1. Quando e come nasce il progetto SpinnIt?
SpinnIt nasce nel dicembre 2019 da un’idea mia e di Francesco – l’altro fondatore del progetto. Essendo amici e appassionati di musica, ad un certo punto, dopo l’ennesimo scambio di suggerimenti musicali, ci siamo detti: Senti, ma perché non ci registriamo mentre parliamo di musica e pubblichiamo tutto online?.
Allora, dopo aver recuperato due microfoni, ci siamo trovati a casa mia e abbiamo registrato l’episodio zero – che peraltro non è mai stato pubblicato.
In quel periodo il podcast era un media di nicchia e non aveva raggiunto il pubblico mainstream – non c’erano videopodcast, gli influencers e le aziende non l’avevano ancora scoperto come mezzo per monetizzare, non si pubblicava su YouTube e via discorrendo.
Al tempo lo scegliemmo perché ci sembrava il modo più adatto per veicolare un messaggio in maniera diretta e senza filtri ma, allo stesso tempo, fruibile da un numero di persone maggiore di quelle che – ahimé – leggono contenuti testuali.
E qui mi ricollego al come è nato Spinnit, quindi al suo obiettivo: parlare della musica che ci piace e che normalmente resta esclusa dai canali mainstream. Cercare, insomma, di dare spazio a musicisti che non rientrano in quei paletti che normalmente il mainstream impone.
Da lì – andando veloce sennò chi legge si annoia fin dalla prima domanda – abbiamo pubblicato più di 60 episodi fra interviste, approfondimenti, talk dal vivo, radioshow ma anche live session in studio con artisti emergenti, svariate newsletter e merch autoreferenziale e non.
Nel gennaio 2023, poi, ho deciso di iniziare a pubblicare meme su Instagram ed eccomi qua, con tutto un nuovo seguito di persone e una nuova stagione di contenuti pronta a partire.
2. In che modo, a tuo parere, il linguaggio dei meme si unisce a quello della musica?
Il linguaggio dei meme, in senso generico, è immediato e diretto: in poche parole, o addirittura solo con un’immagine, bisogna riuscire a condensare un concetto. Se prendiamo questo assunto già si nota una similitudine con la musica: in poche parole, o in poche note, va trasmesso un qualcosa.
Ciò che viene trasmesso, poi, varia in base all’autore e alle sue velleità artistiche. E anche questo è comune fra meme e musica.
Non credo sia fondamentale che l’arte - musica, meme, o altro - debba avere un messaggio politico o sociale.
Sono dell’idea che ciò che importa è trasmettere qualcosa a chi fruisce di quell’arte, fossero anche solo delle emozioni o un senso di appartenenza.
Sia meme che musica rappresentano l’autore e sono una trasposizione mediale della sua persona – almeno nel caso in cui sia tutto originale.
Attraverso il meme, così come attraverso la musica, scelgo un qualcosa da veicolare e trovo il modo che più si addice a me, autore, per farlo.
Nel mio caso specifico, e quindi in quello di SpinnIt, il concetto è quello di cui parlavo prima: parlare di quello che mi piace, la musica, e cercare di far conoscere a quante più persone possibili artisti che non avrebbero avuto modo di scoprire attraverso i canali mainstream.
Trattandosi, poi, di un mio spazio personale
ho finito per spostarmi dalla musica ad un racconto più intimo, ma questo lo approfondiamo nella domanda successiva, direi!
3. Naturalmente dalla musica, ci pare, che i tuoi meme abbiamo preso una via anche più intimistica. Si dice, infatti, nel panorama memico italico i meme stiano diventando sempre più “autoriali”. Pensi sia vero? Questa volta ti pare limitata ai meme o è una caratteristica che ritrovi anche in altri aspetti?
Se devo essere sincero, pur avendo sempre visto meme sin dai tempi di Facebook - tipo il Socially Awkward Penguin et similia - non seguo troppe pagine meme né quella dei meme è una cosa che faccio da anni.
Non ho fatto la gavetta
come direbbero alcuni – ma evito di entrare nel merito della gavetta
in generale perché non è il momento e sennò non la finisco più di scrivere.
Posso parlare, quindi, per me e, come giustamente avete detto e anticipavo prima, da un certo momento in poi i miei meme sono diventati più personali. Non so spiegare il motivo in maniera precisa ma credo si possa ricondurre al fatto di voler esprimere me stesso.
