10 – Avatar: the way of the water
Chi ha aperto quest’articolo sapeva che ci sarebbe stato questo film, l’unico dubbio è: in quale posizione del podio è stato messo?
Ovviamente la decima, il motivo è semplice, Avatar 2 è uno show off di effetti speciali, non un bel film, né a mio avviso punta a esserlo. Il vero obiettivo di James Cameron è mettere il massimo in termini di tecnologia sulla resa tecnica più che sulla storia, che imita in tutto e per tutto il primo film: Il protagonista è un outsider in un nuovo mondo da esplorare; visto all’inizio con diffidenza, finisce per innamorarsi di una locale e simpatizzare con la popolazione, nel frattempo i crudeli umani tentano di conquistare il nuovo luogo per assorbirne le risorse uniche. Temi principali: ambientalismo e colonialismo, non visti da un nuovo punto di vista, ma sempre con la solita logica del puntare il dito allo spettatore e porre la domanda chi è il vero animale/alieno/selvaggio?
. Tolto il moralismo, rimangono gli effetti visivi®. Non dirò che sembrava di avere i Na’vi davvero di fronte a me, visto che l’affermazione potrebbe invecchiare velocemente e male, ma in sala in tanti abbiamo avuto la pelle d’oca. Se un giorno si arriverà a non distinguere il live-action dal 3D, potremo dire che la serie Avatar sia stata un tassello fondamentale dell’illusione ottica.
9 – Joker
Parlando di non distinguere live-action e 3D, Todd Philipp fa il secondo miracolo dell’anno, presentare un cinecomic effettivamente interessante.
Come spesso accade in un ammasso di fango si trova una pietra luccicante, subito si pensa che sia un diamante, per poi scoprire che la stessa, posta in un ammasso di pietre luccicanti è solo una delle tante. Joker è un film molto molto valido, ma non è un capolavoro assoluto, l’unico motivo per cui è inserito in questa lista è per incoraggiare i creatori di cinecomics a esplorare eroi e antieroi con questa serietà, togliendo tutte le battute alla marvel e alla DC che tenta di imitare la Marvel che distruggono la già pallida memorabilità dei loro film.
8 – Psycho
Mentre il cinema commerciale tenta di farci dimenticare gli orrori dell’anno, quello sperimentale sembra raccoglierne tutte le tensioni e decuplicarle sullo schermo.
Mary Harron non perde la sua tagliente critica sociale, mostrando dopo la follia del sogno americano, quella sanguinosa del bipolarismo europeo, continente che da sempre si crede unito, ma difatti è costantemente in crisi di identità. Marion, la protagonista, è prima una amorevole fidanzata e segretaria, poi una ladra, poi si pente, in un viaggio della distruzione, corrotto dalla pioggia, che invece di affrontare fugge cercando riparo in un ostello, ambiente che nega la pioggia (la pandemia, la guerra) e che sarà nella sua apparente sicurezza la sua tomba. E che cos’è l’auto che sprofonda nel pantano con Marion dentro se non l’ultima onoranza funebre al passato continente. Unica pecca, il bianco e nero, usato palesemente per dare un’aria di sovrannaturale alienazione, ma Harron ha già dimostrato di non aver bisogno di tali espedienti per restituire lo stesso disagio e infine risulta una distrazione nei confronti del grave monito di cui si fa portavoce il film.
7 – Pulp Fiction
Finalmente arriva l’Italia con il terzo capolavoro di Sorrentino.
Descriverlo sarebbe riduttivo, in una parola è Sorrentino: momenti che in un qualunque film sarebbero normalissimi o banali (andare in bagno, ballare) enfatizzati al massimo, utilizzo di tecniche di montaggio da anni ’70 come lo slap-zoom e gli effetti visivi in sovrimpressione – la scena di Mia Wallace che compone un rettangolo con le dita ai limiti del sopportabile. Il film è diviso in quadri, i personaggi rimangono gli stessi, ma alternano i panni di criminali, eroi, figuranti e villain, secondo una sensibilità già espressa in Loro: sono veramente personaggi vili o lo diventano in base alle situazioni? L’età media del cast scende di un bel po’ rispetto al normale film di Sorrentino, ciò che invecchia è il film, ad arte, per restituirci l’immaginifica potenza creatrice del regista in una veste più sanguinolenta e morbosa, con buona pace di chi si scosta dalla ricchissima cinematografia italiana per cercare bei film all’estero.
6 – Episodio 4 della stagione 2 di LOL: chi ride è fuori
Joker non è un capolavoro perché non esiste il cinema prima e il cinema dopo Joker, non ha dato vita a un filone, non ha sconvolto le tecniche del cinema e dello storytelling.
