Fattore Blast

Fattore Blast
Lettura boomer
La musica ad X Factor è sempre più plastica, levigata e priva di imperfezioni. Abbiamo infiltrato il Fattore X e abbiamo capito cosa manca: autenticità, errore, manca il Fattore Blast.

O ce l’hai o non ce l’hai.

Noi ovviamente ce l’abbiamo perché siamo Blast, e il Fattore Blast non è un mero valore che sostituisce una qualsiasi incognita X, incerta, rivedibile. No, il Fattore Blast è un valore assoluto, dato, certo, richiede perciò una presa di responsabilità. Il Fattore X è tutt’altra cosa, si fonda come detto su un’incognita, dunque sull’aleatorietà. A noi di Blast servono invece bersagli precisi, prima di prendere bene la mira e fare fuoco: la guerriglia culturale.

Ora lo possiamo dire:

ci siamo infiltrati nel programma tv del momento.

Lo girano nell’Assago Forum sfigato, quello in parte al palazzetto grande ma vecchiotto dove giocano a basket e fanno i concerti dei grossi. X Factor lo fanno affianco, nello stabilimento meno grosso, finalona a parte che si terrà a Napoli, probabilmente per volontà dell’industria di caffè e dell’azienda che fa da sponsor al programma, che ha sede legale in quel di Caivano (per questo non ne spendiamo il nome, probabilmente shhhparano meglio di noi).

Torniamo ora al nostro atto di spionaggio, volto a comprendere più profondamente le sfumature nascoste di quel Fattore che da anni sfarfalla sugli schermi dei fortunati abbonati, nonostante alcune edizioni di passaggio decisamente più sfigate. Ci siamo infiltrati tra i concorrenti, prendendo il controllo dei Dimensione Brama, nostre marionette asservite per i suddetti fini scientifici.

La loro eliminazione dopo soltanto una puntata ovviamente era già decisa a tavolino, proprio per evitare di destare sospetti alla malefica Produzione. Siamo stati noi a convincere Paola ad assegnare ai Brama il brano dei Righeira, per accompagnarli nel loro suicidio assistito: una mossa alla Cappato.

Una settimana è stata più che sufficiente per cogliere la frivola essenza del Fattore X.

Partiamo dai Giudici.

Alcune delle passate edizioni, come detto sopra, sono state le più sfigate, meno seguite sicuramente e lo dicono i numeri. Si narra che la stessa produzione di X Factor scrivesse direttamente in direct agli artisti per invogliare gli emergenti a partecipare al celebre contest. Ma l’edizione di quest’anno è differente. E un motivo c’è, è chiarissimo, e non serve un’operazione di spionaggio Blast per rendersene conto.

La giuria, storico fulcro attorno cui ruota tutto il programma, è composta da gente simpatica, che ha fatto diventare simpatico pure Manuel Agnelli. Attenzione, non è che i Giudici siano passati in secondo piano, tutt’altro. Il team dei Super4 ha capito che può restare sotto i riflettori valorizzando allo stesso tempo il percorso dei poveri artisti sognatori che ci provano, e, a monte, probabilmente lo hanno capito anche gli autori.

Largo dunque ai Giudici bro e ai concorrenti più credibili, onde evitare ulteriori edizioni sfigatelle.

Ora approfondiamo, anzi miriamo. Ci sono quattro cecchini Blast sul tetto di Assaghino Forum, ognuno pronto a bersagliare con cartucce polemiche ciascun Giudice, a partire da Achille Lauro, l’etero di Serpentata. Sì, perché Achillone nazionale oltre a invocare il suo Senato aka pubblico anche quando va al cesso, flexa senza remore la sua eterosessualità, ma non solo.