Che poi è fra le cause che mi avevano mosso, in prima battuta, a produrre il podcast: parlare di ciò che mi piace e raccontare un po’ me stesso, di fatto.
Non credo che chi faccia meme – me compreso – possa essere definito un artista, anzi. Tuttavia, e questo è comune agli artisti, si tratta di persone che vogliono dire/trasmettere qualcosa o esprimere sé stessi.
La misura in cui le due cose si alternano, poi, dipende da autore ad autore.
Per tornare alla domanda, non ho abbastanza dati per poter affermare con certezza che i meme abbiano preso una piega autoriale e personale, ma credo sia probabile, almeno nel caso in cui il meme venga utilizzato come mezzo di espressione di sé e non come mero strumento di marketing.
4. Ci sono alcuni generi musicali e artisti che ignori, nel senso che fai finta non esistano. Chi sono e perché questa scelta? Non tanto i tuoi artisti preferiti, ma chi sono i tuoi Spreferiti e perché.
Sì. Molti, a dire il vero.
So che non dovrebbe essere così e che un vero “esperto” dovrebbe ascoltare tutto senza pregiudizi. Ma non ce la faccio.
Non sono troppe, comunque, le cose che ignoro. Sicuramente all’interno devo inserire tutta la scena trap, rap e hip-hop italiana. Ci ho provato, ma non mi sento rappresentato. Mi sembra che siano artisti che non parlano a me e da cui non posso avere nulla: neanche un momento di svago, senza entrare in discorsi più profondi legati ai significati delle canzoni, all’aver qualcosa da dire, eccetera.
Oltre a questa scena, un’altra che davvero mal sopporto è quella impropriamente definita indie. Mi sono fermato al 2016, salvo alcune eccezioni.
In questo senso, però, oltre ad un’idiosincrasia che mi sono auto-imposto – legata all’immaginario in cui spesso vengono inseriti questi artisti, al fatto che basta scrivere un testo con un minimo di significato per essere definito cantautore, a tutto ciò che riguarda l’apparire ovunque, e all’onnipresenza di questi artisti su ogni tipo di medium – il punto è che sento di essere fuori da quella fase ormai. La scena indie non parla a me, per farla breve.
Non sono anziano, ma non sono neanche più uno studente disperato o un giovane che combatte per i primi amori che falliscono, quindi un certo tipo di argomenti non mi appartiene più, e allora faccio finta che i vari Calcutta non esistano. Magari mi perdo qualcosa; quasi sicuramente mi perdo qualcosa.
Ma per il momento va bene così.
Ah poi c’è tutto il pop mainstream – specie quello italiano a là Elodie – cSpinnit ci parla del suo podcast, di come è nato e di come sta andando la scena musicale italiana, ha ragione su tutto? Scopritelo!he davvero non riesco proprio a comprendere e che non mi suscita nulla. L’unico problema di quello è che è più difficile da ignorare, anche se ci provo.
5. Tra i tuoi artisti di riferimento ci sono I Cani e Battiato, secondo te oggi i caratteri tipici dello stile italiano (cantautorato) si ritrovano nella musica indie?
Non volevo per forza fare quello che non ascolta indie, ma ormai siamo entrati nel discorso. È difficile per me rispondere a questa domanda, perché non ascolto quello che viene ormai definito indie
.
Provo comunque a rispondere alla domanda.
Nella maggior parte dei casi direi di no. La profondità intellettuale e musicale di Battiato, Dalla, De André, ma anche di artisti non del loro calibro – almeno a livello di numeri – non la riscontro nella nuova scena indie.
Il motivo, a mio modo di vedere, sta proprio nel concetto di indie italiano.
Indie, letteralmente, vuol dire indipendente, quindi un artista non legato a etichette discografiche major – nel mondo ce ne sono 3 che controllano la quasi totalità del mercato direttamente o indirettamente.
Nel caso di un artista indie italiano – parlo di quelli che generalmente vengono definiti così, ovviamente – di indie non c’è nulla perché quelli che sentiamo alla radio, che finiscono nelle playlist editoriali di Spotify, o vanno a Sanremo, sono tutti sotto contratto diretto con major, o hanno legami con loro di altro tipo.
