L’uomo sedeva al tavolino di uno dei centoquarantacinque bar che formicavano in quell’immenso tempio di vetro e cemento, sorseggiando una spremuta d’arancia rossa. Indossava una giacca casual ben stirata, mocassini lucidi che non avevano mai calpestato la polvere di una strada vera, uno zaino in pelle curata e cuffie wireless che lo isolavano dal mondo, come fossero un confine invalicabile tra lui e ciò che restava della realtà. Attendeva un volo che lo avrebbe portato in Austria, per stringere una partnership economica con un brand di proteine sintetiche molto diffuse nel mondo del bodybuilding. Gli occhi, appena velati da una stanchezza indefinita, si posano sullo schermo dello smartphone:
Ferragni Viaggi ti dà il benvenuto a bordo/ Volo Mega Aeroporto Chiara Ferragni di Milano (sezione-Berlusconi) – Innsbruck-Kranebitten/ partenza ore 8,36; data 13 ottobre 2094. Grazie per aver scelto di volare con noi, buon viaggio e a presto!
Il Mega Aeroporto Chiara Ferragni si erge come un colosso di cemento e vetro, un mostro glamour dai riflessi grigio-rosa, l’opera d’arte più impressionante della storia imprenditoriale milanese. Le navette scivolano silenziose sui pavimenti lucidi come larve meccaniche, e i taxi autonomi si affollano in attesa di passeggeri che si spostano da una parte all’altra per non fare decine di chilometri
a piedi.
Le otto piazze principali dell’aeroporto erano il cuore pulsante di questa divinità architettonica. Al centro di ognuna di esse, svettava una statua d’oro, lucente e perfetta, che ritraeva Chiara Ferragni nelle diverse fasi della sua vita, come un ciclo di divinità laiche, congelate in quel tempio della mobilità e del consumo
. Nella prima piazza, a sud del Mega-aeroporto, nei pressi della Grande Entrata, la statua della Ferragni ragazzina, con un sorriso di plastica stampato sul volto, i sogni di grandezza ancora intatti, guardava verso l’orizzonte come se potesse davvero afferrarlo.
Da sud a ovest: la statua dell’influencer appena sbocciata, con lo sguardo fisso su uno schermo immaginario, immersa nel suo mondo di filtri e like
.
Più in là, la Ferragni madre e nonna, rappresentata con una compostezza quasi sacrale. La Ferragni imprenditrice, fiera e inflessibile. Da ovest verso nord: la Ferragni politica, ritratta come dea della giustizia. La Ferragni attrice. Infine da nord a est: la Ferragni compagna fedele degli animali immersa nella natura e la Ferragni che indica la via a un gruppo di donne.
Ogni statua era una finestra su un frammento di esistenza, una narrazione creata e plasmata per essere venduta, ma che è entrata, alla fine, nel cuore caldo degli italiani. In un interstizio tra la piazza della Ferragni imprenditrice e Ferragni politica era stata conservata la sezione Aeroporto Silvio Berlusconi (la cosiddetta sezione-Berlusconi). Il vecchio aeroporto era stato inglobato, ora ridotto a una frazione insignificante
in questa sorta di minotauro architettonico pronto a stritolare ogni segno del passato.
Un vestigio ormai dimenticato, il ricordo di un uomo che una volta aveva plasmato le coscienze, un Cavaliere che aveva fatto la storia, il creatore dell’eterno futuro-presente.
L’uomo era seduto al tavolino, nella sezione-Berlusconi
del Mega Aeroporto, con lo sguardo perso su una t-shirt appesa in una vetrina lì vicino. Il volto di Silvio Berlusconi lo fissava, sorridente, con quell’espressione beffarda di chi sembra sapere tutto, di chi gioca una partita già vinta.
