4 settimane

Letteralmente M

Il Figlio del Secolo. L'uomo che non passa mai di moda.

Letteralmente M
Lettura boomer
Non è tornato. È che non se n’è mai andato.

Come direbbe uno che conosco, l’uscita di “M – il figlio del secolo” mi ha gasato.

Innamorato come sono, e come dovremmo tutti essere, di ogni cosa pateticamente tabù o divisiva, eccomi volare verso il PC, a chiudere le finestre del sito nero e arancione, a cercare la versione craccata della serie più caricata del 2025

Deluso? No, è una figata.

Purtroppo però “M” ci ricorda che l’Italia è abitata da pagliacci, e che siamo maestri del piede in due scarpe.

Per carità, questa è un’abilità utile per liberare il fiorellino imprigionato a Teheran, un comodissimo strumento sulla scena internazionale quando sei solo una formichina la cui forza è produrre formaggio costoso e far fotografare ai mona delle statue che non sappiamo più fare. D’altro canto è un disastro per il dibattito interno, o meglio per la completa assenza di esso. Le nostre orecchie sono sommerse da vecchi che gridano vecchi slogan di distrazione, e intanto il lobbismo più becero corrode le poche forze umane dello Stivaletto. Giocando alla politica delle chiacchiere, delle ipocrisie ideologiche, si finisce a non fare un cazzo.

Perciò amiamo ancora il genio più inutile della storia d’Italia: Benny. 

Sky ci ha benedetto con una serie in streaming che esca ad episodi, per davvero: le medicine si prendono in dosi, a gocce.

Quando tutte le stagioni sono disponibili, il brainrot è assicurato.

Avere tutto ora è bellissimo, ma anche disastroso: bellissimo per cambiare il mondo e blastare, terribile per godersi della cazzo di arte. I depositi internautici, con milioni di minuti di serie tv, sono un magnete per il disagio individuale e una causa, quindi, di disagio collettivo. 

Quindi, qui ciarleremo dei primi due episodi di “M”.

Attenzione spoiler? No, nei film storici non esistono spoiler, ma solo la vostra becera ignoranza.

“M” parte fortissimo, con un montaggio che l’istituto luce o i compilatori di reel phonkettari si possono solo sognare. Una cosa è messa in chiaro fin da subito: la politica è una cosa irrazionale, in barba agli illuministi e ai giuristi; le persone fanno tutte parte di masse idiote e manipolabili, alla ricerca di sicurezza; chi vuole domare e impara a domare questa immondezza umana la comanda (LVI). Grazie per la stima, mi auguro abbiate torto (non lo avete).

Elon, Vladimir, Beppe Sala (RIDACCI LE SIGARETTE!), attenti! I vostri segreti stanno per essere svelati. 

La Milano in cui si aggira, nervoso, un Mussolini al limite del collasso nervoso è sostanzialmente un ammasso di slum. Come la più triste erbaccia in mezzo all’asfalto, gli eroi della nuova Italia non hanno nulla e si nutrono delle speranze agitate dal demagogo romagnolo. Come nei subreddit e nei discord più discutibili si trovano avanzi di galera, decerebrati, incel solitari e ideologhi del caos. Questa gioventù è però, in un certo senso, davvero eroica e gloriosa, poiché vera e autentica – sono quello che sono, e il loro regista pelato gli permetterà di recitare il copione scrittogli dalla Storia.

Cosa potrebbe accadere se tu, lettore, fossi stato spedito a diventare matto di violenza nella fanga del Carso e se, una volta tornato in Patria, fossi stato abbandonato dallo Stato e coperto d’insulti da chi, in guerra, nemmeno ci è andato?

Non auguriamo la proliferazione di squadristi sadici, ma perlomeno un po’ di incazzatura e disprezzo in più ci vorrebbe – ma siamo anestetizzati al declino senescente. 

Essendo Mussolini un paraculo fenomenale – una sorta di bilioso proto-democristiano – eccolo sfruttare la sua scopamica Margherita Sarfatti per entrare nei salotti notturni della Milano borghesona. Il disprezzo è immediato: Benito è a disagio tra guru salottistici come Marinetti e signore con piume in testa e coca in pochette. Aveva tanti difetti, ma non voleva diventare Epstein. Viene da chiedersi di cosa si parlerà oggi nei tartufoni liberty di Porta Venezia e nei cubi asfittici del City Life?

Al posto di

Zang

Tumb

Tumb

il femminismo alla Marcegaglia, al posto dei bobcuts i botox allegri.

Il niente cosmico della superborghesia italiana, tinto di moralità e colmo di crudissimo interesse, fa spavento.

Pesa come un macigno sulle nostre povere anime blastoidi.

Come frantumarlo? Fumando, memando, boicottando – oppure sospingendolo, accelerando il lavorio nichilista dei compagni ‘77ini. L’accelereazionismo è un equilibrio difficile, del resto. 

Come si può raccontare la violenza politica ad un popolo come il nostro?

Spaventati da fatti incredibili quali gli ubriachi stesi a chillare in stazione o l’occasionale uaglione che ne picchia un altro, i nostri connazionali sostengono passivamente la sorveglianza di massa… La risposta è Tarantino.

“M” dipinge crudissimamente e teatralmente le teste infrante dai manganelli e il sadismo squadrista, divertendo l’inerme spettatore con la zampa nelle patatine.

