L’inizio della caduta delle élite americane è il collasso di un’illusione. La stessa, infinita, grande narrazione che per decenni ha pompato lo storytelling degli USA come il modello della democrazia, il faro per le masse globali, è caduta. Ed è successo nel giro di pochi anni, più veloce di quanto i megafoni delle liberal élite occidentali possano ancora digerire: tutto si sgonfia
. E non sono stati nemmeno i conservatori, non i fascisti, i russi o cinesi a spazzare via la facciata. No, l’arma è stata un plebiscito popolare: il trionfo di un ex tycoon, una furia fuori dagli schemi, una fabbrica di fake news senza fronzoli, che alla fine ha incassato non solo il voto dei boomer destrorsi repubblicani, ma anche quello delle periferie, dei latinos, della working class e di molte altre minoranze.
Trump non ha semplicemente vinto. Trump è stato scelto dalle rovine del sogno Dem di ergersi a guida morale del globo.
E nel silenzio dei parrucconi di Washington e dei salotti newyorkesi, c’è chi ha osato dirlo chiaro: Bernie Sanders, la vecchia volpe che, anche questa volta, ha fatto il suo. L’affondo sganciato dal governatore del Vermont rimbalza da un capo all’altro dell’infosfera e fa malissimo, perché con le sue dichiarazioni ha rifiutato di rifugiarsi nel pianto apocalittico dei grandi media:
«Non sorprende che un Partito Democratico, che ha abbandonato la classe lavoratrice, scopra che la classe lavoratrice gli ha voltato le spalle alle urne […] lo stesso vale per l’elettorato nero e latino. Mentre la leadership democratica difende lo status quo, il popolo americano è arrabbiato e vuole il cambiamento. E ha ragione».
Sanders accusa il Partito Democratico di essere in mano all’élite finanziarie e mediatiche del paese
, di aver perso la bussola nei salotti della borghesia, di non fare letteralmente nulla di concreto per il dramma palestinese, finendo comunque a spendere «miliardi di dollari per finanziare il governo estremista di Benjamin Netanyahu e la sua guerra senza limiti contro il popolo palestinese che ha prodotto un orrendo disastro umanitario». Tagliente, Sanders è andato a segno: altro che minoranze intercettate, altro che coalizioni inclusive, ma élite ambigue e guerrafondaie
. Difficile da digerire per l’establishment Dem, ormai composto da nient’altro che figure avvizzite, che interpretano la democrazia come un rituale in una parata. Siamo nel pieno del capovolgimento e, come ogni volta che un sistema si ribalta, ci si affretta a gridare al fascismo, alla fine della democrazia, all’inizio della fine e alla fine della fine. Oggi bisogna spiegare a tutti i lettori (e quindi anche noi a partire da qualche giorno fa) della carta straccia italiana perché è successo quel che è successo, ovvero, l’indicibile: molti immigrati e molte minoranze etniche hanno votato per Trump. Eppure la Harris, sponsorizzata in pompa magna da Obam(n)a, da Google, e da quasi l’80% del mainstream mediatico americano, era stata scelta al posto del nonno scorreggione proprio per intercettare le cosiddette minoranze e i giovani. La strategia era chiara: puntare tutto sulle identità.
Ma l’elettorato nero, latino, gli ultimi veri elettori ‘di peso’, hanno voltato le spalle a tutto questo. Ed è così che gli stessi immigrati hanno scelto chi alza muri, chi invoca il nemico esterno (russo, cinese o messicano poco importa).
Chi si trova economicamente a lottare per la vita ha scelto Trump e non la Harris.
Perché gli immigrati hanno votato Trump, l’anti-immigrazionista?
Si potrebbe formulare la domanda anche in altro modo: perché gli ‘ultimi’ e la working class stanno votando sempre più a destra? Un terzo modo di porre la domanda potrebbe essere questo: perché un marxista europeo preferirebbe Trump alla Harris (se ne è accorto persino Formigli a Piazza Pulita quando ha dichiarato come la sinistra radicale, nonostante il neneismo di fondo, considera Trump il male minore)?
Quello che i Democratici chiamano ‘movimento inclusivo’ non è altro che un impianto autoreferenziale d’inclusività, un castello di carte dove il cittadino medio o piccolo non ha mai avuto un posto reale. E così, il popolo vota Trump perché è stanco di essere preso in giro. La sinistra, quella che avrebbe dovuto emanciparlo, ha fallito nel modo più spettacolare, nel modo più magnifico, mentre i media ancora insistono a narrarci tutto come l’ennesimo incidente della Storia.