Almeno non come ha fatto Episodio 4 della stagione 2 di LOL: chi ride è fuori. Ultimo film italiano della lista, primo film di una nuova drammo-comicità che presto prenderà le redini del ridere italiano. La quantità di sottotesti, interlacciamenti narrativi, ironie e contro-ironie imitative presenti nella scrittura tocca il mastodontico del blockbuster e il dettaglio del film d’autore. La svampita Diana del Bufalo con la battuta dell’orso polare che ha “un freddo del cazzo” satirizza il lapalissiano nel comico; Capatonda che presenta Angioni vomitando: la negazione del giullare e della persona, l’argomento inevitabilmente basso e volgare della commedia, un mondo di peti, di mugugni, di meta-comicità. Sempre Angioni nei panni di wrestler, ridotto ai suoi versi originari in uno sketch avvilente, che altro non è che la rappresentazione tragica della rappresentazione che si vuole comica di una lotta che è a sua volta rappresentazione del dramma del comico, che combatte il ribrezzo del pantano con cui è costretto a lavorare.
Lol: chi ride è fuori, dove per fuori, non si intende fisicamente.
5 – Spotify Wrapped 2022
La quantificazione dell’anima che dal 2016 ci scruta periodicamente.
Unico nel suo genere, il film che parla di te, che cambia per ogni spettatore, che punta non a un’identificazione ideologica in personaggi altri ma a quella letterale dei dati personali. Quanti minuti hai ascoltato quest’anno, quali pezzi, quanti artisti ma soprattutto: che tipo di ascoltatore sei?
Il primo film-database che ti studia mentre lo guardi e che ti mostra i dati che ha raccolto così che non ti dia fastidio che vengano usati a scopi commerciali. Il piacere di essere tracciati è lo stesso di guardarsi allo specchio e chissà che in futuro non verremo deliziati da Instagram Wrapped, Whatsapp wrapped, Mastercard wrapped – che tipo di acquistatore sei? – piccoli memento per l’ultimo e personalissimo Life wrapped.
4 – La voce effrayer del dizionario francese italiano-italiano francese Garzanti ristampa del 1987 dell’edizione 1966
“Effrayer (coniugato come Payer)”: spaventarsi” e pagare accomunati senza l’ammortizzatore della metafora. Es. L’obscurité m’effraye, l’oscurità mi spaventa, piccola poesia, una sorta di evil M’illumino d’Immenso. Altro esempio Tout ce travail m’effraye, tutto questo lavoro mi spaventa, in parafrasi: non il lavoro, ma il tempo che invisibile passa mentre lavoro mi spaventa.
Tre sequenze di puro Horror Vacui.
3 – Be Real
Un buon semiologo sa che non è la variazione, ma la ripetizione a darci piacere.
Non la libertà, ma la routine, i preconcetti, il conosciuto ci provoca godimento. Se potessimo volare, continueremmo a camminare, perché ogni volta che camminiamo si produce una piccola dose di serotonina per il fatto che non siamo caduti nel vuoto, che c’è del cemento duro sotto i nostri piedi. Vogliamo essere limitati e, come in una sorta di parafilia claustrofobica, spendiamo ore e ore su strumenti che ci bloccano. Twitter con i suoi 140 caratteri, Instagram con i suoi formati video predeterminati e ora, Be Real.
Niente filtri, niente ritocchi, niente scritte, una foto, una volta al giorno, fronte e retro, e via. Nato per combattere la finzione dei social concorrenti, usa gli stessi strumenti per estremizzarli, portando all’utente un senso di verità di sé.
Be Real è forse il primo film interessante non in sé, ma per lo studio che gli esperti potrebbero fare sugli spettatori e sul bisogno umano di essere castrato.
2 – Il frullatore Silver Crest 2000W tritatutto
Chi conosce gli ambienti del Fluxus, sa già come i prodotti alimentari siano stati costantemente usati come metafora del lavoro dell’artista (Si pensi a Warhol)
Così come il cibo viene colto, lavorato e mangiato, allo stesso modo l’artista Fluxus raccoglie il suo spunto dalla contemporaneità, lo lavora e poi sta allo spettatore assorbirlo. Il Frullatore Silver Crest è il primo esempio di metafora del metaforizzato. Come abbiamo visto prima con Lol, anche qui Silver Crest rappresenta in estrema sintesi lo spirito Fluxus, che a sua volta rappresenta i comuni frullatori. Il gioco è tutto nella nostra testa, nei fatti è un frullatore, nella testa del dotto è la rappresentazione del rappresentatore di un frullatore, e tanto basta per guadagnarsi il posto più ambito della lista, il secondo, anche perché il primo già si sapeva.
1 – La classifica dei dieci migliori film del 2022 di Blast
Se è possibile vedere tutti i film usciti in un anno, come puoi fare la lista dei 10 migliori film più belli?.
La domanda che da anni mette in imbarazzo i migliori esperti di cinema che la prendono con filosofia parlando dell’inconoscibilità dello scibile umano ha in realtà una semplice risposta: fare i calcoli.
In un anno ci sono 8.736 ore, nel 2022 sono usciti 2460 film in tutto il mondo, facciamo 3000 visto che i film televisivi, molta videoarte e alcuni film indipendenti non sono contati.
Mettiamo che durino approssimativamente due ore ciascuno, quindi 6.000 ore, e togliamole dalle ore di un anno per avere un totale di 2.736 ore.
Dividiamo per 365 e vedremo che dopo aver passato le nostre buone 16 e mezza di binge-watching giornaliero, avremo ancora 7.49 ore per dedicarci al lavoro/studio, cibo, bagno e sonno.