Va da sé che, nel momento in cui un artista è sotto contratto con Sony – in maniera più o meno diretta -, non sia più indipendente, ma deve sottostare alle dinamiche della major e quindi al profitto. Quelli che ascoltiamo, quindi, sono brani pop che rispettano tutti i paradigmi del brano pop.
Come può, quindi, una canzone nata all’interno di questi paletti, avere una certa profondità musicale o lirica?
Secondo me non può, nella maggior parte dei casi. E la storia della musica pop lo dimostra: sono veramente pochi i casi in cui un brano pop riesce a portare qualcosa di veramente significativo ed innovativo. E quando succede è merito di un grande artista che, di fatto, quei canoni pop non li ha poi seguiti molto.
Ciononostante sarebbe stupido da parte mia ignorare il legame fra molti artisti indie e il cantautorato italiano classico. Di fatto, ormai, l’indie ormai rappresenta il cantautorato del nuovo millennio. Parimenti sarebbe stupido anche ignorare il fatto che questi nuovi artisti della scena indie parlano in maniera efficace ad una larga fetta di giovani italiani e li rappresentano.
Il fatto è che non rappresentano me. Forse son diventato mio padre.
6. Si dice che Sanremo sia una delle uniche narrazioni, insieme al calcio, che unisce tutti gli italiani. Tu cosa ne pensi? Il Festivàl è veramente rappresentativo della musica italiana?
Il Festival è rappresentativo della musica italiana pop. Ed è giusto così.
Il fatto è che non esiste solo il pop - e con pop mi riferisco letteralmente a ciò che è popolare, non solo alla canzonetta estiva.
Perché ormai il cantautore indie è pop, così come il trapper o il rapper.
Se si vuole scoprire di più sulla musica italiana, però, bisognerebbe guardare altro oltre a Sanremo.
Ci sono tanti artisti che non andranno mai a Sanremo e che producono musica interessante, sperimentale, diversa. Ecco, anche loro rappresentano la musica italiana e, in definitiva, l’Italia. Non solo gli artisti di Sanremo.
7. Quale futuro vedi per la musica italiana?
Non lo so.
Il problema di fondo della musica è che, ormai, la produzione artistica è indissolubilmente legata al successo e al profitto. E questo non solo in Italia.
Mi auguro che si possa uscire da queste dinamiche ma temo che non sia così semplice.
C’è anche il problema che, e qui l’indie non c’entra nulla, molta della musica italiana che finisce in tendenza – o che viene spinta in tendenza! – non è altro che una ripresa tardiva di quello che è stato fatto in America.
A un livello alto, nel mainstream quindi, noi non siamo altro che follower, nel senso che seguiamo le tendenze d’oltre oceano.
Non c’è innovazione. O meglio, l’innovazione non viene spinta ma le major discografiche tendono ad andare sul sicuro per recuperare gli investimenti il più velocemente possibile.
Tutto ciò detto, se le cose dovessero rimanere così, non vedo un futuro troppo radioso davanti a noi.
Se poi, per qualche motivo, ci si riuscisse a sganciare da quello che dicevo sopra, allora la via sarebbe più luminosa.
8. Qual è secondo te il rapporto fra evoluzione tecnologica, meme e musica?
Sono tutte legate fra loro.
L’evoluzione tecnologica setta i nuovi parametri – anche banalmente la nuova piattaforma su cui pubblicare meme o musica – e le altre due seguono di conseguenza.
Ci sarà sempre, poi, chi sfrutterà le potenzialità della piattaforma per dire quello che vuole e come vuole e chi, invece, le subirà in maniera passiva, portando ad un sempre maggior appiattimento dell’aspetto culturale – cosa che stiamo già vedendo, peraltro.
Se poi vogliamo entrare più nel dettaglio delle tecnologie, sicuramente l’IA ad un certo punto entrerà in maniera più decisa sia nella musica che nei meme – per quanto già ora a livello di produzione musicale vengano usati tanti tool che sfruttano l’IA.
Lo stesso vale per le piattaforme e il modo in cui fruiamo dei contenuti, come accennavo prima: se la rivoluzione degli headset di realtà aumentata/virtuale – non appena uscirà Vision Pro di Apple la visione sarà più chiara per tutto il mercato - dovesse dimostrarsi tale, bisognerà trovare il modo di adattare la musica e i contenuti social a quel tipo di strumento.