Le dita del Cavaliere, immortalate in quel gesto iconico delle corna, sono un simbolo di una sfida eterna
, un’ironia divenuta tratto distintivo, che ormai è parte del folklore (inter)nazionale. Il Cavaliere in abito formale, una figura che sembra al contempo ironica e iconica, il simbolo di un’epoca che, sebbene morta, continua a persistere
in ogni fibra della società.
Berlusconi era diventato il fantasma che infesta ogni angolo del sistema.
Quella t-shirt continuava a fissarlo
. All’improvviso qualcosa di inquietante accadde: i ‘capelli’ di Berlusconi iniziarono a crescere, si allungavano nello spazio della t-shirt diventando biondi e fluenti.Il suo viso si allungò, i lineamenti si fecero più delicati, gli occhi celesti, più grandi e luminosi.
In pochi istanti, al posto del volto beffardo dell’ex premier, apparve il viso perfetto
di Chiara Ferragni, sorridente. L’uomo tentò contemporaneamente di alzarsi e indietreggiare, finendo rovinosamente a terra. Tentò di rialzarsi, di risistemarsi. Strizzò gli occhi e rivolse lo sguardo verso la t-shirt: il volto della Ferragni era ancora lì e, come se non bastasse, le labbra cominciarono a muoversi:
«
Sentiti libera
»,
gli sussurrò.
Una strana sensazione di panico si diffuse nel suo spirito, fortunatamente interrotta dalla voce robotica dell’altoparlante che informava l’apertura per l’imbarco della sezione-Berlusconi. Fu in quel momento che quel piccolo-medio imprenditore milanese capì
. Quella metamorfosi avvenuta sul cotone lo aveva folgorato sulla via di Damasco.
Un flusso di pensieri, che sembravano venire dall’esterno, da fuori-di-lui, invase la sua mente. Chiara Ferragni, quella figura così brillante, potente, che aveva spaccato l’Italia
proprio come Silvio, seguendo alla perfezione il suo paradigma.
Era lei, senza dubbio, la degna erede del Cavaliere. Se Silvio aveva messo le basi, lei aveva costruito sopra di esse un intero impero capace di assorbire l’immaginario stesso
di Berlusconi.
Berlusconi aveva cominciato sfidando la Rai, con la sua Telemilano
, negli anni Settanta. Era stata una sfida titanica, considerando il ruolo che la Rai aveva giocato nell’alfabetizzazione delle masse italiane dopo la guerra. E Il Cavaliere vinse. Mediaset era diventata l’arena dove la battaglia per le coscienze si combatteva: gli auguri di Natale del Cavaliere, Hollywood, pubblicità incessante, film erotici in tarda serata, programmi camp dall’edonismo dilagante. Tutto orchestrato per distrarre, per intrattenere, per affascinare.
“Era stato lui il vero
traghettatore dell'Italia verso la globalizzazione
”
pensava l’uomo, quasi ammirato. Berlusconi aveva creato un mondo dove ogni sogno era vendibile, e dove l’illusione di libertà si nutriva di immagini e promesse vuote.
Esattamente, è andata così. È stata l’inevitabile, finale e terminale americanizzazione del nostro paese (il motto dell’«uno su mille ce la fa», basta avere un sogno nel cassetto): offrire alle persone un simulacro in cui credere. Il sogno che un giorno anche un fanciullo della fangosa plebaglia possa diventare Re. Quante favole sviluppano questo motivo? Simulare l’opportunità di inseguire il desiderio a donare felicità, non la sua realizzazione. Era tutto così perfetto. Berlusconi aveva capito che per controllare la società dovevi controllarne i sogni
.
Adesso i pensieri cominciavano a farsi più lineari, consequenziali. E Chiara? Lei non aveva neanche dovuto combattere. Aveva ereditato quel potere come se fosse un diritto divino, come se fosse scritto nel DNA della nuova vecchia Italia
. Non c’era bisogno di discorsi elettorali o di comizi, bastava un post, una storia su Instagram, un sorriso perfetto rivolto ai suoi milioni di follower.
