3 anni

Tutta l'arte è propaganda

Tutta l'arte è propaganda
Lettura boomer
Posso scrivere una recensione oppure posso scrivere una non recensione. E visto che siamo tutti un po’ Blast, tutto quello che scriverò in merito potrebbe essere come potrebbe non essere.

Quando leggi Orwell leggi l’indole umana vista da un avantgarde, sempre un passo avanti, o forse sono i tempi che tornano indietro e se si corregge un po’ il tiro, forse non è neanche una questione di tempi, no, loro non c’entrano nulla, sappiamo chi è il più abile di tutte le creature a complicarsi la vita.

Un libro, un viaggio nell’inclinazione dell’uomo attraverso il ragionamento di un grande pensatore del Novecento, che si interroga sul confine tra arte e propaganda politica, dell’attitudine-abitudine umana, del credere che tutto permanga nella vita, così per come la conosciamo e della relativa azione intellettuale, che nel rimanere statica, si trastulla nel ricamo dell’opera artistica per poi d’emblée, divenire tutto, soggetto di uno sconvolgimento radicale e metamorfico.

DALL’ARTE PER L’ARTE STESSA ALLA PROPAGANDA IN UN BATTITO DI CIGLIA RIVOLUZIONARIO 

C’è stato un momento per cui l’arte si faceva solo per l’arte stessa, erano gli anni d’oro, dove europei ignari di un destino incombente vivevano un periodo di forte benessere e sicurezza, dove l’unica preoccupazione oltre colonizzare, era, l’innovazione della forma tecnica. Ci troviamo nel periodo della Wolf, di Eliot, Pound e Joyce per intenderci, gli esteti della creazione artistica che in quella transitoria calma puntavano dritti all’innovazione più pura della forma più che a qualsiasi morale e la critica era di fatto tra le più esigenti.

Si può dire che in quei tempi nulla era così sconvolgente da finire su un libro cosa che invece accadde di lì a poco, –che dire di quelle colonie? Forse davvero, erano, troppo lontane-.

Così dal ’30, l’epoca viene segnata dal crollo finanziario e la successiva ascesa di Hitler, il senso di sicurezza degli anni precedenti letteralmente va dissipandosi e il tessuto sociale subisce un improvviso strappo.

Ora l’incertezza toccava le persone da vicino, era un contesto mai provato in prima persona ma solo vissuto attraverso i libri e le storie di paesi lontani, e forse solo ora si iniziava realmente a comprendere, a empatizzare, proprio come sta succedendo da qualche anno a questa parte e se, incrociando le dita, riusciamo a rimanere ancora intatti in questa corsa ad ostacoli un po’ pandemici, un po’ bellici, affinché perduri il ricordo, la memoria deve munirsi di gambe per camminare con noi, altrimenti finisce persa ancora una volta.

NELL’OCCHIO DEL CICLONE TUTTO PEPE DELLA PROPAGANDA

La portata degli eventi era permeata così a fondo che non poteva essere ignorata, bisognava schierarsi. L’humus sociale iniziò a valutare l’utilizzo dell’arte come medium dei propri ideali. Ogni individuo pensante poteva valutare che non era solo la vita ad essere minacciata ma l’intero sistema di valori e non si poteva limitare a mantenere un interesse puramente estetico, i sentimenti dovevano trovare la strada per formare un giudizio, la letteratura doveva diventare politica per principio di onestà intellettuale e di riflesso condizionato, uno strumento di propaganda.  

Così per un periodo di circa dieci anni l’arte si andava mischiando a opuscoli politici influenzando tra i tanti, anche il pensiero di giovani scrittori, che venivano direzionati ad una sola dottrina politica che di fatto rendeva impossibile, però, questa suddetta onestà intellettuale. 

Ogni opera creata con un significato o scopo, ci ricorda che il nostro giudizio estetico è sempre carico dei nostri pregiudizi e delle nostre credenze, la propaganda in un modo o nell’altro si nasconde in ogni libro.

Orwell

L’EFFETTO GRAVITAZIONALE DELLA CAUSA-NAZIONE

Orwell prende in prestito un termine, per cercare di darne forma ad un altro che risulta mancante, un vocabolo assente per delineare una consuetudine mentale, che condiziona il nostro modo di pensare su quasi ogni argomento.