Agli Home Visit, fase in cui ogni Giudice seleziona i membri definitivi della propria squadra in una location wow affittata a spese di Sky, Lauro porta oltre a Boss Doms anche la sua filippina, che si prodigherà a insegnare ai concorrenti la ricetta della torta preferita del suo padrone. Achillone è un reazionario in tempi di rivoluzione controllata. Conserva, fomenta la folla con un lessico da leader populista, che non supera le dieci parole demagogiche: standing, baby, identità, coerenza e altre sei vocaboli in ordine sparso.

È anche paraculo, più di Jake La Furia, triumviro dei Club Dogo (che quest’anno per pagarsi il condominio hanno ceduto allo squallore che deriva inevitabilmente da ogni reunion fatta fuori tempo massimo). Linea comica – ma allo stesso voce della verità del programma –, assieme al collega Lauro manda al rialzo il numero degli ascolti di questa edizione, e pensa nonché parla con l’appetito del discografico, con la consapevolezza di chi con la musica rap in Italia si è fatto una carriera rispettabile e duratura.

Poi c’è Paola Iezzi, anche lei fieramente eterosessuale, tanto da trovare il coraggio di selezionare il giovane pseudo belloccio Paolo Cringe Murphy, lo scozzese de Roma che, assieme ai Dimensione Brama, ergo Blast, viene velocemente neutralizzato dal programma.

Lo rivedremo probabilmente come protagonista di I Love Rock, il musical rockeggiante dei migliori teatri di provincia italiani.

La Iezza sbaglia più o meno tutto a livello di competizione, aggrappandosi alla macchietta di Lowrah, elemento di punta della sua squadra, vittima di TikTok ma preparatissima vocalmente, attributi che le consentono di arrivare alla puntata degli inediti. Paoletta è comunque sul pezzo, è una che canta e suona da decenni, si vede.

Gli autori le stanno dietro, preparandole approfondimenti musicali che lei sfodera a mo’ di wikipedia, tanto più del 50% del pubblico si convince che lei sappia tutto. È a suo modo Blast, e questo è quello che conta.

Paola Iezzi è maggiore di Ambra Angiolini, in quanto la prima è musicista, la seconda prova a essere un’altra cosa che fa rima con-ista.

Non dulcis in fundo, Manuel Agnelli, il trasformato. Manuelino svela il suo lato simpatico, triggerato dal flow caciaro dei suoi colleghi. Attenzione, non è l’amico con cui vai a fare i seratoni, però in una compagnia che supera le quattro o cinque persone potrebbe risultare addirittura piacevole. Sa il fatto suo, vuole bene ai suoi giovani pargoli, osa nelle scelte, ma soprattutto critica apertamente il mercato discografico attuale.

Manuel non fa il boomerone che saltava per lungo i fossi, dà fiducia alle generazioni venture.

Manuel Agnelli è un ottimista come Elon Musk.

Parliamo ora ai concorrenti.

Abbiamo già citato quelli di Paola: i Dimensione Brama/Blast e Pablo Murphy, Lowrah, qui e altrove. Passiamo dunque alla cavalleria pesante, gli equites di Achille Lauro.

Lorenzo Salvetti, il minorenne a cui piace la fresca anguria di stagione, è sicuramente la punta di diamante non così grezzo della truppa. Banale ma funzionale, tiene il palco come avesse già fatto centinaia di concerti, canta e suona canzoni amoreggianti, le interpreta come si deve, raga, funziona. Potrebbe diventare il Lorenzo Fragola che ce la fa, stiamo a vedere.

Poi i Les Votives, ottimi musicisti rock cliché che possono funzionare soltanto a X Factor, o alle feste delle case discografiche, citando il cinico Jake. Magari vincono il programma, ma che si fa là fuori con le canzoncine in inglese e senza essere i Maneskin?

A completare la squadra favorita di questa edizione ci sono i Paracarri, detti anche i Patagarri. Combattenti da centro sociale, animali da matrimoni, musicisti jazz a tutto tondo, i Patagarri hanno il merito di portare in programma mainstream un genere che è bellissimo ma si continua a suonare da boomer.

Jazzisti non me ne vogliate, siete bravissimi ma vi manca freschezza.

