.
Ruben:
Il rigurgito che abbiamo verso le etichette è frutto anche di frustrazione. Perché non riesci a emergere dall’underground, ti ritrovi nella fanghiglia.
L’etichetta ti sembra irraggiungibile. È frustrazione pura.
Cony:
Perché non possiamo stare con chi ci riesce, magari solo perché non abbiamo il contatto giusto.
Gio:
Non è facile cambiare queste cose. Se girano i soldi è difficile cambiare qualcosa. È anche un’illusione voler fare soldi a tutti i costi con la musica. Ma abbiamo fatto questo piccolo contratto: è un inizio, è già un traguardo.
Cony:
Comunque lo facciamo per divertirci, per berci qualche birra insieme.
Ranpo:
Vi ho conosciuti grazie a un adesivo di Nuove Tipe. Disco che all’inizio mi ha messo tristezza ma che mi ha trasmesso anche un’energia. Quella che probabilmente nasce dalla vostra amicizia.
Ruben:
L’amicizia è tutto.
È il motore. Se no sarebbe finito tutto subito.
Cony:
Usciamo ancora insieme, anche fuori dalla musica. Il progetto dura da 7 anni.
Il 4 Novembre ricorre una festa nazionale, il Giorno dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate in Italia. Oggi è quindi una giornata di orgoglio, o è solo folklore?
I piccioni come uomini, gli uomini come piccioni.
Un mondo di briciole, disarticolato, ritorto contro l’essere stesso che lo vive, collassato sulla volontà che esprime.
Automaticamente alla voce Lynch il database della vostra mente può riportarvi a vecchie discussioni avute con amanti del cinema vostri conoscenti, amici o parenti che siano, avranno un gusto retro di tempo perso. Non perduto.