VIETATO UCCIDERE! ( ? )

Più perdi e meno ti resta da perdere

VIETATO UCCIDERE!   ( ? )
Lettura boomer
La violenza non è mai la risposta, è la domanda, e a quanto pare la risposta oggi è "Si".

In un’epoca in cui il potere non ha volto, in cui decisioni che segnano la vita e la morte di milioni di persone vengono prese da consigli d’amministrazione, algoritmi o comitati intergovernativi, l’omicidio politico torna a sorpresa sul menù.

Prendete Luigi Mangione.

Un ventiseienne che non ha più retto l’ennesima negazione di un’assicurazione. Non una pretesa assurda, non un capriccio: cure dovute, rifiutate a lui come a milioni di altri, in una deliberata strategia per aumentare i dividendi. La logica della sanità americana è un tritacarne, e Luigi ha deciso che non bastava lamentarsi su Twitter.

Così ha preso in mano una pistola e l’ha puntata al vertice. Risultato: un cadavere eccellente e un hashtag globale, #FreeLuigi.

“Italiano Latin Lover”

Qui l’inaspettato: l’opinione pubblica non lo ha trattato come un mostro. L’ha trattato come un eroe. Il ragazzo disperato che ha fatto quello che tutti sognano quando sono colpiti dall’ennesima ingiustizia.

Certo, il chiacchiericcio liberal-frignone resta dominante nei media, di proprietà dei “congiunti economici” dell’ucciso, che condannano e sbraitano sulla sacralità (selettiva a quanto pare) della vita, dello stato di diritto e bla bla bla…

La legge continua a punire l’assassino, ma la massa ora lo assolve dentro di sé. La gente comune non riesce più a indignarsi davvero. Al contrario: tifa per l’assassino, perché sa che, per quanto il gesto possa essere distante dalla morale che li guida nella vita di ogni giorno, la distanza tra loro e l’illustre vittima resta molto più vasta e incolmabile.

A Washington la scena è stata ancora più brutale. Elias Rodriguez, esasperato dal massacro in corso a Gaza, ha aperto il fuoco contro due giovani diplomatici israeliani. Non generali, non politici navigati: due 28enni, “poster couple” d’Israele e ingranaggi come altri della sua macchina diplomatica, componente indispensabile del genocidio in corso in Palestina.

Ed ecco il sarcasmo della storia: se oggi piangiamo i giovani funzionari israeliani, dovremmo ricordarci che anche i giovani funzionari del Terzo Reich avevano mogli, figli e sogni borghesi. Eppure, a guerra finita, non sono stati risparmiati: non è bastato dire “obbedivo agli ordini”. Hannah Arendt lo chiamava la “banalità del male”: il male fatto non da mostri, ma da uomini qualunque che si nascondono dietro una scrivania. Ognuno infine ha dovuto rispondere. Solo che qui la sentenza non è stata dichiarata in un tribunale: è arrivata all’improvviso, con una pistola. Una Norimberga a sorpresa, direbbe qualcuno.

Vietato
“Tengo famiglia”

A New York, il caso forse più controverso: l’assassinio di Wesley LePatner, manager di Blackstone, figura di spicco in uno dei colossi immobiliari più detestati d’America. Blackstone: per milioni di cittadini quel nome è sinonimo di una sola cosa, l’impossibilità di avere una casa propria. Il sogno americano sequestrato e rilasciato a pezzi dietro riscatto, sotto forma di rendita.

“Niente di personale, è solo business”

Quartieri interi acquistati in blocco, trasformati in portafogli finanziari, mentre intere generazioni vengono condannate a un’esistenza da affittuari a vita. E, come se non bastasse, il controllo quasi monopolistico delle proprietà consente al fondo di tenere in mano la manopola che regola i prezzi degli affitti, decidendo quanto deve costare un tetto e quindi la dignità stessa di vivere.

La manager non era certo l’unica responsabile, ma il suo volto era abbastanza nitido per concentrare tutto l’odio che ribolle sotto traccia. E quando è caduta, l’opinione pubblica non ha reagito con il consueto cordoglio, ma con un sarcasmo feroce: “Almeno uno ha pagato”. Può risultare grottesco, ma è un ottimo indice della disperazione generale.

