Halloween ogni anno, Halloweed, Hallowhat? Dobbiamo riprenderci l’origine pagana della festività. Fanculo Lutero. Halloween ogni anno, Halloweed, Hallowhat? Dobbiamo riprenderci l’origine pagana della festività. Fanculo Lutero. Halloween ogni anno, Halloweed, Hallowhat? Dobbiamo riprenderci l’origine pagana della festività. Fanculo Lutero. Halloween ogni anno, Halloweed, Hallowhat? Dobbiamo riprenderci l’origine pagana della festività. Fanculo Lutero. Halloween Halloween Halloween Halloween
“IO HALLOWEEN NON LO VOGLIO FE-STEG-GIA-RE”
Tuonò la sua stridula vocina, brandendo una nixoniana mazza da baseball mentre spaccava zucche in prima serata su Rete4. Il pubblico lo osannò ricoprendolo di scroscianti applausi: Mario Giordano, “giornalista e scrittore”, padre e manifesto criptocristiano, si erse a eroe che non ci meritammo ma di cui avemmo bisogno (sic!) rivendicando con forza et simbolica violenza la centralità del culto cristiano nell’arcitalianosfera. È il 2019, il Covid non è ancora comparso e agli occhi del popolino il problema più grande sembra difendere le tradizioni italiote dal transculturare esterofilo e dalle derive della cancellanti culture.
Tutto molto bello e convincente, specialmente dal punto di vista del clero cattolico, che da sempre vuole appropriarsi cultu(r)almente della festa pagana di Halloween (o Allouìn, le grafie si equivalgono) sostituendola con alternative più “cristiane”: Ognissanti e la Festa dei Morti. Ma se davvero il Giordano intende fare a gara a chi sia più fuori dal coro
, nascondersi dietro allo strapotere del clero secolare della cristianità stabilita – e latente nel pubblico di Rete4 – non è sicuramente un modo per essere autenticamente una voce scomoda.
C’è stato un dibattito in redazione se pubblicare una riflessione su che cosa sia Allouìn per noi: sicuramente le feste in discoteca con le minorenni vestite da diavoletta sono una risposta sufficiente (e appagante)
Se vi siete sentite chiamate in causa e volete reclamare lasciate nome, cognome, età e indirizzo della festa cui andrete vestite da sexy diavolette compilando questo form. Le foto allegate daranno priorità al reclamo.
Il 31 ottobre 1517 Martin Lutero aff(l)iggeva le sue 95 tesi sulla porta della Cattedrale di Vittimberga: si dice che sia quello il giorno in cui effettivamente sia iniziata la Riforma protesta(ta)nte. Da allora diversi fedeli cristiani hanno celebrato ogni anno la ricorrenza, forse anche per spodestare la paganità dal monopolio di questa giornata. Peccato che non fossero cristiani cattolici, ma protesta(ta)nti, forse troppo fuori dal coro anche per Mario Giordano, lacchè della lobby clericale lefebvriana.
Ma perché il Giordano, e con lui i nostalgici pre-Concilio Vaticano II, ce l’hanno tanto con Allouìn? È forse perché 31 ottobre suona di gran lunga meglio di 1-2 novembre? È forse perché è un termine non di latinitalica ascendenza? È perché l’idea che i familiari defunti scaccino via l* diavolett* (non sexy, ndr) è assai più ganza di una turbobuonista messa per tutti i morti (‘ndo cojo cojo)?
La motivazione ufficiale della reazione alla giornata di Allouìn è che questa festa abbia origini pagane, probabilmente celtiche. In quanto tradizione esterna all’attuale italiosfera, quindi, parrebbe un elemento estraneo, disturbante e divisivo. Ma questa criptocattoitalica resistenza, è davvero storicamente motivata o è il frutto di una polemica imbastita a tavolino per scagliarsi ancora una volta contro quanto esula dalla – supposta – sfera tradizionale?
In principio era una zucca: prima svuotata e intagliata con lineamenti antropomorfi, quindi distrutta a suon di mazzate in prima serata da Mario Giordano – quanta violenza per grandi e piccini! Il vegetale arancione è oggi sede di una coreografica candela che ne rende tiepide le pareti, come un focolare tiene calda la casa: è un atavico simbolo della dimora, inventato nel centro dell’Europa, nella notte dei tempi.
Allouìn (“/ˌhæl.əʊˈiːn”) viene dal celtico, ce l’ha detto
Wikipedial’internet e ce l’hanno pure ripetuto a scuola, e noi ci crediamo da bravi bimbiindottrinatiscolarizzati.