Instagram
era a quei tempi molto più di un social network, ma uno strumento di potere che ridefiniva i meccanismi di approvazione e influenza sociale, rivelando una visione estetizzata e superficiale della realtà. Proprio come Berlusconi, aveva creato un’egemonia culturale che non era mai stata una semplice questione politica. Era diventata un’idea, un modo di vivere, di pensare.
Chiara Ferragni aveva portato quel vessillo con orgoglio. Chiara è stata la Giovanna d’Arco della cultura liberale di Berlusconi. È una questione di visione del mondo. Se Berlusconi aveva traghettato l’Italia nel mercato globale, Ferragni aveva perfezionato quel viaggio, portando con sé milioni di seguaci che credevano in un sogno fatto di bellezza, successo, e libertà apparenti,
proprio come il suo padre spirituale.
Berlusconi aveva imposto la sua visione attraverso la televisione, Ferragni l’aveva fatto con un semplice account Instagram
che a un certo punto cominciò a fatturare il triplo dell’impero Mediaset. Poi, nel 2044, la nuova grande svolta dopo Instagram: la discesa nell’arena politica, mezzo secolo dopo il Cavaliere. Dal ‘Popolo delle Libertà’ al partito Sentiti Liberɘ, «il partito di tutt* e per tutt*».
Il Ferragnismo
, prolungazione temporale del Berlusconismo, durò circa trent’anni, con molti alti e pochi bassi: due matrimoni, sei figli e un impero politico-pubblicitario di portata globale: piattaforme televisive, giornali cartacei e online, case discografiche, oltre ottanta marchi di make-up, una catena di ‘scuole di stile’, grandi gruppi imprenditoriali sull’asse Milano-New York, clientelismo politico, strategie di marketing vincenti: l’imprenditoria come unica ontologia possibile
.
I pochi ‘bassi’ che sembravano poter sgretolare la sua immagine vennero dimenticati con il tempo: gli scandali finanziari sulla beneficenza, la fine del matrimonio con Fedez, i dissing con altre influencer, inchieste sulla mafia, il piccolo figlio Leo rapito da uno scrittore frustrato e tenuto in ostaggio per 48 ore prima di venire rilasciato e diventare materiale di un romanzo controverso.
Nonostante gli attacchi ripetuti degli haters
(«i poveri comunisti») e degli hacker («i poveri nerd invidiosi») Chiara non crollava, al massimo barcollava per qualche secondo. Quel tempio del consumismo e della manipolazione delle menti, quale era il Mega Aeroporto Chiara Ferragni, ne era semplicemente una prova.
L’uomo si era appena accomodato sul suo sedile, l’aereo pronto a decollare per portarlo a Innsbruck. Voleva isolarsi con il suo smartphone e le sue cuffie, ma quelle digressioni
su Chiara e Silvio ormai non uscivano più dalla sua testa. Cominciava forse a porsi domande nuove, controverse? Chi era lui? Uno dei tanti emulatori del Berlusconismo e del Ferragnismo?
O magari era semplicemente uno che, a differenza di altri, poteva permettersi solo i voli low cost della sezione-Berlusconi
?
Aveva ancora senso chiudere quella partnership in Austria? Un altro investimento che sicuramente avrebbe fruttato, ma ormai che senso poteva ancora avere questo viaggio di affari? Si addormentò.
Dopo l’atterraggio lo venne a svegliare un’hostess longilinea, con i capelli biondi e fluenti, gli occhi azzurri che coronavano un viso angelico. Il cartellino appeso sul seno sinistro portava un nome composto da cinque lettere. L’uomo si accorse di essere solo nell’aereo.
L’hostess Chiara gli parlò:
«Buongiorno, siamo atterrati, si diriga verso l’uscita. Bentornato al Mega Aeroporto Chiara Ferragni, sempre che lei se ne sia mai andato».