“Alla gente Spiaze”

Tre casi diversi, tre scenari lontani, ma un unico filo rosso: il rifiuto della deresponsabilizzazione. Non esiste potere senza un responsabile. Dietro ogni firma in calce a un bilancio, a un trattato, a una legge, c’è un individuo che può essere riconosciuto, nominato, e persino ammazzato.

A prima vista, la violenza insita nell’impensabile atto appare smisurata. Tuttavia, agli occhi di chi lo compie, essa è nulla se paragonata alla violenza quotidiana necessaria a sostenere un sistema che tutela esclusivamente chi ne detiene il controllo.

vietato memare
Type shi

Ormai è tardi per piangere, l’Orrore si è spostato. La gente non lo scorge più nel tonfo sordo del colpo di pistola, ma nel silenzio delle istituzioni. Non più nella pallottola, ma nel sistema che la rende inevitabile agli occhi dei più.

E così l’assassino diventa simbolo, l’omicidio si fa linguaggio e la morale collettiva si piega fino a rovesciarsi: il male non è più chi uccide, ma chi — del tutto legalmente — condanna milioni di persone a una vita di disperazione, in nome della fredda algebra del profitto.

Uccidere oggi sarà ancora illegale, ma non è più un peccato. Il vero peccato per molti è stato permettere che chi decide sulla vita e sulla morte lo faccia senza mai rischiare la propria.

Dall’inizio della storia la violenza politica è stata spesso l’unica forza capace di alterare gli squilibri di potere tra oppressori e oppressi, un mezzo – pur terribile – per rompere catene, sovvertire ingiustizie e dare voce a chi ne era privato. Tuttavia, nel nostro tempo questa dinamica si presenta con una complessità nuova e inquietante.

Le classi dominanti dispongono oggi di sistemi di sorveglianza pervasivi, tecnologie di controllo sempre più sofisticate e meccanismi di repressione automatizzati, che possono rispondere alla violenza con un livello di efficacia e invadenza prima impensabile.

“Letteralmente la nostra tempolinea”

Un aumento della violenza politica rischierebbe quindi di avere un effetto paradossale e deleterio: da un lato, potrebbe legittimare e accelerare l’adozione su vasta scala di strumenti di sorveglianza e restrizione, giustificati come necessari per garantire sicurezza e ordine; dall’altro, potrebbe rendere le masse più disposte a rinunciare a libertà fondamentali in cambio della promessa di protezione, in un circolo vizioso già visto molte volte nella storia.

wired chat control uccidere
“Sta già accadendo anche da noi”

Così, il ritorno dell’omicidio politico come strumento di lotta rischia di rafforzare invece che indebolire i sistemi di potere, trasformando la disperazione collettiva in un pretesto per nuove forme di controllo e sottomissione.

Il fatto che molte di queste tecnologie siano già operative non solo nell’autocratica Cina, ma anche — seppur in forme meno esplicite — all’interno delle democrazie occidentali, e che altre siano attualmente in fase di implementazione grazie ad aziende come Palantir, con la benedizione legislativa della recente “Big Beautiful Bill”, rivela con chiarezza la direzione intrapresa. Una traiettoria disegnata dal faustiano accordo tra il complesso militare-industriale e i tecno-oligarchi della Silicon Valley, che oggi costituiscono l’ossatura trans-nazionale e la mente dell’Impero Americano.

La questione quindi non è “se” ma “quando”.

E quanto tempo abbiamo prima che le centinaia di miliardi investiti nella creazione di un’Artificial Generative Intelligence — o Singolarità — diano finalmente i loro frutti?

E cosa faranno, allora, con qualcosa che non è più uno strumento, ma un creatore di strumenti?

Quanti anni ci separano dalla piena automatizzazione industriale?

E da quella dei sistemi d’arma?

“Se possono vincere le battaglie prima che inizino, figurati le rivoluzioni.”

Fra quanto passeremo il confine che categorizza la grande maggioranza degli individui non come inoccupabili ma come inutili?

Che fine fanno gli inutili?

Insomma, quanto tempo ci resta per poter fare qualcosa prima di non poter fare più nulla?

Non serve un manifesto, basta un po’ di buon senso: è l’ora di agire.

Guerriglia culturale.

Niente mimetiche o armi, solo idee che corrono veloci e accelerano — magari in un reel, magari su carta, meglio ancora se in entrambi. Lanciare messaggi, smontare narrazioni, far circolare idee tabù: questo è lo scopo.

O spariamo o spariamo, non è mai stato più vero. 

E i Proiettili li offriamo noi:

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