Nella contea di Starr, Texas, popolata al 97% da ispanici, si è verificata una svolta storica: per la prima volta dal 1892, la maggioranza ha votato per il candidato repubblicano. Donald Trump ha ricevuto il 57,7% dei voti, rispetto al 41,8% di Kamala Harris. Questo sorprendente cambio di preferenza, in una delle zone più latine e Democrat del paese, è emblematico della disillusione che gli ispanici sentono verso il Partito Democratico, considerato sempre meno vicino alle loro reali necessità, concentrato sull’utilizzo delle schwa e i cambi dei pronomi. Nonostante le posizioni di Trump sull’immigrazione – caratterizzate da proposte di chiusura delle frontiere e deportazioni di massa – il 45% degli ispanici ha scelto di sostenerlo, con un incremento del 25% rispetto al 2020
. Il divario con i democratici, che era di 33 punti, si è ora ridotto a soli 8 punti. Dietro a questa scelta, emergono diversi fattori legati a frustrazioni profonde verso le promesse non mantenute dal Partito Democratico (una malattia comune anche alle socialdemocrazie neoliberiste europee), soprattutto sul fronte della regolarizzazione degli immigrati irregolari, una promessa che da decenni non ha trovato realizzazione.
La leadership democratica ha fatto della difesa dei diritti civili e delle minoranze un mantra, un inno per ogni singolo tema identitario, direi quasi un feticcio, ma si dimentica della realtà politica, della sofferenza tangibile di chi lavora (o non lavora) e si spezza la schiena.
Tutto ciò ha fatto emergere una verità che è diventata una ferita aperta. La democrazia americana non è altro che una chimera gestita da una ristretta oligarchia che continua a predicare e a impacchettare il cambiamento, mentre il paese si inabissa. Fu lo stesso Naom Chomsky a sostenere che il sistema politico statunitense, pur avendo una facciata democratica, è in realtà una «polyarchy», una sorta di democrazia gestita dove il potere è concentrato nelle mani di pochi attori ricchi e influenti, come le grandi aziende, i gruppi di pressione, e le lobby finanziarie, e che i media mainstream sono largamente controllati dalle grandi corporazioni e sono incentivati a mantenere lo status quo (‘’gli americani sono arrabbiati e chiedono un cambiamento. E hanno ragione’’), filtrando le notizie in modo da supportare gli interessi delle élite.
Le socialdemocrazie occidentali coincidono con questa élite, che a sua volta coincide con le recenti strategie atlantiste di ‘esportazione della democrazia’. È il motivo che poi ha sancito il patto segreto tra chi sventola i colori arcobaleno e l’apparato militare industriale. Perché il fallimento non riguardo solo l’interno, l’iceberg che si trova tra le due coste, ma anche e soprattutto l’esterno, la sua distensione imperiale (a tal riguardo, Lucio Caracciolo: «si è costruita una sorta di élite liberal transnazionale che pensava di poter esportare la democrazia, le libertà e le regole americane dal punto di vista economico-finanziario nel mondo, non è stato così»). La ‘guerra al Terrore’ con la distruzione dell’Iraq, la rovinosa ritirata afghana, l’ascesa della Cina, la disastrosa strategia della guerra per procura alla Russia tramite l’Ucraina e la sottomissione (e la costrizione) delle democrazie europee a tale strategia (armi «fino alla vittoria!» e sanzioni «fino al collasso della Russia») ha portato l’Occidente europeo alla recessione economica, alla crisi energetica, all’economia di guerra: non lontani dal collasso, perché gli effetti domino sono imprevedibili (chiedere ai liberali cosa è successo nel 2008).
È stato l’intero sistema NATO con i suoi apparati (i nemici giurati di Trump, molto più dei Dem) a fallire, e ciò che anche solo due anni fa sembrava l’unica via di salvezza (atlantismo unico igiene del mondo) oggi ci appare come una vetrina svuotata e presa d’assalto dai consumatori compulsivi del black Friday: uno spazio vuoto.
Tale spazio, che a suo tempo si era autoproclamato “il faro dell’Occidente”, piuttosto che allargarsi e includere, si è dimostrato incapace di mantenere coeso il suo stesso popolo. Con l’ascesa di Trump, le élite si trovano a fare i conti con una consapevolezza che nessuno osava esprimere
: il sistema ha fallito. Ha fallito non solo in patria, ma anche agli occhi di una base che, per la prima volta, smette di vedere nei Democrats i custodi globali della democraziaTM e i protettori delle minoranze.