Luigi Mangione è l’Anti-Eroe Accelereazionario

Luigi Mangione è l’Anti-Eroe Accelereazionario
Lettura boomer
Perché Mangione non è cringe. Niente affatto. È totalmente kek:  simil-conservatore, un reazionario senza filtri, un primitivista che vede nel progresso qualcosa di antiumano.

Luigi Mangione: un nome che sembra falso, tirato fuori dai meandri dell’italiosfera. Faccino pulito, denti bianchissimi e fisico atletico, curriculum Ivy League - un prodigio. Ma Luigi non si accontenta della vita che potrebbe avere con queste credenziali, esplode come una molotov nella distopia quotidiana. Luigi Mangione si trasforma nell’anti-CEO. La sua firma la scrive con il sangue di Brian Thompson, l’amministratore delegato di UnitedHealthcare. Il movente è una rivolta contro il sistema fraudolento delle assicurazioni sanitarie, il meccanismo predatorio del debito che, come un parassita, spilla fino all’ultimo centesimo ai poveracci, per poi lasciarli inermi quando hanno bisogno di aiuto.

Fermiamoci un secondo: davvero vogliamo inquadrarlo così, come un banale “eroe del popolo”? Allora non ci conoscete. Non ci conoscete affatto.

Qui non ci sono eroi, solo vettori di caos. Luigi è un simbolo post-ironico della vendetta collettiva. Non è qui per piacere a te, non è qui per redimere il mondo. Luigi Mangione è la caricatura della Rivolta: l’umano che diventa meme sfuggendo al sistema. 

Il 4 dicembre 2024, ha fatto quello che in molti sognano ma nessuno osa fare: sparare al sistema, ma i suoi proiettili sono fisicamente proiettili (anche se pure questi non scherzano).

In meno di 24 ore dal suo arresto il Mangione diventa una star, un Robin Hood per zoomerini cresciuti a pane e marxismo universitario. Meme che lo elevano a simbolo della resistenza contro il capitalismo selvaggio, l’eroe del proletariato.

Un’occhiata e capiamo subito che qualcosa non torna. Mangione non è l’eroe di queste persone, non ne incarna i tratti distintivi, anzi, sembrerebbe piuttosto l’esatto opposto: Luigi è vivo, atletico, carismatico, brucia di vitalità, esplode come un vulcano di estroversione senza nevrosi né angosce.

Luigi non è un figlio del popolo, è stato incubato nel ventre delle élites, le sue radici sono piantate nel terreno dell’America old money. Non viene da nessuna periferia abbandonata, la sua rabbia non proviene da lì. Luigi ha scalato ogni gradino del percorso che porta al tavolo dei vincitori, seguendo alla lettera il manuale del successo. Ma poi, crack. Qualcosa nel meccanismo si è spezzato, e il perfetto ingranaggio si è trasformato in un proiettile impazzito.

Il cortocircuito di Luigi è tutto qui: cresciuto per alimentare il sistema, si rivolta contro di esso. Un traditore su cui avevano investito ogni aspettativa che non si limita a disertare, ma affonda una lama dritta nella schiena del sistema. Luigi non è un outlier, un underdog, è un glitch che non era stato previsto, un errore del sistema.

L’America liberal si era preparata per accogliere un redentore, il volto pulito della giustizia sociale. Invece, è arrivato un antieroe. Uno scomodo, troppo complesso per un copione cinematografico. Delusione inevitabile: il mondo non è un romanzo edificante, è un campo di battaglia. Se Weber aveva ragione – spoiler: l’avevai veri rivoluzionari non nascono nelle periferie della società, ma proprio nel cuore pulsante del potere. E Luigi Mangione non poteva essere diverso: nato tra i potenti, tradisce il suo lignaggio per riscrivere le regole. Il personaggio che sognavano, non poteva emergere da questo mondo. Soprattutto, non poteva mai essere uno di loro.

Non ne hanno i geni, né la visione. Lui è l’antitesi alle loro proteste sterili. Non si adatta al loro mondo. Non appartiene a quella folla che cerca redenzione nella sconfitta. Come fanno allora a partorire una figura simile?

La risposta è fin troppo ovvia: non lo fanno. Luigi Mangione è un corpo estraneo a quel mondo. Con loro, in realtà, non ha nulla a che fare.

Così il panico digitale si accende: Internet sguinzaglia i suoi mastini da tastiera per scavare, indagare, capire chi diavolo sia davvero Luigi Mangione, questo Chad solare che cancella un CEO pingue e grigio con la grazia e il rigore di un esecutore divino. L’internet è ipnotizzato, ma qualcosa non torna.

