Ma facciamo qualche passo indietro, gettiamo le basi per questo viaggio logico al limite di un TSO:
Tradizionalmente in ogni società umana di cui abbiamo memoria sono sempre state presenti delle storie da narrare.
Queste storie, in base al bardo di turno, hanno sempre contenuto un messaggio da dare all’ascoltatore, venendo così anche usate da qualsivoglia classe dirigente per mantenere il controllo su una data popolazione.
E fin qui mi direte: “grazie al cazzo”. E fate bene.
Dato che viviamo nel miglior sistema economico mai creato™ possiamo trovare delle simpatiche novità in questo rapporto bardo<—>ascoltatore.
In primo luogo la narrazione “mainstream” ci ha tartassato di retorica iper-individualistica, promettendoci che con abbastanza impegno (saliva da spalmare sulle scarpe del capo) saremmo potuti arrivare a qualsiasi vetta™ per poi fare il dito medio a tutti quelli che ci hanno screditato lungo il percorso.
Il punto è che alla vetta non ci siamo arrivati e abbiamo comunque fatto il medio a tutti, anche a chi ci voleva bene.
Ma non soffermiamoci ancora su questa filastrocca trita e ritrita, concentriamoci per il momento sulle storie in sé.
I mezzi di informazione (cioè spesso e volentieri i social) sono diventati tali da permettere quasi a tutti di creare la propria narrazione, cosicché possano sfornare migliaia se non milioni di contenuti al giorno: anche queste storie, assieme a tutte le altre, sono divenute un oggetto di consumo.
Il punto è: cosa ne facciamo di tutte queste narrazioni?
le divoriamo crude, come bestie.
Per agevolarci nella consumazione queste storie sono diventate sempre più corte, sempre più gustose, noi sempre affamati e mai sazi, in un eterno apericena cognitivo.
Ma ritorniamo ora sulla favoletta del self-made man e degli effetti sulla comunità di internauti.
Ridotti a un branco di disillusi segaioli, ritorniamo sconfitti e in post-sbornia dalla meravigliosa avventura capitalista più soli di come siamo partiti (e forse anche meno svegli).
Ci rifugiamo così fra le braccia di chi percepiamo come “simile” e qui troviamo un inghippo: il miglior sistema economico mai creato™ ci ha convinto che il “simile” è un individuo che ha abitudini di consumo comparabili alle nostre anche per quanto riguarda le storie, le narrazioni, i contenuti mediatici divorati.
Anche da questo fenomeno possiamo tracciare l’origine di ciò che oggi chiamiamo fandom.
Comunità di individui attivi anche molto tempo dopo la realizzazione dell’opera di riferimento.
Cosa che, ragionandoci su, dovrebbe sembrare contraddittoria: se il sistema economico ci incentiva a trovare costantemente nuovi contenuti da divorare, perché rimaniamo ancorati a opere esperite anche anni or sono?
Una volta finita la carica emotiva collegata alla “novità” del prodotto e (per i pochi ancora in grado) avendo decostruito fino in fondo quest’ultimo, ci si aspetterebbe un abbandono di massa.
La realtà dei fatti?
In tantissimi rimangono in questo spazio (virtuale o meno) per avere qualcuno, vibrando insieme alla collettività per ricevere quell’abbraccio torpido che tanto è mancato dopo la devastante festa capitalista.
«I mediascape non proiettano più, come è stato nel caso fino agli anni 70 del novecento, il corpo sociale verso l’altrove – la società perfetta, la salvezza, il paradiso celeste o terrestre. Esse, al contrario, sono avvolte da un’aura sacra nella misura in cui consentono agli individui di connettersi, confondersi e vibrare all’unisono nel presente»
— Vincenzo Susca: Tecnomagia
Questa vibrazione è alla base del fenomeno che stiamo per scoprire.
Il punto ora è un altro: il consumatore dopo un apericena schizofrenico che è durato fino a mezzanotte (con portate di salatini che arrivavano a ritmi sempre maggiori), si rende conto non solo di essere sazio, ma di essere arrivato a un punto fisiologicamente non sostenibile.
In preda alla nausea e alle convulsioni sbratta tutto quanto sul pavimento del locale.
Nell’imbarazzo e nel disgusto di tutti gli altri presenti, ciò che possiamo osservare ora sopra la maglia nuova del moribondo è la quintessenza del brainrot.