Lui sceglie Nazionalismo come equivalente inglese più simile, all’idea che intende esprimere, difatti nella sua descrizione il nazionalista è colui che mette la nazione davanti –chiarendo che per nazione, intende ed estende, un qualsiasi tipo di movimento e tendenza, dal comunismo al pacifismo e tanti altri “ismo” -, arrivando persino ad annullare la sua individualità, nel bene e nel male ne favorirà il potere e il prestigio. 

Sviluppando quasi un’ossessione non saprà pensare, scrivere o parlare d’altro, un’opinione antitetica sarà vista come un brutto colpo al quale replicare bruscamente, ogni azione anche feroce se operata per la propria causa sarà reputata valida e ortodossa, negheranno il passato scomodo anche di fronte all’evidenza dei fatti tentando quasi di riscriverlo. 

LA FAMOSA MANO INVISIBILE E IL BUON MOTIVO PER INIZIARE A FINANZIARE L’ARTE

E qui scatta l’effetto allappante della propaganda, una realtà manipolante che cerca di arginare la possibilità di una qualsiasi controparte, condizionando, con innesto alla radice, il pensiero contemporaneo, attaccandolo su più fronti, rendendo le persone succubi di un determinato pensiero, ritenuto alla fine, come proprio.

Si difende la libertà morale ma non è contemplata quella politica. Vincolando l’indipendenza del pensiero, la libertà di stampa che sta nella vera libertà di opinione e critica, non è così più libera e colui che ha il coraggio di dissentire seppur magari non perseguitato attivamente, viene impedito dall’andamento generale di questa società ormai meccanopatica. Di fatto l’artista, dallo scrittore al musicista, viene obbligato a lavorare come impiegato, deve accontentarsi di lavori mortificanti ma remunerati perché altrimenti non riceverebbe, in questa lotta per l’emancipazione della verità, l’aiuto dei suoi simili, ovvero, la retribuzione per il proprio lavoro.

Soggetti alla convenienza o meno, di dire menzogne, in una perpetrazione stagnante di contenuti e del conseguente progresso, la libertà finisce tra i grandi indesiderati. E forse da ora si inizierà a rivalutare la possibilità di essere finanziatori attivi della società che si desidera, iniziando, nel proprio piccolo a dare supporto al mondo libero dell’arte. 

CONCLUSIONE

In questo copione già visto, più e più volte, proprio ora, che ci ritroviamo ancora come allora, nella fase di uno sconvolgimento che ci tocca da vicino, possiamo osservare come la macchina della propaganda sia ancora in funzione, senza esclusione di colpi, si cercano reclute, ma su molti più fronti di quello che si crede, dove alla fine è normale chiedersi se ogni azione ragionata e voluta da noi sia realmente nostra.

Così finisce che quella sensazione di déjà-vu a rischio ponfata, la metti da parte.

Forse siamo un po’ tutti figli della propaganda, la metà delle nostre idee sono non idee e l’altra metà non sono di nostra fattura. Quindi, cosa ci rimane? Il vuoto siderale dell’incertezza soverchiante, fantastico luna park emozionale, al sapor di calcio in culo. 

Dopo una crisi d’identità Pirandelliana possiamo decidere di darci per morti come Pascal e riiniziare, con un altro nome, una vita nuova ma in una società uguale; di vivere con uno, nessuno centomila versioni prototipe di noi, adatte ad ogni occasione; oppure prendere tutto quello che ingurgitiamo da sempre a occhi chiusi e iniziare a chiedersi cosa c’è dentro, per liberarlo, nel caso, da tutti i condizionamenti e i non significati extra gusto, mondandolo del superfluo. Per un ritorno alle basi del ragionamento più puro e soprattutto libero.  

Essere in grado di interrogarsi sulla realtà delle cose con una visione aperta, disponibile alla critica e opinione, ben venga il patriottismo delle idee ma senza feticci o improvvise crociate criptocristiane personali.

Il miglior modo di vivere nei propri ideali sta nel renderli liberi di essere accolti o rifiutati e non imposti. 

La conclusione è, che questo libro è molto più Blast di Blast stesso, al capitolo VI. Verso l’unione Europea, Orwell, raggiunge picchi di indubbia elevazione divina, ci consegna di fatto un oracolo dei tempi moderni, con il quale praticare dell’audace introspezione, ma non aggiungerò altro, il resto spetterà a voi leggerlo. 

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