Vista l’inefficacia del sistema scolastico statale e qualsiasi cosa più complicata di un TikTok di 15 secondi, per descrivere l’orrore della più cupa natura umana serve lo splatter. È così perché siamo cretini, è così perché non vediamo mai niente di violento.

Il Mussolini fittizio ci ripete a ruota che la violenza ogni tanto ci vuole ed è igienica – il contrario di ogni sillaba mai sentita da un insegnante di scuola.

Ironicamente però, l’internet è segretamente seguace di Mussolini e Sorel. Vi ricordate quando tutti si sorpresero della presenza di sgozzamenti ISIS su Twitter? Ora le clip di soldati russi gambizzati dalle eruzioni in fiamme dei T-72, dei bambini rachitici di Gaza sono in prima serataadatti anche ai più piccoli! Per i figli (di puttana) del XXI secolo la brutalità è roba normale: mai vista di persona, è comunque l’amica fedele delle scrollate pomeridiane. Lo pseudo-Benito ha ragione (per quanto non sia in grado di seguire i suoi stessi principi). Rinunciare completamente alla violenza politica significa dire “sì” a tutta la merda bemolle del potere mediatico italiano. Ma noi le rivolte non le sappiamo fare, siamo pantofoloni e casalinghi.

Ingegniamoci cazzo!

La guerriglia culturale forse non necessita di coltello in bocca e bombe a mano? 

Il Mussolini di “M” è un egomaniaco insicuro.

Essendo completamente vuoto si riempie di tutto lo schifo che riesce a trovare in giro, dal potere alle puttane, ed è un misantropo nichilista di categoria assoluta. Visti i tempi correnti, il modo migliore per illustrarlo non è mostrarlo solo o traditore, ma soprattutto come un violento (con le donne). Il Benito redpillato le vede come buchi con le gambe, utili solo a guadagnarsi delle preziosissime post-nut clarity in cui la serie ci infila gli spiegoni e le transizioni di scena. Stranamente, “M” conferma tutti i più goblineschi stereotipi misogini, mostrando il successo riproduttivo dell’approccio mussoliniano – boh. 

Due grandissime forze dominano la politica di M, e ascendono a forze universali: l’una è la rivalsa, l’altra è la paura. Benny, assemblando la sua banda bassotti, fa Ieva sullo sconfinato desiderio di vendetta dei sociopatici di ritorno dalle trincee; poi, scoperta l’opportunità della reazione, improvvisa cori di voci bianche per farsi votare dai caghetta spaventati dai socialisti. Avete presenti quelli che vanno in comizio e dicono di voler proteggere i più poveri e il clima, e, al contempo, di essere bastioni contro i barbari? Quelli che “bisogna rispettare a tutti i costi le regole” e “gli altri agitano la paura”? Quelli “di sinistra”, che però adorano la casa di proprietà, la speculazione finanziaria, tutto quello che è internazionale e senza anima? Che parlano di futuro, ma adorano da morire la denatalità? Quella Milano (mentale, perché chiunque può farne parte) borghesotta e intellettualotta esiste ancora, tiene per le (piccole) palle il Legislatore e i media, e vuole far fallire l’onorevole industria dei portacenere da spiaggia in plastica dura, tinta unita sgargiante e pubblicità di dolcetto in bustina mai visto prima. 

Alla fine che cosa fa M oltre a farci divertire ed esaltare?

Una cosa semplicissima. Porta il fascismo e l’antifascismo nel nuovo decennio. Si chiarisce una volta per tutte quando la “F-word” si possa usare e quando no. Annichiliti cerebralmente come siamo, ci voleva una serie tv con pesanti filtri di colore, musica techno e un protagonista che rompe costantemente la quarta parete e fa sesso rumorosamente (che audacia artistica!) per tornar a farci provare qualche emozione.

Poi, le ciarle delle interviste post-produzione stanno a 0, inutile discutere:

“M” rinnova il fascismo e ne perpetua l’estetica.

Sapete come muoiono i miti della personalità e le ideologie? Non parlandone più.

Qualcuno ha più idea di cosa sia il “cattolicesimo politico”, o il fourierismo, o la democrazia di villaggio nella Russia Zarista? No, perché nessuno ne sa niente, perché è intervenuta la damnatio memoriae, spontanea o istituzionale che sia. Se parli di qualcosa, questa cosa culturalmente esiste – e la cultura è realtà.

Ma a chi potrebbe mai piacere un Mussolini paraculo, ironico, bugiardo, cafone… vincente, carismatico e sciupafemmine?

Agli stessi che vedono Tony Montana, Tony Soprano e Patrick Bateman, e vi ritrovano il loro disprezzo per il mondo, volontà distruttiva ed empatia per gli antieroi.

Mussolini è stato innovato e consegnato fresco fresco alla coorte dei basati, in un formato la cui affinità con il carattere di un certo tipo di pischello contemporaneo è innegabile.

Ecco, ora Mussolini è un antieroe cinematografico ed un meme. Ha ragione Libero, che al 31 dicembre ha scelto Mussolini come uomo dell’anno 2024 – tutti ne parlano, lo hanno riesumato, lo tengono in vita come una mummia.

Il Duce è lo specchio di questo Paese, anche e soprattutto di quella parte d’Italia che dice di odiarlo di più. 

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