Casu Marzu Casu Marzu Casu Marzu Casu Marzu Casu Marzu Casu Marzu Casu Marzu Casu Marzu Casu Marzu Casu Marzu
PIÙ DEL 60% DI PROTEINE!!!
Sembra proprio ciò di cui ha bisogno qualunque palestrafra, qualunque ciarru.
Ma la notizia dell’introduzione nel mercato culinario occidentale di questo nuovo elemento sembra aver colpito e sconvolto, talvolta in positivo talvolta in negativo, anche gli ordinari frequentatori del supermercato e i consumatori medi.
Per quanto riguarda i palestraratti non mi sorprende, sarebbero disposti a mangiare qualunque cosa pur di scolpire il loro corpo, perfino barre di uranio se sono in periodo di massa; ma quale futuro per le nostre pietanze?
Beh in realtà piuttosto rosee.
(Scettici, alla fine un grillo è solo uno scampo che non sa nuotare!)

Dal punto di vista nutrizionale non mi soffermo, sembrano sgravati.
Ma è il sapore ciò che a noi interessa, il gusto, quella scarica che ci coglie quando con una singola papilla e poi l’interezza della nostra lingua riescono ad assaporare, richiamando l’olfatto e ogni percezione sensibile, l’equilibrio, la pienezza e la perfezione di una pietanza.
Vivere la vita di gusto e di piacere.
Ma quindi, il grillo soddisfa questa nostra tanto agognata ricerca sensoriale?
Partiamo dal presupposto che il prodotto (farina di insetti) raramente si assaggia in purezza, solitamente si usa per arricchire altre ricette dal punto di vista nutritivo, per l’appunto. Questo sembrerebbe rendere marginale il suo apporto dal punto di vista edonistico, ma può non essere così.
Qualcuno dirà che questa strada deve essere percorsa per salvaguardarci dalle problematiche climatiche legate agli allevamenti intensivi e che quindi il gusto può essere messo in secondo piano.
In secondo piano ci vai tu!
[spazio dove solitamente ci sarebbe una bella citazione di qualche famosissimo personaggio che loda l’Italia menzionando perché no l’amore dei suoi abitanti per il gusto, estetico e culinario.]
Forse avrebbe fatto più effetto inserire veramente una citazione ad effetto, ma noi siamo qui per la ciccia (ah no, siamo qui proprio perché dovremmo diminuirne il consumo srry)
Ad ogni modo, limitarci al consumare del cibo anestetizzandoci il palato mi sembra un’occasione mancata. Perché piangere in un angolo per il fatto che sugli scaffali degli alimentari potrebbero comparire queste oscure farine, quando possiamo fare quello per cui siamo celebri nel mondo:
Portarlo all’eccellenza culinaria.
Qui comincia la mia lettera a tutti gli chef, i ristoratori, gli allevatori, i professionisti del settore: fate con questo prodotto quello che da anni fate con gli altri nella gastronomia. Non perdiamo questo treno ma anzi prendiamone il controllo. Manteniamo il nostro primato in ambito culinario, riaffermandolo con un prodotto che all’apparenza sembra così lontano dalla nostra cultura.
Ma è poi così lontano?
Ecco cosa potrebbe essere sublimare i grilli.
Infatti, un analogo prodotto, purtroppo controverso, popola(va) le tavole sarde.
Casu marzu, casu mùchidu, casu modde, casu bèiu, casu fatitu, casu giampagadu, casu ‘atu, casu cundítu – questi alcuni nomi con i quali è conosciuto per l’isola dei quattro mori.
Un’eccellenza, che come molti nella nostra bella Italia, ha un’origine avvolta nella leggenda.
Non c’è solo il Casu Marzu, però, nella categoria dei formaggi con i vermi: in Piemonte preparano il Bross ch’a Marcia – formaggio che cammina – mentre in Liguria si trova il Gorgonzola con i grilli. A Udine producono il Saltarello, mentre a Piacenza si può assaggiare la Robiola Nissa. In Abruzzo il formaccio con i vermi viene chiamato Marcetto o Cace Fraceche, in Calabria Casu du Quagghiu, e in Puglia e Molise Casu Punt (o Puntu). Questi formaggi hanno tutti all’interno le larve della mosca del formaggio che li rende morbidi e cremosi.
Ahimè, queste storie, sebbene siano avvolte da un’aura affascinante, hanno gettato le basi per non poche polemiche.
A causa delle larve che vi dimorano e della possibile avventura batterica che ciò comporta, il Casu Marzu è stato bollato come eretico alimentare dalle autorità sanitarie, inchiodato alle rigide norme europee sull’igiene.
“Ma Signora UE, lei mi cade sulle larve…” semicit.
Non sentite questo odore? NO! non quello di formaggio ma questa insopportabile puzza di ipocrisia.
“Perché no al Casu? perché no al Casu? è la nostra tradizione, ti prego pensaci, noi lo vogliamo mangiare. Vogliamo mangiarlo con te. Ti prego approvalo Ursula.”
Tuttavia, nonostante l’ostentato divieto, il Casu Marzu continua a sperimentare un’esistenza clandestina, celando i suoi affascinanti segreti agli occhi indiscreti. E chiunque abbia l’ardire di affrontare questo formaggio proibito, riconoscerà il suo fascino unico, abbracciando un’esperienza al di fuori di ogni convenzione.
La verità? Forse è proprio questo suo gusto particolare, già inconfondibile; forse è proprio il fatto che da sempre è così lanciato verso il futuro da farlo sembrare oggi démodé.
È un peccato che in molti non possano goderne, da parte nostra vi lasciamo viaggiare con le parole per provare ad avvicinarvi all’esperienza del Casu in questione (hihihi casu/caso)
Una breve poesiola per celebrarlo.
Casu Marzu, oscuro segreto, Ponfo per gli occhi, sconvolge i sensi. Larve danzano, maliziose note, Nell'abisso di sapori intensi. Risposte celate tra le sue pieghe. Il tabù si fa eco nel silenzio. Estasi o disgusto, scelta che freme, S'immergono anime in un vero abisso.