I Patacarri sono freschi, li vedremo ai festival, perché hanno imparato a vestirsi, e X Factor prima di tutto è il percorso dell’outfit.

Risplenderanno sotto i raggi luminosi di un sole venturo le armature dei Patagarri.

È tempo della squad di Jake il Furioso

Jake punta tutti i crediti su Elma, la Dua Lipa della Bulgaria. Acerba la ragazza, che nonostante il regime della madre che nei daily la chiama al telefono per dire che deve farcela, viene seccata dopo qualche puntata per inesperienza. Raga, non sa stare su un palco. Paola Iezzi aveva ragione, lo aveva preannunciato alle audizioni. Brava Paola.

Segue Francamente, nata dal punto in cui il fallimento e le democrazie liberali si sono incrociati. Acchiappa gli applausi snappando con le dita, gli autori la incalzano a promuovere sta menata, si fa paladina del mondo queer, vive a Berlino e perciò si sente strafiga. Fa il suo con la voce nasale, accompagnandosi con una chitarra il più delle volte inutile. Gareggia bene, c’è una possibilità remota che trovi una sua identità, ovviamente di plastica, anche fuori dal programma. Il suo inedito è grottesco, ma ci arriviamo.

Ci sono anche i Foolz da Verona, nome del cazzo di chi è ancora al liceo e ha il repertorio scarso. Rockettari glam, sono belli da vedere, decenti da ascoltare. Alle audizioni si presentano con un inedito in italiano, abbastanza brutto, ma visto l’andazzo del programma rispetto agli inediti ben venga chi ha voglia di uscire dalla dimensione cover del cazzo ogni tanto, specialmente al debutto.

Bypassiamo Paola e andiamo da Manuel

Manuelito fa all-in sui giovincelli. Mimì è la top player: voce da talent show, derive r&b, probabilmente in fissa sul genere vista la minore età. In adolescenza ci si fissa e ci si intrippa su una cosa. Si sa dal principio che andrà in finale, e se avete fiducia in Blast questa cosa l’abbiamo scritta prima che accadesse. Mimì ha buone probabilità per vincere, minori possibilità là fuori nel breve periodo.

Le manca totalmente l’identità e l’immagine, e senza quella discograficamente si fatica: al momento è invendibile.

La banda non poteva mancare e Agnelli sceglie i Punkcake. Ci saranno almeno altri 14 progetti musicali con lo stesso nome in Italia. Qui i cliché sono sparati in faccia. Gesti, tiri, Damiano il cantante che fa il performer, discretamente bene a voler essere onesti, mentre la bassista e strumentista Sonia fa i grugni e si mette le bacchette della batteria nel naso.

Da un lato è apprezzabile il fatto di aver portato tutto ciò in un programma storicamente pettinato come X Factor.

Dall’altro l’autenticità punkettiana dei Punkcake è tutta da vedere fuori dal ghetto Sky e senza i bravi costumisti. Non dimentichiamoci però che questi dolci ragazzi punk sono toscani: scorre nelle loro vene furbizia toscana.

Infine, c’è Danielle

Danielle, lo sfasato, viene dalla provincia romagnola e vive con altri due ragazzi in una casa in mezzo ai campi, non fa un cazzo e canta tutto il giorno. Parole (quasi) sue.

Il ragazzo però ha un qualcosa, un’aura che avvolge e talvolta rapisce chi lo ascolta. È il concorrente più poetico. Potremmo sbilanciarci e affermare che Danielle è a suo modo Blast, in quanto pare essere inadeguato a certe logiche del contesto, quasi come se appartenesse a qualcos’altro, a un mondo suo, alla sua scena.

Giorgia, la nuova conduttrice

Segnaliamo anche Giorgia, la nuova conduttrice che prende il testimone di una Michielin inadeguata. Giorgia è romana e perciò anche lei paraculo per natura. Giorgia farà strada anche nella conduzione, ne aveva già dato prova durante l’ultima comparsata a Sanremo.