Un contenuto formato nella pancia del consumatore
, luogo di terribili processi e abominevoli desideri che rimescolano e amalgamano tutto ciò che è stato consumato.
Un composto eterogeneo che rifugge completamente e definitivamente da qualsiasi ideale nato dalla teoria della scelta razionale, che una volta all’aria aperta scoperchia un mondo di sensazioni, vibrazioni e emozioni che di razionale e illuminista non hanno assolutamente nulla:
Qualcosa che agli occhi di un boomer sembra un quadro di Hieronymus Bosch.
Cosa cazzo ho mangiato a cena?
Tutto ciò si rivela essere il prodotto finale del consumatore saturo e ormai alienato da qualsivoglia riflessione intellettuale scaturibile dal prodotto appena ingurgitato.
Quest’ultimo, per la propria natura intrinseca (quella di vomito) è pregno di riferimenti e immagini ancora riconducibili ai prodotti esperiti, un po’ come quelle carotine ancora distinguibili fra l’amalgama verdastra del vostro rigetto.
Ma le analogie con i media consumati finiscono qui: solo l’immagine rimane in comune, l’estetica è l’unica cosa riconoscibile, ma la sostanza si rivela essere qualcosa di completamente estraneo a qualsiasi logica di mercato concepibile.
AHAHAH quel tipo del tavolo a destra ha vomitato
Tuttavia, grazie alle meraviglie dell’internet, tutti possono vedere il vomito di tutti e consumarlo a loro volta: creando così una reazione a catena esplosiva di rigetti consecutivi.
Passando per uomini nel cesso, metafore per la masturbazione (gooning
, edging
, etc) e tormentoni quasi monosillabi marchiati a fuoco nel nostro inconscio, stiamo scrivendo una nuova definizione per la parola “media”.
Ci ritroviamo ora nei bagni del locale come una classe sociale sola e disperata, alla ricerca di una scusa per spegnere il cervello davanti alle atrocità commesse da una classe dirigente che ci ha promesso tutto e dato nulla: un abbraccio collettivo che vibra al ritmo di prodotti che, in tempi più semplici, ci fecero stare bene.
E adesso come mi pulisco?
Molto semplicemente, NON LO FAI.
Ciò che hai rigurgitato sulle tue nuove nike™
è di duplice natura: è il sintomo del disagio rispetto alla tua vita di merda e la panacea ai tuoi mali.
Smettila di nutrirti dei media tradizionali, smetti di divorare prodotti fatti con lo stampino, utili solamente a rimpinzare la tua coscienza:
SCEGLIAMO LA PILLOLA ROSSA, ABBANDONIAMO IL MATRIX
E LOBOTMIZZIAMOCI TUTTI ASSIEME IN UNA SESSIONE DI EDGING COLLETTIVA
Nutrendoci solo del prodotto di un altro essere umano, distrutto e rincoglionito almeno quanto noi possiamo sostituire definitivamente il consumismo tradizionale.
OGGI DICIAMO BASTA A QUALSIASI COSA CHE CI TENGA IMPEGNATI PER PIÙ DI 5 SECONDI
LASCIAMO MORIRE D’INEDIA L’INDUSTRIA DELL’INTRATTENIMENTO
E RIMPINZIAMOCI SOLAMENTE DELLO SBRATTO ALTRUI.
PERCHE’ NON C’E’ PIÙ NARRATIVA CHE TENGA SE IO NON CAPISCO UN CAZZO
Questo rigurgito sono io.
Siamo così arrivati al capolinea della serata, completamente ricoperti di vomito e infreddoliti, e ci si pongono davanti due scelte.
Una di queste è la barbarie pre-rivoluzionaria di Marxista memoria.
Un totale abbandono accompagnato da una presa di coscienza determinante in funzione del riconoscimento dei nemici di classe: i tempi utili alla rivoluzione intellettuale sono passati da un bel pochetto, il biennio rosso
si è infranto sotto le false promesse dei liberali impauriti e il 68’ ci ha lasciato solo una cronica dipendenza da sostanze stupefacenti.
La seconda opzione?
Decisamente più grigia: già vedo all’orizzonte (fra chip neurali, intelligenza artificiale e compagnia cantante) una nube post-umanista che vede il consumatore come animale geneticamente portato al consumo più sfrenato e dalle bassissime capacità mentali, un lobotomizzato con uno stomaco senza fondo.
“Il futuro non è scritto, ma è sicuro che sia fritto”