Quando i Celti abitavano la regione provenzale nel VI-V secolo a.C., ancora non esisteva la repubblica o l’impero romano: era appena iniziato il periodo di regno dei magnifici sette. Allora i romani giravano per i boschi seguendo una procace lupa, vestiti solo di uno striminzito – e licenzioso – perizoma, mentre i Celti vivevano sontuosamente nelle loro case-zucca, con le finestre a forma di lineamenti umani, di cui le lanterne sono solo simulacri in scala ridotta. Secoli prima dell’invenzione dei fiori di zucca in pastella, del risotto alla zucca, della zucca al forno con un filo d’olio e sale q.b., della pasta panna salsiccia e zucca, della crema e della vellutata di zucca, dei tortelli – o tordelli, che dir si voglia – alla zucca, i Celti avevano scoperto (o inventato?) quello che sarebbe divenuto un piatto forte et carataristico dello stile culinario italico: ancora non esisteva un’egemonia politica e militare durante la repubblica e l’impero romano, eppure i Celti, secoli prima dell’avvento del Cristo, portarono all’attenzione del mondo l’egemonia della zucca.
Questo per dire: con che occhi guardiamo oggi l’inizio di uno dei tratti caratteristici della nostra cultura? Il prodotto di popolazioni a noi limitrofe, che l’italicissimo et romanico establishment ha saputo integrare con eclettica invenzione facendo sì che solo il meglio dei popoli assimilati si conservasse, è sintomo di una pragmatica lungimiranza nella leadership di Roma: non sconfiggerli, ma assimilarli. Nel II-I secolo a.C., quando i romani si espansero colonizzando le regioni già celtiche, non organizzarono né dibattiti in prima serata con nixoniane mazze da baseball per contestare l’esistenza delle zucche intagliate (e non integliate!), né si opposero alle prelibatezze di provenzal provenienza: si dissero casomai “se son fiori di zucca li friggeremo (aò)”, e lasciarono che la storia facesse il suo corso.
Se oggi il cristianesimo è così spaventato da questo costume quasi carnevalesco et buffo, occorre allora chiedersi, quali sono le alternative che si contrappongono al celtico Halloween? Che cos’altro si può fare il 31 di ottobre?
Da una parte c’è un’ottima zucca di stagione che viene sventrata e scarnificata, nonché sottratta all’onorevole compito di transustanziarsi in ripieno per tortelli, per convertirsi in lanterna scaccia-spiriti maligni, mentre dall’altra che cosa c’è? La festa allouìnica porta con sé fancy lampade da giardino, ecocompatibili e biodegradabili, che durano giusto il tempo di una sbronza in amicale compagnia, mentre la festa dei morti – con il suo pan dei morti e zuppa di ceci – è un altro giorno per litigare con la propria famiglia fino alla terza generazione, rimettere a posto il garage levando quella cassa di legno che fa puzza da due mesi, che nonna dice che si chiama festa dei morti perché è il giorno che li puoi seppellire anche in giardino ché non paghi l’IMU cimiteriale.
Alternativa economicamente auspicata dall’esponente neoliberista a noi più vicino, ossia il proprietario del bar sotto casa – sì, quello che l’ha rilevato dallo zio che ci spacciava il fumo e ha fatto ripartire il business del quartiere: la coca – è la cringe proposta di un Hallowdrink: un’onestissima bevuta serale con gli amici perché il giorno dopo, tanto, non si lavora. Peccato solo per il pessimo titolo della serata con quell’orrendo gioco di parole: si poteva veramente evitare, così come gli amici.
Altrimenti c’è Halloweed: un po’ meglio per il nome, un po’ peggio per le sostanze: un’onesta serata a svarionare con gli amici in preda ai fumi del fumo. L’importante è che l’erba non sia mai una droga di passaggio: molto meglio partire subito con la coca se si punta alle droghe pesanti. Tanto al bar sotto casa vendono anche quella.
A questo punto vien da domandarsi: ma davvero tutto ciò significa festeggiare Halloween? Abbiamo tutti un amico che aspetta con ansia il weekend per sfasciarsi di alcool (socialmente accettabile) ed erba (NON socialmente accettabile): dovremmo forse accusarlo di festeggiare ogni volta la festa degli spiriti pagani che segna l’inizio dell’inverno? Sembrerebbe assurdo.
Insomma, guardiamo a questa ricorrenza celtogenetica non come a un fastidioso orpello neopagano, ma come a un passato autenticamente nostro (et italico et romanico) da rivendicare con et orgoglio et gusto! L’Allouìn ha origini indubbiamente non cristiane, ma forse più italiote di quanto non si voglia ammettere: gli spiriti della natura, i démoni maligni che vengono scacciati dai familiari morti sono il retaggio atavico di una terra che a quanto pare ha dato i natali anche a figli ingrati come il Giordano.
Riscoprire la nostra eredità celtica et pagana (sic!) è quindi l’intenzione di un moto sinceramente accelereazionario: abbracciamo con vitalistico slancio futurista e accelerazionista questa festa perché correndo sempre più veloce verso il futuro forse potremo simbolicamente ripiegare il continuum spaziotemporale su se stesso, fino a tornare accelereazionaristicamente a un eterno ritorno della zucca.