Ma non sono così dentro al discorso per poter dire cosa succederà di preciso.
In ogni caso, e concludo, lo strumento tecnologico sarà sempre utilizzato per creare arte, musica, meme o altro.
9. E infine, ogni movimento musicale underground è destinato a perire o a vivere nel mainstream snaturato? Esiste una terza via?
Domanda molto difficile ma davvero interessante. Per provare a rispondere faccio una prima analisi sui termini e le caratteristiche di ciò che è underground e ciò che è mainstream.
Partendo dal mainstream, io vedo almeno due categorie: la prima comprende ciò che nasce per essere mainstream e rispetta, quindi, dei parametri di semplicità e immediatezza tali per cui è adatto ad essere apprezzato da un pubblico più ampio possibile.
Approfondisco brevemente perché è interessante e si tratta di un processo quasi scientifico.
Prendiamo ad esempio la musica. Un brano che nasce per essere mainstream ha:
- una durata ben definita e dei limiti da rispettare sulla durata delle sue varie sezioni (esistono dei canoni che riguardano la durata dell’intro, il secondo preciso in cui entra il ritornello, il numero di volte in cui viene ripetuto, l’utilizzo o meno del bridge, un certo tipo di suoni, un modo specifico di missaggio e masterizzazione, e via discorrendo.);
- Tempistiche di uscita ben definite (ci sono periodi dell’anno più o meno adatti ad un certo tipo di canzoni.);
- Tematiche semplici, immediate e adatte ad un pubblico ampio (tutti abbiamo avuto una delusione d’amore, un amore fortissimo che perdura, voglia di ballare, ridere, scherzare e via dicendo.);
- Marketing (l’elemento ormai più importante nella riuscita di una canzone pop. Quante volte abbiamo pensato “ormai questa l’ho sentita così tante volte che mi piace”? Ecco, è tutto studiato.).
L’altra categoria cui facevo riferimento prima, invece, annovera i brani che non nascono per essere mainstream ma lo diventano. In questo caso il processo può essere casuale – la canzone che diventa virale sui social
– ma più spesso il tutto nasce da situazioni contingenti legate anche ad aspetti sociali.
Ci tornerò più avanti.
Passando all’underground, generalmente in questa categoria vengono inclusi quei brani o quegli artisti che non hanno velleità di successo, che non vogliono rispettare i canoni che dicevo prima e che, di base, fanno un po’ come vogliono.
Capita spesso, tuttavia, che in maniera incidentale molti di questi movimenti underground finiscano per passare nel mainstream. In questo senso se il passaggio è naturale, come nel caso del punk o del grunge che parlavano in maniera molto precisa ad una certa generazione e ad un certo tipo di persone, trovo che sia una cosa molto bella.
Non sono un artista, quindi non mi sono trovato in una situazione simile, ma se dovessi avere qualcosa da dire e vedessi che il mio modo di dirlo non solo raccoglie i consensi del pubblico, ma inizia ad arrivare ad un pubblico sempre più ampio, sarei solo che contento.
Non amo, sinceramente, l’ostentato alternativismo e il voler a tutti i costi essere diversi, complicati e difficili. Anche perché l’arte la fa l’artista
, ma senza un pubblico a fruirla diventa una grossa pippa autocelebrativa del suddetto.
Quello che spesso succede, tuttavia, è che una volta raggiunto il mainstream si finisca per esserne mangiati e che, per rimanere sulla cresta, per così dire, si debba sottostare alle dinamiche del mainstream stesso.
Quando questo non succede, invece, si entra in quella terza via di cui parlavate voi e che rappresenta l’apice, a mio modo di vedere, di un artista. Ovvero quella situazione in cui chi crea fa ciò che vuole, si esprime come vuole e non sottostà a nessuna regola o paradigma particolare, raggiunge il successo e, però, continua nella sua direzione.
Non c’è nulla di male nel mainstream di per sé, l’importante è non lasciarsi soggiogare dalle sue dinamiche e dalla ricerca del successo a tutti i costi.
Concludo ringraziando la redazione per le domande davvero interessanti e per lo spazio che mi ha concesso. Per quanto riguarda voi lettori, invece, spero di non avervi ammorbato troppo. Per lamentele sapete dove trovarmi.
Un saluto,
protofra