Perché Mangione non è cringe. Niente affatto. È totalmente keksimil-conservatore, un reazionario senza filtri, un primitivista che vede nel progresso qualcosa di antiumano. In un post prescrive ai giapponesi meno anime e più sesso, meno degenerazione culturale e più spiritualità. In un altro, vuole distruggere i grattacieli senz’anima per riportare l’architettura tradizionale tra le strade delle città occidentali, sogna un ritorno al mondo carico di significati trascendenti, loda i valori cristiani che il nichilismo contemporaneo ha fatto evaporare.

Per lui la crisi è anche spirituale. Il declino dell’Occidente è una tragedia scritta anche dall’ateismo militante che rinuncia a Dio per venerare la politica e i dogmi vacui del wokismo. Con loro non ha pietà: sono i becchini della civiltà, i curatori fallimentari di un mondo che non ha più idoli, e ne crea allora con l’ideologia della tolleranza.

Punta il dito contro il woke come una lama affilata, accusandolo di sacrificare la sostanza in nome dell’apparenza, di preferire la faccia patinata dell’inclusività a scapito della meritocrazia. Per lui è un culto che non emancipa ma soffoca, una religione laica del conformismo intellettuale che strangola ogni spiraglio di libertà.

Tra le sue letture, spunta Ted Kaczynski, del quale scrive in una recensione encomiastica del suo manifesto: La società industriale e il suo futuro.

All’improvviso tutto sembra acquisire un senso, la chiave sta tutta nell’incipit: nella prosa tagliente di Zio Ted, l’intellettuale di sinistra è la personificazione della debolezza. Sovrasocializzato, melenso, privo di nervi e spina dorsale, incapace di abbracciare posizioni scomode o di resistere al vento delle mode. Il loro mondo è un pantano di idee morbide e compromessi con il sistema. Non è un caso: Luigi Mangione ha ascoltato questa sentenza e, nel fuoco della sua radicalizzazione, ha immolato l’intero archetipo sull’altare della rivolta. Il suo cammino è un incendio, una corsa senza freni verso il disprezzo per la debolezza ideologica, verso un sé che risuona della lezione di Kaczynski: non sopravvivi nella modernità se non impari a distruggerla. Non c’è spazio per molli equilibri o intellettualismi sfumati: o spariamo o spariamo. Luigi è un prodotto di quel rogo, il figlio ribelle che ha fatto della lotta alla tecnosfera il suo carburante.

Quando parla di tecnologia però, va da tutt’altra parte: da bravo techbro crede in tutte le grandi promesse dell’industria. Avremo l’Intelligenza Artificiale Generalizzata, l’immortalità e la longevità ci aspetta, l’uomo conquisterà il cosmo. In altre parole, il culto macchinico di Peter Thiel, di cui ricondivide i pensieri su X. Luigi incarna le contraddizioni di ogni accelereazionario. Strattonato di qua e di là dai due zii Ted e Nick, finisce con compiere un gesto rivoluzionario (ma anche decisamente tradizionale e conservatore) come un assassinio, stringendo fra le mani il rosario dell’accelerazionismo.

Non a caso è anche un grande fan di Elon Musk. di cui condivide molte idee sul wokismo: il pietismo da social media impantana la civiltà, i titani del silicio come Musk e Thiel invece ci proiettano nel futuro, ci daranno Marte e l'Immortalità, il destino faustiano dell'uomo.

Non sarà mai la mascotte della loro rivoluzione di carta. Non hanno le coordinate per gestirlo: scorretto più del dovuto, dissacrante fino all’eccesso e decisamente troppo vivo. Luigi non si piega, non si conforma, è un lampo che brucia troppo in fretta per il loro radar. Ma il vero pugno nello stomaco per loro è un altro: la constatazione che uno zoomerino radicalizzato a forza di meme Save Europe, Ted K e Alt-Right ha realizzato ciò che loro, in mezzo secolo di radicalismo da college, teorizzano a parole ma non hanno mai osato compiere. Oggi, il più grande anticapitalista americano è un no vax, un reazionario, qualcuno che loro bollerebbero come di destra o addirittura fascio. Mangione li ha sconfitti sul tempo e sul coraggio. Mentre lui sparava al sistema, i filosofi della rivoluzione erano chiusi in qualche aula a parlare della prossima assemblea, del prossimo convegno o della prossima serata di slam poetry. È un ribaltamento che non riescono a mandare giù: la verità che brucia è che i veri ribelli non sono mai stati loro.