Tiriamo ora le somme

Diamo l’ordine ai cecchini di sparare. X Factor quest’anno ha fatto il boom, si sa, lo abbiamo detto sopra, eccetera eccetera. Il programma è piacevole, è tornato a essere forte dal punto di vista televisivo, e su questo siamo praticamente tutti d’accordo. Sull’opportunità di percorso per chi vi partecipa, rimangono ancora alcuni dubbi.

Sicuramente X Factor è un ottimo booster, una vetrina immensa a livello nazionale, e le vetrine si contano sulle dita di una mano. L’aspetto che forse lascia più perplessi, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo del potenziale discografico dei concorrenti, riguarda le cover. ‘Ste cazzo di cover fino alla quinta/sesta puntata giovano sicuramente al programma, ma di sicuro non agli artisti.

Là fuori, nell’impervio mondo musicale, in cui tante cose funzionano male, le cover vanno bene solo se suoni nelle formazioni tributo ai Negrita. La gente pagherà il biglietto a Mimì la prima volta, appena liberata dal programma. Ma dopo sfidiamo a trovare una rilevante percentuale di pubblico che si prenda la briga di venire a un secondo concerto.

I Les Votives cantano ancora in inglese, inedito compreso: in bocca al lupo a sfondare nel mercato estero. Francamente e Lowrah hanno cantato degli inediti aberranti, che funzioneranno anche per qualche mese con Radio Deejay, ma saranno costrette a promuovere minchiatine su TikTok per tentare di sopravvivere.

X Factor e i suoi concorrenti si sono dimostrati ancora molto acerbi sotto questo lato.

Raga, i Maneskin appena usciti avevano già pronti i pezzi, le loro pistole erano cariche. Zii, se avete canzoni di merda o soprattutto se non le avete è facile che dopo vi incatenino con i contratti bastardelli.

Il cimitero delle SCENE

Il punto è che tutta sta trafila delle selezioni, delle cover, quindi della costante esecuzione delle canzoni altrui sicuramente funziona, rende attrattivo il prodotto televisivo. Ma se puntiamo il mirino verso la dimensione musicale del programma, se miriamo al Fattore X, ci rendiamo presto conto che il bersaglio a cui sparare ha una sagoma sottilissima.

È il cimitero delle SCENE. Cover pulite, suoni levigati, l’arte infilata in un tailleur per la telecamera. Nessuno su quel palco suona davvero: i concorrenti non sono artisti, sono action figure messe a ballare al ritmo degli autori.

Dove c’era il Fattore X, ora ci sono le logiche dello schermo.

Serve il Fattore Blast: sbagliare in diretta, portare la propria SCENA, fare casino senza paura. Un palco dove la musica non è perfetta, ma è viva, stridente, sincera.

 È ora di scardinare lo schema del bravo concorrente e riscoprire il cuore grezzo dell’arte: non copiare, copiare per creare; non piacere, colpire. Finché la musica sarà solo una bella performance, continueremo a guardare, ma non ascolteremo mai davvero

Un movimento culturale

Gli artisti dovrebbero essere artisti in quanto protagonisti di un movimento culturale, che può anche diventare moda, trend per le diverse generazioni. Serve catalizzare l’essenza sporca della musica. Serve riflettere la realtà quotidiana, il disagio.

Serve una musica sincera, magari sbagliata, talvolta brutta, ma mai davvero banale.

Quest’anno X Factor avrà pure accolto una forma di jazz, di punk, e ben venga per carità, ma ancora una volta ha chiuso le porte ai veri universi in cui i progetti musicali nascono e muoiono ma lasciano tracce difficili da cancellare.

Futuri concorrenti, abbiate coraggio

Scrivete.
Suonate roba vostra.
Portate la scena.
Rompete il programma.
Siate Blast.
Accelerate.

Voi non cercate l’X Factor.
Voi bramate il Fattore Blast.
Esibitelo!

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