Mangione non è rosso o blu, non è repubblicano o democratico. Appartiene alla grey tribe, una zona grigia di cui pochi sapevano qualcosa. Ma attenzione, questa zona di mezzo non è un tranquillo territorio centrista, per fortuna.

Sono i libertari tecnofili, gli amanti della razionalità spinta all’estremo. Il loro linguaggio non è tradizionale, è un intruglio di meme, manifesti di nicchia e riferimenti oscuri che si stratificano nei meandri del cyberspazio. Esoterismo politico puro. Luigi è il loro stregone, come un predatore metapolitico ha tradotto in azione il pensiero composito che questo spazio stocastico gli ha trasmesso. Questa volta l’America non si è trovata a combattere contro uno shooter estremista di parte, ma con un meme a mano armata.

E allora, per chi ha orecchie per sentire, il messaggio è chiaro. Gli osservatori più astuti l’avranno già colto: tutti le estetiche, i temi, i lampi che Luigi Mangione incarna nel suo universo simbolico hanno già trovato casa qui, sul Blast. Non è una coincidenza, non è un glitch nella realtà: è ciò che stiamo cercando di dirvi sin dall’inizio. Se non l’avete capito: c’è un’altra versione dei fatti.

Controstoria di Luigi Nicholas Mangione, detto “L’Accelereazionario

In un futuro che ha agito retrospettivamente sul presente, Luigi Nicholas Mangione ci leggeva e ci studiava con la precisione di un cyber-archeologo, scovando nelle nostre parole le contraddizioni che ci avrebbero condannato. Non si è limitato a contemplarci, ha agito. L’incipit di Proiettili era chiaro: o spariamo o spariamo. Luigi ha preso questa iper-realtà e l’ha trasformata in azione concreta, sparando con la freddezza chirurgica di chi sa che il tempo è un vincolo inutile, perché di tempo ce n’è sempre di meno.

Luigi Mangione è stato infatti avvistato nei suoi ultimi spostamenti con una rivista poco conosciuta in mano. Proiettili di carta, di ferro e altri che sono le idee. Le seguenti immagini dimostrano che in un futuro fittizio, in questa storia c’entriamo anche noi:

Giovanni Lindo Ferretti, l’asceta dell’Appennino, oggi riecheggia questo spirito. Immerso nelle foreste, canta un inno grottesco e irresistibile sulle note dei CCCP: “Spara Luigi, spara!” La melodia si diffonde come un’onda sonora tra le cime. Mangione, nel suo gesto di uccidere il CEO Thompson icona plastificata delle multinazionali farmaceutiche – È stato alla fine cantato da una cassiera del McDonald’s di Altoona, lavoratrice che, in un film, di Hollywood, lo avrebbe fatto uscire dalla porta sul retro. GG.

Stando al profilo che lentamente emerge dall’infosfera, Luigi Mangione è una figura che si inserisce perfettamente nell’universo Blast ed entrerà a far parte della nuova condizione dell’Italiosfera. Perché avanziamo questa ‘’teoria del complotto’’? Perché cospirare tanto?

Perché è bello, perché potrebbe essere anche vero. Anzi, è senza dubbio così.

Luigi Mangione è il nostro lettore ideale, raccoglie in sé due istanze contraddittorie (non sia bene fino a quanto contraddittorie a questo punto). Figlio della classe agiata, convinto anticapitalista che si è scagliato contro le corporazioni delle multinazionali del farmaco (il documento manoscritto trovato al momento del suo arresto cita “Questi parassiti se la sono cercata” e “Mi scuso per qualsiasi conflitto e trauma, ma doveva essere fatto”), ma comunque ben lontano dal poter essere etichettato con il tradizionale ‘’compagno’’ (nonostante i meme che lo idolatrano appartengono a questa area). Evidenti sono infatti alcuni apprezzamenti nei confronti di personaggi appartenenti a tutt’altra area, come Kennedy jr (personalità particolare, la più complessa del team di Trump), Peter Thiel (mano occulta della vicepresidenza), Elon Musk e, più in generale, alla cultura woke che infesta le aule universitarie. Oltre a questo, Mangione ha fatto sua una certa componente reazionaria e antimoderna e si fa portavoce di un nuovo spirito che deve guidare l’uomo nel futuro, lontano dall’edonismo depresso e dal consumismo compulsivo. Mangione ha scelto di essere incatalogabile, come Blast del resto, per questo è stato un nostro lettore, un nostro ammiratore: noi abbiamo deciso di immergerci da tempo in questo caos e questa modernità.

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